18/04/2014
Russia e Occidente sulla crisi in Ucraina. Chi racconta più palle
Il prestigio delle posizioni ricoperte è garanzia di autorevolezza e di valutazioni alte. L’obiettività è però un atto di fede. Abbiamo deciso di mettere a confronto le analisi raccolte su Limes di Gian Luca Bertinetto, già ambasciatore d’Italia a Minsk e a Kiev e del prestigioso diplomatico russo di Sergej Kuznecov. Ognuno possiede la sua verità e la percorre in buona fede - speriamo - ma senza le certezze che verranno forse nel futuro quando gli eventi diventeranno storia e saranno scritti, pur se dal vincitore. Per ora la confusione sulle vicenda ucraina è massima, ridicolizzata da propaganda becera che vuole taroccare scherani in leader e naziskin in patrioti, per giunta europeisti convinti.
L’Ambasciatore propone di depurare gli aspetti della crisi ucraina “dalle distorsioni della propaganda e dalla cortina fumogena delle dichiarazioni politico-diplomatiche e controllandoli per quanto oggi possibile”. Ottimo. Ma subito inciampiamo nella “Rivolta di Euromaidan”. Ambasciatore, una parte del popolo di Kiev voleva l’Ue, un’altra parte non la vuole tutt’ora, ma la parte militante che ha vinto lo scontro armato sulla piazza era tutto meno che europeista. Chiamarla semplicemente “Antirussa” potrebbe risultare più onesto. L’ambasciatore dopo ci ricorda l’aspirazione di molti a trasformare l’Ucraina da paese post-sovietico in mano a oligarchi avidi e corrotti a moderno paese democratico.
Sulla Majdan di Kiev la lettura di Sergej Kuznecov è decisamente alternativa. «Su quella piazza il carattere pacifico è stato soprattutto delle forze dell’ordine, costrette a confrontarsi - armate soltanto di scudi, manganelli di gomma e granate stordenti - con l’organizzazione estremista Pravyj Sektor che ha iniziato a utilizzare cecchini. Tra le vittime degli scontri si contano soprattutto agenti feriti e ustionati dalle molotov dei miliziani. In nessun paese europeo, tanto meno negli Stati Uniti, queste azioni sarebbero state qualificate come “pacifiche”. Un doppio standard. Il risultato di quanto accaduto a Majdan, dopo le dimostrazioni avviate dai partiti moderati, beneficiano ora i neonazisti».
Controcanto di Gian Luca Bertinetto che narra un altro film. «L’opposizione si è radicalizzata reagendo alla repressione poliziesca, ai metodi ripugnanti impiegati dai servizi ucraini e alle leggi liberticide del 16 gennaio. Le accuse di fascismo, estremismo, nazionalismo intollerante, razzismo e antisemitismo rivolte indiscriminatamente ai manifestanti e alle organizzazioni che li hanno difesi sono in massima parte uno strumento propagandistico delle fonti filo-russe e in massima parte facilmente confutabili. Un aspetto di forte rilevanza per gli sviluppi della crisi è stato il crescente timore che le ripetute minacce di legge marziale preludessero a una sanguinosa, totale repressione».
Sapore di tifo più che di accademia, ma procediamo verso Mosca, letta dall’Ambasciatore. «La Russia è impegnata nello sforzo di recuperare il suo status di grande potenza. Ottenere successi in questo campo è importante per Putin anche per assicurare il suo potere interno di fronte a crescenti difficoltà economiche e ai problemi interni della Federazione, in cui i cittadini di etnia russa sono circa la metà. Annettere la Crimea forse non è il suo obiettivo strategico: la Russia ha la già piena disponibilità della base di Sebastopoli e dal punto di vista economico la penisola ha un valore quasi esclusivamente turistico. Salvo che la Crimea è carica di valori simbolici per il nazionalismo russo»
Sergej Kuznecov. «Tra le ex repubbliche sovietiche, l’Ucraina occupa per la Russia una posizione del tutto particolare. Kiev è anche conosciuta come “la madre delle città russe”: da essa ha avuto inizio la costruzione dello Stato russo. Metà della popolazione ucraina è russofona, e molti su entrambi i lati del confine reputano quello russo e quello ucraino un unico popolo, oggi diviso per equivoco da una frontiera. Sensazioni simili, sembra, a quelle provate dai tedeschi della Germania Est e Ovest dal dopoguerra fino alla riunificazione. La Russia è stata tra i primi paesi a riconoscere l’indipendenza dell’Ucraina. Le tensioni nascono dal tentativo palese di portare l’Ucraina alla Nato».
Gian Luca Bertinetto. «Malgrado le accuse di Mosca e le stravaganze di certi falchi americani, mossi essenzialmente dalla loro polemica contro il presidente Obama, Europa e Stati Uniti non hanno ambizioni di alcun genere sull’Ucraina, nè intendono usarla per indebolire o minacciare la Russia. Cercano piuttosto di arginare una crisi che è stata causata dalle ambizioni egemoniche russe, salvaguardando alcuni principi fondamentali: il divieto della minaccia e dell’uso della forza, il rispetto dei trattati internazionali, la salvaguardia dell’indipendenza e il diritto di ogni paese a scegliere liberamente la propria strada». La Nato quasi ambasciatrice di pace in Europa e nel mondo. Un punto di vista.
Il che fare da parte Ue? «L’Unione Europea deve quindi ribadire come i propri trattati fondativi riconoscano solennemente a paesi europei e democratici, capaci di adempiere alle condizioni pre-fissate, il diritto di chiedere di entrare a far parte dell’Unione stessa. Anche se il percorso dovesse rivelarsi lento e difficoltoso, come sarà il caso per l’Ucraina. L’Occidente deve inoltre rassicurare il Cremlino, chiarendo di non esser mosso da intenti ostili alla Russia. Ribadendo con fermezza che la Nato è una alleanza esclusivamente difensiva cui non intenderà ammettere l’Ucraina, a patto che da parte russa vi sia il pieno rispetto della sua indipendenza e integrità territoriale». La Nato applaude.
Per l’analista russo la Nato è solo il braccio armato di Washington. «L’obiettivo Usa è di fiaccare Bruxelles, alleato MA serio concorrente in campo politico, economico e finanziario, Washington ha inanellato una serie di iniziative. Tra queste: dislocare in Europa nuovi componenti per lo scudo di difesa missilistica, spingere l’Ue verso un costante allargamento a paesi economicamente depressi, amplificare i contrasti tra i membri europei e la Russia prima in campo politico e ora in campo economico. Buoni rapporti tra Ue e Russia in base alle rispettive risorse naturali e tecnologiche è percepita dagli Stati Uniti come una minaccia al proprio status di unico leader globale».
Ancora Kuznekov per parità di spazi. «Si avvicinano elezioni dalle quali si prevede nell’Unione Europea il rafforzamento delle forze e delle tendenze conservatrici. I loro leader sono meno influenzati dalle scelte americane e più disposti a prendere decisioni di interesse nazionale senza dogmi ideologici da guerra fredda. Un atteggiamento che manterranno durante la campagna elettorale. L’incertezza “variabile” dipenderà da quanto coerentemente i leader conservatori vorranno o potranno di fronte alla pressione statunitense mantenere la linea dopo le elezioni. È un’incertezza non di poco conto».
Infine, tra i tanti argomenti trattati, la questione Russia Ucraina dopo la secessione Crimea.
«Il nuovo governo ucraino mostra sempre più la sua dipendenza dai neonazisti. Cosa che diventa evidente per la popolazione, per le forze di opposizione moderate e per la comunità internazionale. L’economia del paese si trova in una situazione di pre-default (se non di default) dalla quale può uscire soltanto attraverso un rapido ripristino dei legami economici con la Russia e con gli altri paesi dell’Unione doganale. Per un certo periodo di tempo, i bisogni di bilancio più urgenti potranno essere soddisfatti attraverso prestiti e aiuti finanziari da parte di paesi occidentali. Ma aiuti del genere non servono al paese, perché diretti non a rifondarne l’economia ma a sostenerne il regime».
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