Non ti spaventano otto miliardi di persone?e che a prescindere dalla stupidità della domanda risponde
«Il mondo è vuoto. Sorvolalo in aereo e te ne accorgerai. È bello dove c’è un sacco di gente, ci sono più opportunità. Un giorno, in una megalopoli, guardavo con orrore la favela cresciuta accanto a un quartiere ricco, ma chi era con me disse: crescere con un quartiere ricco accanto è l’unico modo in cui un ragazzo povero può pensare di cambiare la propria vita. La vera povertà è sempre povertà di visione»ecco, a me questa più che un’opinione sembra un grido d’aiuto, come quelli che si fotografano le vene già tagliate su instagram mettendo #countdown come hashtag (immagino che qualcuno l’abbia fatto in passato, il mondo è sempre un gradino sotto i miei down della domenica sera). Il resto dell’intervista contiene punti di luce devastanti, tipo un momento in cui Jovanotti paventa Baricco al ministero della Cultura dando a intendere che questa sarebbe una cosa a qualsiasi titolo positiva. Da questo punto di vista Gramellini prova pure a fare il giornalista, a non abbassare del tutto il livello e a buttare uno sfottò ogni tanto, ma si ritrova con le mani legate e di fronte al più mastodontico powertrip della storia del pop italiano a parte forse Zucchero Filato Nero e la prima volta che Al Bano fece partire l’acuto di È la mia vita a Sanremo (1995 e 1996, rispettivamente).
È difficile concentrarsi su un singolo passaggio nell’intervista e additarlo come male puro. È difficile anche rendersi conto, diciamo così, del quadro generale: è sicuramente un altro sampietrino a lastricare la via della beatificazione anzitempo di un musicista pop morto e sepolto (da questo punto di vista ci prendiamo il merito di aver parlato prima di chiunque altro di strategia della tensione evolutiva), orchestrata dall’ennesimo personaggio che gravita attorno alla claque di questo Sai Baba del multiculturalismo pop italiano. Tra l’altro varrebbe la pena di dare un’occhiata alla claque in questione, uno degli insiemi peggio assortiti di addetti ai lavori, simpatizzanti e gente che non rompe le palle per questioni che vanno dal buon vicinato al cattivo gusto musicale, ma più che altro per non tagliarsi dei ponti nella prospettiva di un giro di giostra in futuro: musicisti e giornalisti (alcuni anche rispettabili, mica solo al livello di Mollica) che escono dal trattamento-Jovanotti con una macchietta sul curriculum e la fama del cazzaro, o anche detta sindrome di Giovanni Allevi. Non mi voglio dilungare: dicevo di Jovanotti, della sua intervista, di un certo evoluzionismo darwiniano pre- e post-fascista d’accatto, perché ai nostri tempi puoi citare Gurdjeff ed essere sia post-comunista che post-fascista, il tutto all’interno dello stesso capoverso, e poi lamentarti del fatto che tutti quanti abbiano paura di muoverti e magari lapidarci con slogan del tenore di “bisogna essere”. Tra l’altro che cazzo vuol dire BISOGNA ESSERE? Contrapposto a quale situazione? bisogna essere invece di… fare? non-essere? possedere? limonare duro? cambiare? No, cambiare è escluso perché Jova è un fan del cambiamento, lo dice sia nell’intervista che nell’ultimo singolo, quello copiato dalla cover di Somewhere Over The Rainbow di Israel Kamakawiwo’ole (sia benedetto il copia-incolla) o qualsiasi altro pezzo per ukulele, il pezzo che dice sia l’eternità è un battito di ciglia che se non avessi voluto cambiare ora sarei allo stato minerale, e sia detto fuori di scherzo che di tanto in tanto io mi masturbo pensando ad un Jovanotti allo stato minerale. Bisogna evolversi per poter morire democristiani. Ecco, l’intervista a Jova è questo e altro e molto peggio. Fosse stato Povia e avesse dato più o meno le stesse risposte, probabilmente oggi sarebbe sfottuto da chiunque in quanto Povia. Con Jovanotti staremo a metà tra la controversia, un imbarazzato silenzio (assenso) e persino qualcuno che si avventurerà nel definire coraggiose opinioni tipo definire umanamente simpatico Berlusconi e quattro o cinque tappeti rossi stesi a Matteo Renzi in giro per l’intervista. E la mia segreta speranza è di vedere davvero Renzi sbancare il Festivalbar 2014 con un disco di cantautorato etnico/becero alla Safari, primo in classifica e suonato negli stadi, a togliere consensi a Jovanotti spolpandolo dall’interno tipo vespa icneumone. Jovanotti, che sorvola il pianeta Terra e si prende di merda quando non vede una megalopoli. Jovanotti, il cui pezzo di Jovanotti preferito è Bella, il cui testo recita “mentre ti allontani stai con me forever” e io penso tutte le volte a uno che ai tempi de L’Albero aveva scritto FOREVER MERDA con la bomboletta in un sottopassaggio pedonale alla stazione di Cesena.
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