Decine di migliaia di impiegati del settore pubblico e insegnanti di scuola hanno manifestato stamane nelle strade di Beirut chiedendo al Parlamento di approvare una legge che aumenti i salari. La manifestazione in corso è una delle più grandi proteste di lavoratori avvenute negli ultimi anni nel Paese dei cedri. Lo striscione di apertura del corteo recitava: “Sì all’emendamento dei salari... grazie ai profitti delle banche e del settore immobiliare, la lotta al contrabbando, e alle tasse sulle strutture costiere”.
Il Comitato di Coordinamento dell’Unione (UCC) – una coalizione di associazioni e scuole del settore pubblico – ha
chiesto alle scuole pubbliche e private e agli uffici governativi di
osservare una giornata di sciopero per protestare contro i bassi salari
che i lavoratori percepiscono.
L’UCC
chiede al Parlamento libanese di approvare una legge che aumenti gli
stipendi del 121% senza però che questo rialzo dei salari comporti
contemporaneamente un aumento di tasse sui beni di prima necessità.
Finora i parlamentari non sono riusciti a far passare la legge a causa
delle profonde differenze tra i vari partiti. Il motivo principale della
discordia è dove reperire i fondi necessari a finanziare questa legge
il cui costo è stimato in un 1.6 miliardi di dollari. Alcuni politici
libanesi hanno suggerito di aumentare l’IVA, proposta inaccettabile per
altri perché andrebbe a pesare soprattutto sulle classi più
svantaggiate.
Su
questo punto è molto chiaro Mahmoud Haidar, capo dell’associazione dei
lavoratori del settore pubblico che rientra nell’UCC. In una conferenza
stampa convocata ieri, Haidar ha dichiarato: “non accetteremo di lottare
per i nostri diritti a scapito dei poveri”. La soluzione per Haidar è
semplice: “i fondi si devono trovare imponendo tasse alle strutture
costiere e ai profitti bancari e immobiliari”.
Il
corteo di lavoratori si è mosso alle 11 locali presso la Banca Centrale
del Libano ed è sfilato vicino alla Camera del Commercio e
dell’Industria sciogliendosi in piazza Riad al-Solh (nei pressi del
Parlamento). La scelta degli organizzatori di attraversare le zone più
ricche della capitale libanese non è stata casuale: l’obiettivo è stato
quello di fare pressioni sulle classi agiate del Paese affinché
contribuiscano alla proposta di aumento salariale.
Oggetto della rabbia dei manifestanti è stato soprattutto Riad Salameh, il governatore della Banca Centrale del Libano. Salameh ha più volte ribadito che l’aumento
dei salari causerà inflazione e aggraverà il deficit statale “a livelli
allarmanti”. Secondo il governatore, gli aumenti andrebbero pagati in
un periodo di cinque anni così da non pesare sul Tesoro. Ma l’UCC si
oppone fortemente a qualunque aumento spalmato nel corso degli anni.
Molti
settori libanesi hanno espresso solidarietà alla proposta dell’UCC.
L’associazione dei trasporti aerei ha annunciato che l’aeroporto
internazionale di Beirut non sarà operativo dalle 11 alle 13 di domani.
Gli insegnanti delle scuole pubbliche e private hanno minacciato di non
correggere gli esami finali se non passerà la proposta di legge. Ad
unirsi allo sciopero di oggi anche i lavoratori della fabbrica di
cementi Holcim.
Le
proteste dovrebbero continuare anche domani. Accanto ai lavoratori
aeroportuali anche la Confederazione Generale del Lavoro (GLC) ha
dichiarato che continuerà a manifestare mercoledì mattina. Il capo del
Ghassan Ghosn ha detto ai giornalisti che il governo e i parlamentari
sono obbligati ad ascoltare le istanze dei lavoratori pubblici.
Tuttavia secondo
gli osservatori e gli analisti locali la proposta salariale dell’UCC
sarà snobbata a livello istituzionale almeno momentaneamente.
L’attenzione di molti politici e parlamentari è ora posta sull’imminente
elezione presidenziale.
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