22/04/2014
Putin: cittadinanza ai russi che vivono nelle repubbliche ex sovietiche
Mentre l’Ue e gli Stati Uniti impongono sanzioni alla Russia e ad alcuni esponenti dell’establishment di Mosca e il paese viene accerchiato militarmente da ovest, nord ed est da nuove truppe della Nato e degli Stati Uniti, il presidente Vladimir Putin risponde alzando l’asticella dello scontro e proiettando la propria egemonia al di fuori dei confini dello stato russo.
II presidente russo ha infatti approvato un emendamento alla legislazione in vigore in virtù della quale i russofoni e i russi che vivono nelle ex repubbliche sovietiche poi divenute indipendenti dopo lo sfaldamento dell’Urss nel 1991, potranno acquisire la cittadinanza russa con relativa facilità se ne faranno richiesta. Della svolta ha informato oggi lo stesso Cremlino. La norma velocizza la concessione della cittadinanza a tutti coloro che hanno avuto il russo come lingua materna e che hanno vissuto nei territori dell’Unione Sovietica o dell’antico Impero Russo ma al di fuori degli attuali confini di Mosca.
L’emendamento all’attuale legge in materia riduce anche i tempi e le difficoltà dell’iter, stabilendo che ogni richiesta deve essere necessariamente valutata entro tre mesi dalla presentazione. In caso di esito positivo, l’interessato deve rinunciare alla sua precedente cittadinanza ma è previsto che possa contare su alcuni programmi di prima accoglienza ed inserimento lavorativo.
Il presidente ha anche firmato una legge che esige a tutti i lavoratori immigrati che vogliano accedere al paese, tranne agli operai e ai tecnici altamente specializzati, che superino un esame di lingua russa. Inoltre, al momento di richiedere la residenza fissa, temporanea oppure il permesso di lavoro tutti gli stranieri dovranno presentare un certificato che ne attesti la conoscenza della lingua russa, così come delle leggi e della storia della Federazione Russa.
Una svolta che arriva dopo la sparatoria provocata da un gruppo di neonazisti di Pravyi Sektor a Bilbasivka, villaggio a pochi chilometri da Slaviansk, e in conseguenza della quale sono morti a Pasqua tre civili appartenenti alle Milizie Popolari del Donbass e due aggressori. Dopo l’aggressione contro i suoi uomini – dalla quale il governo di Kiev si è furbescamente dissociato – il sindaco di Slaviansk Viaceslav Ponomarev ha chiesto a Putin di inviare truppe “a protezione della popolazione locale russofona” o, se ciò non è possibile, armi perché – ha spiegato – “non ne abbiamo abbastanza mentre i militari ucraini hanno aerei e blindati”. Ponomarev ha inoltre decretato il coprifuoco in tutto il territorio dipendente dalla città di Slaviansk, a tempo indeterminato, da mezzanotte alle sei di mattina.
La svolta di Vladimir Putin di fatto internazionalizza il conflitto in corso dopo il golpe ucraino, facendo sentire ai governanti dei paesi ex sovietici che hanno aderito alla Nato, all’Ue e ai meccanismi di integrazione occidentali una forte pressione, tenendo conto che in alcuni paesi – come le Repubbliche Baltiche ma anche in Moldavia – vivono milioni di cittadini russi e russofoni, discriminati dai rispettivi governi e privati di molti diritti politici e civili.
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