La settimana si è chiusa con nuovi scontri nella città di Maan, nella
Giordania meridionale. Lanci di bombe carta e pietre contro caserme ed
edifici governativi hanno segnato la giornata di ieri e il bilancio
delle violenze esplose domenica scorsa è di un morto, un ragazzo di
venti anni, e cinque feriti, tutti poliziotti.
Il giovane è stato ucciso martedì scorso davanti a casa sua durante
un’operazione di polizia seguita agli incidenti iniziati domenica notte,
quando un uomo ha aperto il fuoco contro alcuni agenti in un tribunale
della città, ferendone gravemente uno. Non sono ancora chiare le ragioni
del gesto, ma alla sparatoria è seguita una caccia all’uomo che ha
scatenato una serie di scontri e di attacchi contro le forze
dell’ordine. Dopo la morte del ragazzo, la gente ha bloccato le
strade, ha attaccato le banche e l’ufficio delle entrate, alcuni uomini
armati hanno sparato sulla polizia e contro i palazzi del potere.
Una rivolta degli abitati di questa riottosa città che fu protagonista
dell’insurrezione araba contro l’Impero Ottomano. Un anno fa
l’università King Hussein bin Talal, l’unica di Maan, è stata teatro di
scontri tra gli studenti in cui hanno perso la vita quattro persone e
altre violenze si sono verificate lo scorso giugno, con 13 persone
accusate di terrorismo.
Questa settimana di scontri e proteste coincide con l’anniversario della mobilitazione
del 1989 contro le riforme economiche del governo volute dal Fondo
monetario internazionale, che provocarono un aumento dei prezzi.
Sebbene in Giordania il dissenso si manifesti raramente con
manifestazioni, la città di Maan è storicamente un centro “ribelle”,
dove l’opposizione politica è forte. Ma è anche una città con
grossi problemi di disoccupazione e probabilmente il malcontento nei
confronti delle politiche economiche di Amman e la mancanza di servizi
è terreno fertile per azioni di protesta anche violente.
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