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09/09/2013

Siria: Quirico e Piccinin scoprono il vaso di Pandora

AGGIORNAMENTO ore 17.00
Quirico ridimensiona l'accusa mossa dal compagno di prigionia Piccinin, secondo il quale i ribelli sono i responsabili dell'attacco chimico di Ghouta. Alla Stampa.it, il giornalista dice di non aver prove a sufficienza e racconta di una telefonata via Skype tra due persone (di cui un generale dell'Esercito Libero Siriano) nella quale si affermava che il gas sarin era stato utilizzato dai ribelli per convincere la comunità internazionale ad intervenire contro Assad. Ma aggiunge: "E' folle dire che io sappia che non è stato Assad a usare i gas".

AGGIORNAMENTO ore 14
"Non è il governo di Bashar al-Assad ad avere utilizzato il gas sarin o un altro gas nella periferia di Damasco". E' la rivelazione fatta poco fa da Pierre Piccinin, l'insegnante italo-belga rapito il 9 aprile scorso e rilasciato ieri assieme a Domenico Quirico in un'intervista all'emittente radiofonica belga RTL-TVi. Secondo Piccinin, che sostiene di aver ascoltato una conversazione tra i suoi carcerieri a proposito dell'attacco a Ghouta del 21 agosto scorso, questa rivelazione è "un dovere morale" che gli è costato molto fare, dato che, come ha affermato, "dal maggio del 2012 sostengo fortemente l'Esercito libero siriano nella sua giusta lotta per la democrazia". Dopo aver sentito i ribelli parlare della responsabilità dell'attacco chimico, Piccinin ha raccontato che lui e Quirico sono "impazziti, perché avevamo sentito che l'America voleva punire il regime di Assad con un attacco militare. Era una notizia così grande e non la potevamo diffondere".

In un'intervista rilasciata al quotidiano francese "Le Soir", invece, Piccinin ha raccontato alcuni dettagli della sua detenzione assieme a Domenico Quirico. Ha detto che hanno tentato la fuga in due occasioni, una il giorno dopo il rapimento, e che sono stati violentemente puniti. "Quirico - ha raccontato Piccinin - ha addirittura subito due finte esecuzioni". "I rapitori - continua l'insegnante - ci trattavano da occidentali, da cristiani, con grande disprezzo. E certi giorni non ci davano neanche da mangiare". Dopo una detenzione di due mesi in un luogo segreto, è cominciata la "terribile odissea" di spostamenti attraverso la Siria, spesso nelle mani di gruppi diversi.

Quirico, che non ha ancora rilasciato interviste sulla sua detenzione, si trova da più di tre ore a colloquio con il sostituto procuratore di Roma.

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dalla Redazione

Roma, 9 settembre 2013, Nena News - "Ho cercato di raccontare la rivoluzione siriana e le sue sofferenze. Ma può essere che questa, in qualche modo, mi abbia tradito". Queste le prime parole di Domenico Quirico, l'inviato della Stampa rapito lo scorso aprile in Siria mentre si recava a Homs per un reportage e liberato ieri dopo 5 mesi di sequestro. Sbarcato all'aeroporto di Ciampino alle 00.25 a bordo di un Falcon 900 dei servizi segreti italiani, prima decollato da un non precisato "scalo del Medio Oriente", Quirico è stato accolto dal ministro degli Esteri Emma Bonino e da un nugolo di giornalisti, ai quali ha dato un anticipo di quello che dovrà raccontare oggi in Procura a Roma, competente per tutto ciò che avviene ai cittadini italiani all'estero.

"Ho avuto paura. Non è più la rivoluzione che ho incontrato due anni fa ad Aleppo - ha spiegato l'inviato della Stampa - quella laica che avevo cominciato a raccontare. Ora è diventata un'altra cosa, è pericolosa". Riferendosi alla deriva radicale e islamista che ha preso la guerra civile siriana, il giornalista ha confermato che quei ribelli a cui tutto il mondo si affretta a regalare armi, addestramento e una spinta sostanziosa contro l'esercito di Assad grazie a un futuro intervento franco-statunitense, sono ormai in gran parte diversi da quelli raccontati dai media mondiali da due anni a questa parte.

Alla domanda di una giornalista che gli chiedeva se avesse saputo della veglia di digiuno del Papa per la Siria, Quirico ha dichiarato di sentirsi come se avesse "vissuto su Marte per 5 mesi". "E - ha aggiunto - posso dire che i miei marziani sono malvagi". Parole che lasciano pochi dubbi su chi siano stati i suoi carcerieri e da che parte stiano. Nonostante il mistero sulle circostanze del rapimento e della liberazione - non è chiaro se la Farnesina abbia pagato un riscatto o se la liberazione sia avvenuta in maniera diversa - sembrava improbabile che il giornalista fosse detenuto dal regime siriano. Quanto a Bashar al-Assad, aveva dichiarato più volte di non avere alcuna notizia del cronista italiano. A giugno, infatti, Quirico era stato rintracciato a Qusayr, roccaforte ribelle riconquistata dalle forze lealiste dopo un lungo e sanguinoso assedio.

La liberazione, inaspettata, è avvenuta a tre mesi dall'ultimo contatto di Quirico con la famiglia, quando il 5 giugno aveva telefonato alla moglie dicendo solo: "sto bene". Certo è che a partire da quella telefonata il lavoro dei Servizi segreti e della Farnesina si era intensificato, nonostante il silenzio totale sulle sue sorti. Un silenzio che lui stesso aveva voluto mantenere al suo ingresso in Siria, mettendosi in contatto con la sua redazione solo dopo alcuni giorni. "Chiedo scusa per avervi fatto preoccupare - ha detto per telefono Quirico ieri sera alla sua redazione - ma questo è mio giornalismo. Tu sai che la mia idea è di andare dove la gente soffre. Ogni tanto tocca soffrire come loro".

Fonte

Mentre la coppia di rapiti smentisce parzialmente se stessa, le agenzie riportano che Assad acconsentirebbe a porre sotto tutela internazionale il proprio arsenale chimico, una mossa da scacco matto nei confronti dell'amministrazione americana, che ora sarà costretta ad innalzare ulteriormente il livello dello scontro per trovare una giustificazione ai bombardamenti sulla Siria.

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