Il sistema creditizio accelera lo
sviluppo materiale delle forze produttive e la formazione del mercato
mondiale come fondamento materiale della nuova forma di produzione.
Nello stesso tempo, il credito affretta le violente eruzioni di questo
antagonismo, le crisi, quindi gli elementi dissolventi del vecchio modo
di produzione. Questi i caratteri immanenti del sistema del credito: 1)
sviluppare la molla della produzione capitalistica fino al più puro e
colossale sistema di gioco ed imbroglio; 2) limitare sempre più il
numero dei pochi che sfruttano la ricchezza sociale; 3) realizzare la
forma di transizione a un nuovo modo di produzione.
(K. Marx, Il Capitale, Libro III, capitolo XXVII)
Quanto segue è una conferma locale di un meccanismo globale. Buona lettura
Sulla drammatica vicenda che ha visto
coinvolta la Banca Monte dei Paschi di Siena si rischia che cali il
silenzio e vengano rimosse dalla coscienza collettiva le dimensioni del
tracollo finanziario, morale ed etico di una intera comunità. Il
trascorrere del tempo ed il verificarsi di nuovi eventi che catturano
l’attenzione dell’opinione pubblica senese, concorrono alla rimozione
dalla coscienza dei cittadini di tale catastrofico evento. Ai suddetti
elementi occorre aggiungere senz’altro l’illusoria speranza di molti
concittadini che le cose, con il trascorrere del tempo, possano
sistemarsi. Ma è grave soprattutto il silenzio degli organi di
informazione, che se possibile evitano come la peste la trattazione di
tale argomento, e quando decidono di affrontarlo, magari attraverso
interviste al management della Banca, evitano accuratamente domande
imbarazzanti e scomode, sempre attenti a non turbare i “padroni del
vapore”, ossequiosi e acquiescenti alle loro risposte. Peccato però che
la realtà sia ben diversa da quella che Profumo e Viola vogliono
propinarci, come attestano i pessimi risultati finanziari della loro
gestione: la Banca ormai dal 2011 non fa più utili. Il silenzio gioca a
favore dei personaggi a vario titolo implicati nella vicenda (uomini di
banca, politici locali e uomini delle istituzioni nazionali). E’ proprio
per questo che non riusciamo a digerire il fatto che su tale scempio
non si riesca a fare rapidamente giustizia. Infatti è ormai prossima la
scadenza del mese di aprile 2015, data che vedrà gran parte delle
accuse andare in prescrizione, ed allora oltre al danno la città
potrebbe subire anche la beffa.
I capi di accusa rivolti dalla
Magistratura alla cosiddetta banda del 5%, le multe comminate dalla
Consob agli amministratori ed ai revisori dei conti toccano solo alcuni
aspetti della vicenda e peraltro neppure i più rilevanti. Riteniamo
pertanto utile ribadire a tutti coloro che hanno la memoria corta che
l’operazione da cui tutto discende è l’acquisizione della banca
Antonveneta da parte del Gruppo MPS alle assurde condizioni economiche,
che tutti ormai conoscono. Le multe comminate dalla Consob e da Banca
d’Italia, che in più fasi hanno colpito un folto gruppo di
amministratori e di revisori dei conti della Banca, sono un segno
inequivocabile di quanto fosse estesa la connivenza che ha consentito il
concretizzarsi di tale folle operazione.
Viene da chiedersi come, a seguito delle
recenti sanzioni, non si possano configurare accuse più gravi. E’ pur
vero che le inchieste e le successive istruttorie sin qui condotte sono
riferibili esclusivamente ai cosiddetti rami secondari della vicenda, e
non hanno ancora affrontato il principale snodo. Per dare concretezza e
significato a questa premessa è necessario esplicitare alcuni documenti a
cui sino ad oggi non è stato dato il necessario risalto. Tra questi,
per l’indubbia valenza che riveste, in quanto smentisce clamorosamente
alcune prese di posizione delle più alte istituzioni del paese, è
la relazione redatta dagli ispettori di Banca d’Italia della filiale di
Padova del 9 marzo 2007 e avente per oggetto l’analisi patrimoniale,
organizzativa ed operativa di banca Antonveneta.
Nella relazione i suddetti funzionari
forniscono un’analisi circostanziata sulla reale situazione
organizzativa e patrimoniale della Banca Antonveneta, descrivendo in
modo inequivocabile uno scenario complessivo gravemente compromesso con
specifico riferimento all’operatività delle filiali, alla grave carenza
dei controlli sull’erogazione del credito, alla disorganicità dei
livelli di responsabilità, “all’insufficiente capacità di governo delle
principali variabili gestionali” ed infine al conseguente scarsissimo
livello di profittabilità espresso nel corso degli ultimi anni. Peraltro
alla data della redazione di tale documento oltre il 16% delle filiali
di banca Antonveneta risultava in perdita, anche a causa delle tariffe
praticate alla clientela, oltremodo penalizzanti, e che avevano come
conseguenza la costante e continua erosione delle quote di mercato.
Com’è possibile che questo documento che
evidenziava una situazione estremamente critica della Banca
Antonveneta, e che tale permaneva nonostante il sostanzioso intervento
finanziario concesso da ABN Amro, non consentisse a Banca d’Italia, in
qualità di organo di vigilanza bancaria, di avere ben chiara la
situazione patrimoniale ed economica di Banca Antonveneta?
In sostanza, in quegli anni, la Banca
Antonveneta si sosteneva solo grazie al prestito di oltre 7 miliardi di
Euro che ABN Ambro le aveva concesso. Stante questa inconfutabile
situazione, risulta ancor meno giustificabile e ancor più paradossale il
prezzo pagato per la suddetta acquisizione. E’ bene ricordare, a tutti i
personaggi con la memoria corta, che dei 1.000 sportelli di Banca
Antonveneta, 600 erano in molti casi adiacenti alle filiali del Gruppo
BMPS, al punto che, ad acquisizione effettuata, è stata necessaria la
immediata cessione di 125 filiali.
In sintesi i 18 miliardi di euro di
esborso totale (10 per l’acquisizione di Antonveneta e 7.8 per la
restituzione del prestito) sono stati pagati per avere 400 sportelli nel
nord-est del paese con una media di 600 rapporti di conto corrente a
filiale. Se questa non è opera di un folle, e siamo convinti che non lo
sia, allora siamo di fronte ad una colossale truffa ai danni degli
azionisti, dei dipendenti e della comunità.
Sono stati sempre rispettati i principi che la stessa Banca d’Italia si è data in materia di vigilanza, come:
“controllare che gli
intermediari bancari e finanziari siano gestiti in modo sano e prudente.
Sano, cioè che svolgano la loro attività d’impresa nel pieno rispetto
delle regole. Prudente, cioè che per fare profitti non mettano a rischio
la propria esistenza e il denaro loro affidato. Indirizza inoltre la
propria azione di vigilanza per favorire la stabilità complessiva,
l’efficienza e la competitività del sistema finanziario. Tutela infine
la trasparenza e la correttezza delle operazioni e dei servizi bancari e
finanziari per rendere sempre migliori i rapporti con la clientela. Per
questo:
- emana la normativa tecnica e controlla che venga applicata;
- verifica la sana e prudente gestione degli intermediari attraverso l’esame di documentazione e ispezioni presso i loro uffici;
- sanziona comportamenti scorretti e poco trasparenti nei confronti della clientela”.
Quanto divario tra queste parole e
l’operato di Banca d’Italia in relazione alla acquisizione di Banca
Antonveneta da parte del Gruppo MPS!
La conseguente ulteriore domanda è: perché questo comportamento?
Una possibile ipotesi, ma non ci sono
purtroppo riscontri oggettivi al riguardo, potrebbe riferirsi ad un
eventuale intervento delle istituzioni finanziarie europee sulla Banca
d’Italia e su altre istituzioni governative italiane per chiedere conto
della “bufala” rifilata ad un prezzo esorbitante agli olandesi di ABN
Amro che con 6 miliardi + 7,8 di prestito, acquisiscono anche Interbanca
valutata 950 milioni.
Prezzo comunque di gran lunga inferiore a
quello pagato da BMPS al Banco Santander. Sul conto salato pagato dagli
olandesi sarebbe interessante, tra l’altro, conoscere nei dettagli
l’operato, in tali circostanze, di Banca Popolare di Lodi e di Unipol ed
ovviamente quello di Banca d’Italia (con l’allora governatore Fazio).
Comunque ritornando all’argomento
principale ci chiediamo come l’organo di vigilanza delle istituzioni
finanziarie italiane, pur disponendo di tutte le informazioni sullo
stato dei conti e sulle problematiche organizzative ed operative di
Banca Antonveneta e nondimeno a conoscenza della situazione patrimoniale
del gruppo BMPS, non sia intervenuta per bloccare l’operazione di
acquisizione o quantomeno per porre in atto una serie di interventi,
ispezioni e verifiche sulla sostenibilità dell’operazione stessa,
coerentemente con gli indirizzi normativi che regolano l’attività di
vigilanza.
Attività svolte con puntigliosa
attenzione dalla stessa istituzione in occasione dell’acquisizione di
banca Agricola Mantovana solo pochi anni prima.
Tratto da: I Fatti di Siena (e non solo..)
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