Per riassumere in breve la natura della
riforma, riportiamo direttamente le parole di un giornale vicino al Pd
(il Corriere della Sera) riprese da Europa (anch'esso vicino al Pd): «Il
decreto legge Poletti inciderà sul mercato del lavoro di più che se
fosse stato abolito l’articolo 18. Quella che è stata avviata è una
liberalizzazione senza precedenti dei contratti a termine».
Altre interessanti analisi sulla riforma possono essere lette in questo articolo del Manifesto (Precari per decreto e per sempre) e in questo pezzo del Fatto Quotidiano (Jobs act, il premier tradisce subito i giovani e i non garantiti), ma noi vogliamo andare oltre e riprendere questo nostro articolo (Senza lavoro perché "troppo precarie": l'incredibile storia di alcune lavoratrici livornesi della Coop)
dell'estate scorsa nel quale descrivevamo il modo in cui un'azienda
aggirava la legge dell'assunzione obbligatoria dopo 36 mesi
semplicemente non facendo lavorare più i precari di lungo corso
sostituendoli con altri, applicando in questa maniera lo squallido
principio del lavoro usa e getta.
Si potrà rispondere che al tempo non
erano in vigore le norme renziane, ma in realtà il nuovo meccanismo
previsto sul lavoro a termine è più o meno il solito di prima, perché
l'assunzione obbligatoria dopo 36 mesi esisteva già, così come (appunto)
esistevano già gli espedienti delle aziende per non rimanere
imbrigliate nella norma. Renzi, anziché cambiarlo in meglio, quel
sistema lo peggiora, togliendo il principio cardine della causalità
(ossia l'obbligo per l'impresa di specificare i motivi per cui assume a
tempo determinato anziché a tempo indeterminato), nonché alzando
l'asticella della percentuale possibile di lavoro a termine in una
azienda dal 10-15% al 20%.
Tornando all'articolo linkato sopra sulle lavoratrici della Coop (il cui modo di trattare i precari è stato ripreso anche oggi in questo articolo del Fatto Quotidiano),
lo ripresentiamo qui adesso perché racconta un esempio reale e concreto
del meccanismo di funzionamento delle dinamiche tra imprese e
lavoratori precari all'interno delle aziende con le norme vigenti.
Lavoratori che, come nel caso da noi raccontato, non vengono richiamati
al lavoro perché le aziende "non vogliono rischiare che si avvicinino
troppo ai 36 mesi di lavoro, validi per l'assunzione obbligatoria per
legge. È il modo che hanno escogitato per aggirare la legge
dell'assunzione obbligatoria dopo 36 mesi: ti sfrutto per qualche anno e
poi ti saluto, sostituendoti con altri precari."
Curioso poi che l'azienda in questione
sia la Coop, visto che a provenire proprio dal mondo cooperativo è il
neo Ministro del Lavoro Poletti, ideatore insieme a Renzi di quello che
più che un Job Act sembra un "Italian Job", nel quale ad essere oggetto
di un furto colossale è il futuro di milioni di giovani italiani
destinati ad una precarietà infinita. Chi oggi esulta per la mancia che
troverà in busta paga da maggio dovrebbe pensare che quei giovani
saranno proprio i nostri figli e nipoti. O magari noi stessi
direttamente.
Per Senza Soste, Franco Lucenti
16 marzo 2014
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