I libri, scrisse qualcuno, sono amici che ti presentano altri amici,
creano percorsi di conoscenza, reti di relazioni tra idee, fatti e
passaggi, ci si ritrova, leggendo, ad aver imparato dalla somma delle
letture più di quanto si cercasse in ognuna di esse.
In questo caso ci riferiamo a tre saggi divulgativi di taglio
(socio)economico scritti e pubblicati in anni diversi e facenti
riferimento a vicende apparentemente distanti nello spazio e nel tempo:
Shock Economy di Naomi Klein, Il tramonto dell’Euro di Alberto Bagnai e Anschluss di Vladimiro Giacché.
Soltanto quando se ne è ultimata la lettura (a distanza di anni tra il
primo e gli ultimi due) e si è avuto il giusto tempo per ragionarla,
improvvisamente i pezzi del puzzle sembrano prendere il loro posto,
svelando in questo caso una strategia, un metodo e la sua applicazione
sistematica nella storia del capitalismo degli ultimi quarant’anni.
'Shock Economy'
(Rizzoli, 2008) è un testo notissimo, apprezzato dalla sinistra
no-global di cui la stessa Klein è stata una delle icone mondiali, ma
la cui influenza e rilevanza va ben oltre la parabola di quel
movimento, collocandolo nella più vasta biblioteca della critica al
capitalismo e all’imperialismo. La Klein riallacciava, attraverso una
carrellata di paesi e regimi diversissimi, le vicende ispirate
all’intervento degli ideologi neo-liberisti della Scuola di Chicago di
Milton Friedman, quelli che l’autrice stessa definisce i principali
artefici dell’ascesa del capitalismo dei disastri. Il termine
“ideologi”, non è fuori luogo, in quanto uno dei maggiori pregi del
libro fu quello di sfatare definitivamente il mito secondo cui il
(neo)liberismo economico sia post-ideologico, sottraendolo alla sua
aurea scientifico-pragmatica e restituendogli la sua dimensione
eminentemente ideologica: con tutti i dogmi, le ottusità, la doppiezza e
l’autoritarismo delle ideologie più feroci. Il totalitarismo del libero
mercato realizzato, che non disdegna la democrazia formale finché gli
agnelli si impegnano ad eleggere i leoni, ma è pronta a schiacciarla,
con lo shock e col terrore (shock and awe) non appena questa, o
qualunque altro tipo di regime, vi oppongano una qualche forma di
resistenza.
'Il Tramonto dell’Euro' (Imprimatur,
2012) racconta la crisi europea di questi anni con un linguaggio
divulgativo ma anche con estremo rigore scientifico, spiegando come il
fallimento dell’Euro sia stato dal punto di vista economico un errore
tecnico troppo macroscopico per essere involontario. Nella sua coerente e
approfondita dissertazione, Bagnai, mostra come la letteratura
economica internazionale avesse ampiamente previsto l’inevitabile crisi
della moneta unica e come le sue devastanti conseguenze per i paesi
periferici (o PIIGS, fate voi) fossero in realtà auspicate dalle
tecnocrazie europee, dal capitale finanziario, dalla volontà egemonica
dei paesi più forti e dai politici conniventi dei paesi più deboli. Una
vera e propria Shock Therapy per forzare l’unione politica (a guida
tecnocratica) saltando ogni passaggio democratico, favorire le grandi
imprese e la grande finanza e comprimere salari e diritti dei lavoratori
in tutto il continente.
I legami con la Shock Economy descritta da Naomi Klein sono
molteplici. Entrambi i libri trattano di relazioni asimmetriche tra
Stati, dove quello più forte economicamente costringe, attraverso la
corruzione e la cooptazione delle élite politiche di quello più debole,
un metodico processo di spoliazione e impoverimento a proprio vantaggio.
I legami più evidenti tra i due testi avvengono proprio nella
descrizione del metodo che, nel caso dell’Europa come e nei molteplici
casi dei paesi del terzo mondo descritti dalla Klein, ripercorre gli
stessi identici passi: piena circolazione di merci e capitali tra i due
paesi, imposizione di una moneta unica o del cambio fisso sulla moneta
del paese più forte (l’Euro in un caso, il dollaro nell’altro), indebitamento privato finanziato dal paese più forte il cui sistema
creditizio non sconta più il rischio di cambio, invasione dei prodotti
dell’economia più avanzata nel mercato più debole (finanziata a debito),
distruzione delle tutele sociali, annientamento delle funzioni
regolatrici dello stato sull’economia e, infine, privatizzazioni
selvagge a buon mercato e definitiva alienazione dei beni pubblici.
Oltre al metodo, l’ideologia neo-liberista (o ordoliberista per citare Barra Caracciolo)
è la base culturale comune, gli interessi della grande finanza
internazionale e del grande capitale che può delocalizzare varcando a
piacimento frontiere che non esistono più sono gli stessi; gli attori,
come l’FMI e gli ideologi neoliberisti, in molti casi coincidono.
L’ultimo pezzo del puzzle ce lo fornisce infine Vladimiro Giacché nel suo illuminante Anschluss (Imprimatur,
2014), letteralmente “annessione”, che ci racconta come sia avvenuta in
realtà la celebrata riunificazione tedesca, una storia apparentemente
di successo che mantiene a distanza di 25 anni squilibri gravissimi di
cui nessuno parla. Un’annessione in piena regola con annessa messa in
liquidazione di un paese, dove nulla dell’esperienza dell’Est venne
mantenuto: imposizione del Marco occidentale, il patrimonio pubblico e
un’intera economia industriale (seppure in parte arretrata), svenduta a
prezzi simbolici al capitale dell’Ovest nel migliore dei casi, più
frequentemente distrutta e rasa al suolo per far spazio ai capitalisti
d’oltrecortina. Stesso metodo, stesso risultato. Creazione da un mese
all’altro di livelli di disoccupazione che oggi vediamo in Grecia
(all’Est non c’erano disoccupati), svendita del patrimonio (industriale
come già detto, ma anche immobiliare, perfino i terreni), rimozione
totale delle classi dirigenti e dell'identità nazionale,
deindustrializzazione e gigantesca distruzione di valore, reddito medio
nei nuovi Lander che ancora oggi dopo un quarto di secolo è lontano
dall’essersi equiparato a quello dell’Ovest. Ancora la Germania, ancora
lo shock neoliberista, perfino le stesse facce, che vedevano nella Merkel, nata all’Est, l’alunna più diligente degli esegeti della nuova economia e dei suoi disastri.
Ogni
volta, e qui la Storia si fa davvero “maestra”, l’aggressione
economica non viene dichiarata ma imposta ammantandola con le vesti
lucenti di un grande ideale: la modernizzazione del terzo mondo, la
riunificazione del popolo tedesco, la pace in Europa. La Storia da una
parte, dicevamo, e noi dall’altra, gli utili idioti che non avendola
capita sono condannati a ripeterla.
Fonte
Nessun commento:
Posta un commento