Dichiarazione-shock dell’opposizione siriana, già da mesi in contatto con l’esercito israeliano. Intanto Tel Aviv, approfittando del caos in Siria, annuncia 400 nuovi insediamenti nelle Alture occupate.
Rinunciare al Golan in cambio di soldi e aiuti militari da parte di
Israele: è la proposta fatta da alcuni membri dell’Opposizione siriana,
pubblicata sul quotidiano al-Arab e riportata sulle pagine di Haaretz.
Una dichiarazione shock che lascia sbigottiti non solo i cittadini
della Siria, ma anche la popolazione rimasta nel Golan dopo
l’occupazione di Israele nel 1967, che continua a considerarsi siriana.
Promotore dell’eventuale “scambio” è Kamal al-Labwani, noto membro dell’Opposizione siriana, secondo il quale “vendere le alture del Golan è meglio che perdere sia la Siria che il Golan”. Oltre alla storica rinuncia, al-Labwani
vorrebbe che Israele applicasse una no-fly zone lungo i suoi confini
nord-orientali fino a coprire alcune parti meridionali del territorio
siriano, di modo da proteggere le basi ribelli dagli attacchi
dell’aviazione di Assad. La notizia, passata in sordina sulla
stampa internazionale, ha infiammato la comunità del web: chi chiama i
ribelli “traditori”, chi profetizza ulteriori cessioni di “territorio
arabo” come Gerusalemme e Damasco e chi fa notare che i ribelli non
hanno alcuna autorità per regalare il Golan a Israele.
Più che un accordo politico ragionato, la richiesta dei ribelli
somiglia a un grido disperato d’aiuto, lanciato all’ultimo attore
potenzialmente rimasto in gara dopo l’apparente abbandono da parte
dell’Occidente e dei paesi del Golfo della rivolta anti-Assad. Con
la presa di Yabroud la settimana scorsa e la riconquista da parte
dell’esercito governativo di una larga fetta di territorio compresa tra
la costa, Aleppo, Damasco e la frontiera con il Libano, il terzo
anniversario della rivolta contro Bashar al-Assad marca infatti, almeno
per ora, un’inesorabile sconfitta dell’opposizione.
I contatti tra i ribelli e Israele erano stati confermati già il mese
scorso da un ufficiale israeliano, nello stesso momento in cui Tel
Aviv, mostrando al mondo la sua generosità nella cura dei profughi
siriani, in realtà garantiva trattamenti medici a centinaia di ribelli
poi rientrati in Siria a combattere. L’emittente iraniana Press
Tv ha dato inoltre notizia di grosse somme di denaro pagate da Israele
ai ribelli per conoscere le condizioni mediche e l’identità dei
combattenti feriti.
Certo è che Israele sta approfittando del caos siriano per
consolidare il proprio controllo sul Golan, strappato alla Siria nella
Guerra dei Sei Giorni e annesso unilateralmente nel 1981 in una mossa
mai riconosciuta dalla Comunità internazionale. La settimana scorsa,
infatti, Tel Aviv ha presentato un piano edilizio per la
costruzione di oltre 400 nuovi insediamenti illegali nei prossimi
quattro anni, per un totale di 23 mila nuovi coloni
incoraggiati a stabilirsi nel territorio siriano occupato da offerte di
lavoro e riduzioni sulle tasse. Nonostante, come sempre, i deboli
richiami della Comunità internazionale.
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