Meta ha ospitato oltre 100 annunci pubblicitari per raccolte fondi in favore delle forze armate israeliane, violando le norme europee del Digital Services Act (DSA) introdotto nel 2024, ma anche le proprie stesse regole di condotta. A rivelarlo è un’indagine dell’associazione internazionale di tutela dei consumatori Ekō.
Attraverso una serie di campagne non autorizzate avviate sulle piattaforme del colosso statunitense (Facebook e Instagram in particolare), altre organizzazioni sempre al di là dell’Atlantico e riconducibili al mondo sionista (Vaad Hatzedaka o Chesed Fund) sono riuscite a raccogliere circa 2,4 milioni di dollari per le IDF.
Sono almeno 117 i messaggi pubblicitari che, tra marzo e giugno 2025, hanno promosso donazioni che sarebbero finite a finanziare droni, giubbotti antiproiettile, elmetti tattici e altri equipaggiamenti militari. Dopo alcune segnalazioni, Meta avrebbe rimosso alcune inserzioni, ma avrebbe poi chiuso un occhio sulla loro riapparizione.
“La pubblicità su Meta non solo non viene bloccata, ma viene favorita, in aperta violazione delle regole europee”, afferma un ricercatore di Ekō, Maen Hammad. L’analista si riferisce al DSA già accennato, che impone alle piattaforme con più di 45 milioni di utenti di avere meccanismi rigorosi di approvazione e archiviazione pubblica per annunci su temi sensibili.
Si parla di contenuti politici, o afferenti alla dimensione della difesa e della sicurezza, soprattutto se vengono coperti sotto il velo di opere di beneficenza. “Chiedere donazioni per equipaggiamenti militari utilizzati in un conflitto in cui è in corso un’indagine per genocidio, è una possibile violazione delle leggi caritatevoli in molti Paesi dell’UE”, ha detto sempre Hammad.
Ekō ha infatti annunciato che presenterà il dossier con tutte le informazioni alla Commissione Europea per verificare se ci siano gli estremi per aprire un’indagine. Se questa venisse approvata, potrebbero seguire ispezioni, richieste formali di chiarimenti e, in caso di accertate irregolarità, multe fino al 6% del fatturato globale.
Un’iniziativa del genere andrebbe inquadrata nella competizione che si inasprisce in varie forme tra Washington e Bruxelles. I padroni della Silicon Valley si sono allineati a Trump dopo le sue elezioni, per ovvie ragioni di interessi. Da anni la UE prova a imporre un proprio controllo sulle grandi piattaforme digitali, da cui dipendono importanti servizi e che sono tutte stelle-e-strisce.
Con il ritorno del tycoon alla Casa Bianca il clima si è fatto più teso. Intanto, Bruxelles ha continuato ad accentuare le tensioni anche con l’altra parte del mondo: il nuovo regolamento sulla trasparenza sulla pubblicità politica, che entrerà in vigore il prossimo 10 ottobre, è stato pensato per contrastare la cosiddetta ‘disinformazione’ russa e cinese.
Il fatto che questo nuovo regolamento preveda di rendere esplicito, nelle inserzioni pubblicitarie, il carattere politico ed elettorale, la provenienza dei finanziamenti e le tecniche usate per targhetizzare gli utenti, ha portato Meta ad annunciare che rinuncerà alla pubblicità su temi sociali e politici nella UE.
Bisognerà dunque capire come si comporterà Bruxelles. La volontà di colpire il colosso di Zuckerberg è tanta, e ci sarebbero tutte le carte in regola per farlo. Allo stesso tempo, le nuove regole potrebbero finire con l’infastidire anche la ‘disinformazione’ amica, quella sionista. È probabile che qualche provvedimento venga preso, continuando comunque a finanziare e sostenere il genocidio dei palestinesi con tutte le altre vie possibili.
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