La rivista Diritto penale contemporaneo dedica un’articolo
di commento alla sentenza della corte d’appello di Perugia che il 15
ottobre scorso ha riconosciuto, durante il giudizio di revisione della
condanna per calunnia inflitta a Enrico Triaca per aver denunciato le
torture subite dopo l’arresto nel maggio 1978, l’esistenza sul finire
degli anni '70 e i primissimi anni '80 di un apparato statale della
tortura messo in piedi per combattere le formazioni politiche
rivoluzionarie che praticavano la lotta armata.
«Più che alla ricerca di verità giudiziarie – si spiega nel testo –
questa sentenza deve piuttosto condurre ad essere meno perentori nel
sostenere la tesi, così diffusa nel dibattito pubblico e storiografico,
secondo cui il nostro ordinamento, a differenza di altri, ha sconfitto
il terrorismo con le armi della democrazia e del diritto, senza
rinunciare al rispetto dei diritti fondamentali degli imputati e dei
detenuti. In larga misura ciò è vero, ma è anche vero – e questa
sentenza ce lo ricorda quasi brutalmente – che anche nel nostro Paese si
è fatto non sporadicamente ricorso a strumenti indegni di un sistema
democratico: è bene ricordarlo, per evitare giudizi troppo facilmente
compiaciuti su un periodo così drammatico della nostra storia recente, e
sentenze come quella di Perugia ci aiutano a non perdere la memoria».
Ipse dixit
Sandro Pertini, presidente della Repubblica ex partigiano (ma proprio ex) non eravamo il Cile di Pinochet:
«In Italia abbiamo sconfitto il terrorismo nelle aule di giustizia e non negli stadi»
Carlo Alberto Dalla Chiesa, generale dei carabinieri, al Clarin, giornale argentino:
«L’Italia è un Paese democratico che poteva permettersi il lusso di perdere Moro non di introdurre la tortura»
Domenico Sica, magistrato pm, in una intervista apparsa su Repubblica del 15 marzo 1982:
«Le denunce contro le violenze subite dagli arrestati fanno parte di una
campagna orchestrata dai terroristi per denigrare le forze dell’ordine
dopo i recenti clamorosi successi ottenuti»
Armando Spataro, magistrato pm, su Paese sera
del 19 marzo 1982 in polemica con il capitano di Ps Ambrosini e
l’appuntato Trifirò che avevano denunciato le torture praticate nella
caserma di Padova:
«Un conto è la concitazione di un arresto, un conto è la
tortura. In una operazione di polizia non si possono usare metodi da
salotto. La tortura invece è un’altra»
Giancarlo Caselli e Armando Spataro, magistrati e pm, nel libro degli anni di piombo, Rizzoli 2010:
«Nel pieno rispetto delle regole, i magistrati italiani fronteggiarono
la criminalità terroristica, ricercando elevata specializzazione
professionale e ideando il lavoro di gruppo tra gli uffici (il
coordinamento dei 36) […] La polizia doveva, anche allora, mettere a
disposizione della magistratura gli arrestati nella flagranza del reato o
i fermati entro 48 ore e non poteva interrogarli a differenza di quanto
avviene in altri ordinamenti….»
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