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02/07/2014

Iraq - Curdi pronti all'indipendenza

Massoud Barzani
Le trincee diventano confini in Iraq e dopo la proclamazione, il 29 giugno (primo giorno di Ramadan), di un califfato islamico da parte dei jihadisti dello Stato islamico dell’Iraq e del Levante (Isil), ieri sono stati i curdi iracheni a uscire allo scoperto.
Il leader curdo Massoud Barzani ha parlato alla Bbc di un referendum per l’indipendenza da Baghdad da tenere nei prossimi mesi, mentre sul terreno i peshmerga (le forze curde) scavano trincee ed innalzano barriere che paiono delimitare i confini di un futuro Stato curdo, più grande della regione autonoma assegnata alla comunità curda. La versione ufficiale racconta di immediate ragioni di sicurezza, ma le aspirazioni nazionalistiche curde sono emerse chiaramente sin dall’inizio dell’avanzata dell’Isil, che ha fatto oltre duemila morti e sta mettendo a repentaglio la tenuta del Paese.

L’incapacità del governo a guida sciita di contrastare le milizie sunnite, coadiuvate da alcune tribù e dai baathisti, apre a uno scenario che modificherebbe gli assetti mediorientali e mette in agitazione sia Washington sia Ankara e Teheran, quest’ultimi Paesi con una ampia minoranza curda sul proprio territorio. Un Iraq diviso in tre entità: un califfato islamico che nelle dichiarazioni, propagandistiche, del temibile leader dell’Isil, Abu Bakr al-Baghdadi, estenderebbe i suoi confini fino alla Siria. Un Kurdistan iracheno che aprirebbe la strada a rivendicazioni simili anche in Siria e in Turchia e una nazione a maggioranza sciita al Sud.

Una tale ipotesi non potrebbe prescindere dal sostegno delle comunità coinvolte, ma intanto i curdi provano a mettere Baghdad davanti al fatto compiuto. I peshmerga dicono di avere il controllo dei territori contesi a Kirkuk e intorno alla città petrolifera abitata da arabi, curdi e turkmeni, per impedire alle milizie dell’Isil di occuparla dopo il dileguamento delle truppe governative. Lo scontro con il governo centrale su questo vitale snodo petrolifero sarà inevitabile ed è già arrivata la condanna alle iniziative curde da parte dell’entourage del premier iracheno Nouri al Maliki, che accusa i curdi di sfruttare il caos per realizzare un sogno d’indipendenza mai accantonato. Un emendamento alla Costituzione irachena prevede che il destino di Kirkuk sia deciso da un referendum che però non si è mai tenuto e i curdi lamentano il tentennamento di Baghdad anche su una definizione precisa dei confini della regione autonoma del Kurdistan.

Così pare che i curdi stiano provvedendo a tracciarli per conto proprio adducendo  ragioni “di sicurezza”, come ha spiegato Falah Bakir, al vertice del Dipartimento Esteri dell’amministrazione curda, all’agenzia Associated Press (AP): Ci stiamo confrontando con una minaccia molto seria. Il nostro vicino è uno Stato terrorista (il califfato, ndr) e noi dobbiamo prendere le misure necessarie a difenderci”.

Negli ultimi giorni i peshmerga hanno innalzato barriere fuori da Mosul, la prima città caduta nelle mani dei jihadisti, per proteggere i villaggi abitati da cristiani e da altre minoranze. Fuori da Kirkuk i “confini” sono stati delimitati scavando canali riempiti di fango e i ponti sono pattugliati, ma l’ipotesi che questa sorta di strutture difensive diventino delle frontiere agita gli abitanti della zona, non tutti curdi.

Bakir ha precisato che i confini ufficiali saranno stabiliti da un referendum e non da barricate e muraglie, ma nella comunità curda c’è anche chi coglierebbe l’occasione per estendere il controllo curdo fino a 200 chilometri da Kirkuk. Intanto, Barzani ha spiegato che la consultazione popolare potrebbe tenersi tra pochi mesi, ma “deve essere decisa dal Parlamento” e servirà anche una commissione elettorale indipendente. Scenari che non piacciono affatto alla Turchia che ha già fatto sapere che si opporrà all’indipendenza dei curdi iracheni.

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