Dopo la conferenza stampa del Presidente del Consiglio sui famosi 80 euro in busta, si tratta di prendere Renzi sul serio. Ovvero prendendo il toro per le corna. 80 euro in busta ci saranno, il 27 maggio, qualcuno magari troverà qualche sorpresa sgradita, qualche aggravio, altri meno di quanto la propaganda a reti unificate dice. Ma il grosso del provvedimento, che riguarda 10 milioni di persone, vedrà la luce. Probabilmente ci saranno complicazioni di ogni genere, la nostra è una società dove i provvedimenti amministrativi sono estremamente complessi, ma non è il caso di attaccarsi ai dettagli. E nemmeno di ascoltare più di tanto la litania delle coperture, se ci sono o meno.
Il motivo è semplice. Se ragioniamo in termini di cifre tonde (i famosi 10 miliardi rimessi in circolazione) c'è un tentativo di immettere nei circuiti del consumo un po' di flusso di moneta. E non è un caso. Con livelli di consumo così bassi (vedi qui i dati), Renzi intende fare qualcosa. Proprio su questo punto è importante capire l'efficacia del provvedimento, cioè dove effettivamente vanno a finire questi soldi. Come toccano davvero il consumo e il credito al consumo, se muovono davvero decimali di Pil e se incidono sul piano macroeconomico. Qui, non nelle polemiche sulle coperture, si capisce se Renzi è destinato a fallire o a incidere, come e dove. È evidente quindi il tentativo di smobilizzazione delle risorse pubbliche destinate al consumo, come Reagan insegna. Tentativo che diversi esperti di fisco, ovviamente liberisti, ritengono ancora primordiale. Ma è una misura che troverà consenso nell'immediato, inutile girarci intorno. Proprio come accadde per Reagan. Tagliare nel pubblico per dare al privato incontra, ancora oggi, il favore popolare nel breve periodo.
L'operazione DEF, la vecchia finanziaria che contiene l'operazione "80 euro", da quello che si legge al momento, pare essere da 14,8 miliardi. Si colga la differenza: con una "semplice" manovra di 4,8 miliardi si sarebbe tagliato, ai cittadini, lo stesso ammontare di una manovra di 14,8 miliardi che ne "restituisce" 10. È chiaro che si tratti di una partita di giro in cui lo Stato si trattiene una parte. Ma non c'è solo quello. L'operazione nel suo complesso sottosta al principio di smobilizzazione delle risorse pubbliche per gettarle nella sfera del consumo. E ad una più complessiva contrazione del pubblico: si passerà da 8000 municipalizzate a 1000, con ovvie conseguenze sui servizi pubblici, si ridurrà la spesa per acquisti, con altrettanto ovvia conseguenza sull'economia. Insomma si contrae il pubblico nella speranza di alimentare il consumo privato. Solo che il Reagan fiorentino chiama questa operazione "di sinistra" perché "redistribuisce". E come tale verrà percepita dal popolo. Poco importa se Reagan è stato il principe del debito pubblico, perché si trasferiva al privato, poco importa se il fatturato industriale cala perché non ci sono investimenti pubblici e privati. Per le politiche renzreganiane l'importante è contrarre il settore pubblico, e "redistribuire", il resto è chiacchiera.
Il fatto che la Cgil e la Fiom siano rimaste silenziose, non abbiano chiesto un tavolo di contrattazione, di fronte ad un governo che tiene congelati gli aumenti di stipendio degli statali dal 2010 e "redistribuisce" alla Peron spiega già il futuro, e il presente, delle relazioni sindacali di questo paese. Così come c'è stato silenzio sull'alto tasso di amicizie fiorentine nella recente tornata di nomine. Ma anche, e questo è più grave perché mostra dove stia andando il potere reale, di fronte al fatto che Davide Serra stia facendo il regista della collocazione dell'aumento di capitale del Monte dei Paschi. Davide Serra, per chi se lo fosse dimenticato, è il famoso finanziere con sede alle Cayman, sostenitore e finanziatore esplicito di Renzi, accusato da Bersani, durante le primarie 2012, di portare solo speculazione nel nostro paese. Ed eccolo a dirigere le danze della ricapitalizzazione MPS che sancirà l'alleanza del Pd renziano con i fondi tipo Vanguard e BlackRock (o comunque del Pd con gli Hedge Fund che vinceranno la complessa partita Mps). In ogni caso il pubblico anche qui è morto. E a spese del contribuente.
Il Reagan di Rignano quindi taglia, privatizza, "redistribuisce" (con successo) nel silenzio del paese. O entro surreali accuse di non essere abbastanza liberista. Certo, non piace nemmeno al Sole 24 Ore, quotidiano di Confindustria, che lo ha definito un prestigiatore, ma si muove.
Ci sono, tuttavia, enormi difficoltà nel Def, rispetto a Bruxelles, e non a caso l'Italia ha rinviato il pareggio di bilancio al prossimo anno. Ci sono conflitti istituzionali, ad esempio tra la nostra Corte dei Conti che ha definito "non identificabile" il criterio del "debito strutturale" con il quale Bruxelles vuole imporre la politica di bilancio all'Italia, sui quali l'informazione preferisce glissare concentrandosi piuttosto sul folklore politico. Ma il governo mostra iniziativa, anche se pericolosa.
Renzi è furbo, fa politica. Politica economica e sindacale. E proverà a farla a Bruxelles nel semestre europeo. Non è congelato come l'altro genere di furbo, Letta. Sono i movimenti ed i sindacati di base che ora devono far politica e saper rispondere. Di fronte a mosse furbe e azzardate come ogni mossa politica, ma vere, non è obbligatorio comportarsi da scemi. Ovvero sacramentando e dicendo che "ci vuole ben altro", che "non ce la farà mai" etc.
La propaganda a reti unificate, proprio perché è tarata su questo genere di argomenti, non aspetta altro. Mentre il processo di privatizzazione, e di esclusione di milioni di persone da una vita sociale dignitosa, avanza. Compito di tutti sarà smascherare queste manovre, far capire che di vantaggi collettivi non ce ne sono e che a prescindere da questo tipo di provvedimenti, la qualità della vita dei lavoratori, dei precari, dei disoccupati e delle famiglie è destinata a peggiorare sempre di più.
Redazione - 19 aprile 2014
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