AGGIORNAMENTO ore 17.00
Quirico ridimensiona l'accusa mossa dal compagno di prigionia Piccinin,
secondo il quale i ribelli sono i responsabili dell'attacco chimico di
Ghouta. Alla Stampa.it, il giornalista dice di non aver prove a
sufficienza e racconta di una telefonata via Skype tra due persone (di
cui un generale dell'Esercito Libero Siriano) nella quale si affermava
che il gas sarin era stato utilizzato dai ribelli per convincere la
comunità internazionale ad intervenire contro Assad. Ma aggiunge: "E'
folle dire che io sappia che non è stato Assad a usare i gas".
AGGIORNAMENTO ore 14
"Non è il governo di Bashar al-Assad ad avere utilizzato il gas sarin o
un altro gas nella periferia di Damasco". E' la rivelazione fatta poco
fa da Pierre Piccinin, l'insegnante italo-belga rapito il 9 aprile
scorso e rilasciato ieri assieme a Domenico Quirico in un'intervista
all'emittente radiofonica belga RTL-TVi. Secondo Piccinin, che sostiene
di aver ascoltato una conversazione tra i suoi carcerieri a proposito
dell'attacco a Ghouta del 21 agosto scorso, questa rivelazione è "un
dovere morale" che gli è costato molto fare, dato che, come ha
affermato, "dal maggio del 2012 sostengo fortemente l'Esercito libero
siriano nella sua giusta lotta per la democrazia". Dopo aver sentito i
ribelli parlare della responsabilità dell'attacco chimico, Piccinin ha
raccontato che lui e Quirico sono "impazziti, perché avevamo sentito che
l'America voleva punire il regime di Assad con un attacco militare. Era
una notizia così grande e non la potevamo diffondere".
In un'intervista rilasciata al quotidiano francese "Le Soir", invece,
Piccinin ha raccontato alcuni dettagli della sua detenzione assieme a
Domenico Quirico. Ha detto che hanno tentato la fuga in due occasioni,
una il giorno dopo il rapimento, e che sono stati violentemente puniti.
"Quirico - ha raccontato Piccinin - ha addirittura subito due finte
esecuzioni". "I rapitori - continua l'insegnante - ci trattavano da
occidentali, da cristiani, con grande disprezzo. E certi giorni non ci
davano neanche da mangiare". Dopo una detenzione di due mesi in un luogo
segreto, è cominciata la "terribile odissea" di spostamenti attraverso
la Siria, spesso nelle mani di gruppi diversi.
Quirico, che non ha ancora rilasciato interviste sulla sua detenzione,
si trova da più di tre ore a colloquio con il sostituto procuratore di Roma.
---------------------------------------------------------------------
dalla Redazione
Roma, 9 settembre 2013, Nena News - "Ho cercato di raccontare
la rivoluzione siriana e le sue sofferenze. Ma può essere che questa, in
qualche modo, mi abbia tradito". Queste le prime parole di Domenico
Quirico, l'inviato della Stampa rapito lo scorso aprile in Siria mentre
si recava a Homs per un reportage e liberato ieri dopo 5 mesi di
sequestro. Sbarcato all'aeroporto di Ciampino alle 00.25 a bordo di un
Falcon 900 dei servizi segreti italiani, prima decollato da un non
precisato "scalo del Medio Oriente", Quirico è stato accolto dal
ministro degli Esteri Emma Bonino e da un nugolo di giornalisti, ai
quali ha dato un anticipo di quello che dovrà raccontare oggi in Procura
a Roma, competente per tutto ciò che avviene ai cittadini italiani
all'estero.
"Ho avuto paura. Non è più la rivoluzione che ho incontrato due anni
fa ad Aleppo - ha spiegato l'inviato della Stampa - quella laica che
avevo cominciato a raccontare. Ora è diventata un'altra cosa, è
pericolosa". Riferendosi alla deriva radicale e islamista che ha
preso la guerra civile siriana, il giornalista ha confermato che quei
ribelli a cui tutto il mondo si affretta a regalare armi, addestramento e
una spinta sostanziosa contro l'esercito di Assad grazie a un futuro
intervento franco-statunitense, sono ormai in gran parte diversi da
quelli raccontati dai media mondiali da due anni a questa parte.
Alla domanda di una giornalista che gli chiedeva se avesse saputo della veglia di digiuno del Papa per la Siria, Quirico
ha dichiarato di sentirsi come se avesse "vissuto su Marte per 5 mesi".
"E - ha aggiunto - posso dire che i miei marziani sono malvagi".
Parole che lasciano pochi dubbi su chi siano stati i suoi carcerieri e
da che parte stiano. Nonostante il mistero sulle circostanze del
rapimento e della liberazione - non è chiaro se la Farnesina abbia
pagato un riscatto o se la liberazione sia avvenuta in maniera diversa -
sembrava improbabile che il giornalista fosse detenuto dal regime
siriano. Quanto a Bashar al-Assad, aveva dichiarato più volte di non
avere alcuna notizia del cronista italiano. A giugno, infatti, Quirico
era stato rintracciato a Qusayr, roccaforte ribelle riconquistata dalle
forze lealiste dopo un lungo e sanguinoso assedio.
La liberazione, inaspettata, è avvenuta a tre mesi dall'ultimo contatto
di Quirico con la famiglia, quando il 5 giugno aveva telefonato alla
moglie dicendo solo: "sto bene". Certo è che a partire da quella
telefonata il lavoro dei Servizi segreti e della Farnesina si era
intensificato, nonostante il silenzio totale sulle sue sorti. Un
silenzio che lui stesso aveva voluto mantenere al suo ingresso in Siria,
mettendosi in contatto con la sua redazione solo dopo alcuni giorni.
"Chiedo scusa per avervi fatto preoccupare - ha detto per telefono
Quirico ieri sera alla sua redazione - ma questo è mio giornalismo. Tu
sai che la mia idea è di andare dove la gente soffre. Ogni tanto tocca
soffrire come loro".
Fonte
Mentre la coppia di rapiti smentisce parzialmente se stessa, le agenzie riportano che Assad acconsentirebbe a porre sotto tutela internazionale il proprio arsenale chimico, una mossa da scacco matto nei confronti dell'amministrazione americana, che ora sarà costretta ad innalzare ulteriormente il livello dello scontro per trovare una giustificazione ai bombardamenti sulla Siria.
Nessun commento:
Posta un commento