Il 6 febbraio 2013 il leader laico dell’opposizione di sinistra
tunisina, Chokri Belaid, veniva uccisi a sangue freddo: il 25 luglio
2013 toccava a Mohammed Brahmi. I due omicidi aprirono la strada ad un’ampia crisi politica. Oggi
arrivano le rivendicazioni di quegli agguati: un gruppo jihadista
affiliato allo Stato Islamico di Abu Bakr al-Baghdadi in un video
pubblicato ieri su internet si dichiara il responsabile della morte dei
due leader e minaccia altri omicidi pochi giorni prima del ballottaggio
per le presidenziali.
“Sì, tiranni, noi siamo quelli che hanno ucciso Belaid e Brahmi.
Stiamo tornando e uccideremo altri di voi. Non avrete una vita facile
fino a quando la Tunisia non implementerà la legge islamica”. La
voce e il volto sono quelli del miliziano Abu Mouqatel, nome di
battaglia di Abu Bakr al-Hakim, nato a Parigi nel 1983 e considerato uno
dei leader dei jihadisti stranieri in Iraq. Nel video appare insieme ad altri tre miliziani armati e alla bandiera jihadista.
Il Ministero degli Interni reagisce con indifferenza: “I tunisini
sono più forti di questi terroristi. Non significano niente per noi”. Ma
la possibilità di attentati o azioni armate in vista del
ballottaggio delle presidenziali, previsto per domenica, non è da
sottovalutare: il governo ha già dispiegato nel paese migliaia di
militari e poliziotti.
Con il voto la Tunisia spera di porre fine a quattro anni di
transizione politica seguita alla caduta del dittatore Ben Alì, cacciato
il 14 gennaio 2011 dal popolo in rivolta. Alle urne i tunisini
dovranno scegliere tra il leader del partito laico Nidaa Tounes, Beji
Caid Essebsi, e il presidente uscente e oppositore del vecchio regime,
Moncef Marzouki, che al primo turno si sono accaparrati rispettivamente
il 39,46% e il 33,43 delle preferenze, uno scarto di soli
200mila voti. Essebsi, 88 anni, è dato per favorito, l’unico – secondo i
sui sostenitori – in grado di porre fine ai governi islamisti, una
figura del vecchio regime secondo i detrattori perché ex ministro degli
Esteri sotto Bourguiba negli anni ’80 e presidente della Camera sotto
Ben Ali. Alle elezioni parlamentari di ottobre è stato il
partito laico Nidaa Tounes a trionfare, aggiudicandosi 85 seggi su 217,
contro i 69 dell’islamista Ennahda.
Chokri Belaid, leader del Fronte Popolare, fu assassinato il 6
febbraio 2013 fuori dalla sua abitazione a Tunisi, Mohammed Brahmi il 25
luglio dello stesso anno. All’epoca le autorità tunisine ne imputarono
la responsabilità al gruppo qaedista Ansar al-Sharia (oggi affiliato
all’Isis), ma la società civile e le organizzazioni di opposizione al
partito islamista di governo Ennahda accusarono l’esecutivo di aver
incitato alle violenze e di essere dietro i due agguati. Le
proteste di piazza e i duri scontri che seguirono alla morte dei due
leader di sinistra provocarono una profonda crisi politica, le
dimissioni dell’allora premier Hamadi Jebali e l’approvazione di una
nuova Costituzione, nel 2014.
A gennaio di quest’anno il Ministero dell’Interno aveva annunciato
l’uccisione del presunto killer di Belaid, Kamel Hadhgadhi, durante
un’operazione anti-terrorismo. Un annuncio che non è stato accolto con
favore della famiglia del leader scomparso, secondo la quale è
impossibile che l’uomo abbia agito da solo senza la complicità di poteri
più alti. E proprio l’uccisione dell’unico in grado di raccontare
quanto accaduto ha riacceso i sospetti di parte della società civile
tunisina che non ha mai smesso di pensare che dietro quegli omicidi mirati ci fosse proprio il partito Ennahda.
Dietro resta una situazione socio-economica ancora
estremamente difficile, soprattutto nelle regioni centrali e meridionali
del paese, dove la rivoluzione non ha portato a cambiamenti concreti
delle condizioni di vita. Il governo Ennahda non ha messo in
atto altro che le stesse ricette neoliberali del precedente esecutivo e represso
le rivendicazioni popolari e le voci di opposizione. La disoccupazione è
ancora alle stelle e il livello di corruzione e nepotismo, retaggio del
regime di Ben Ali, stritolano ancora le speranze di cambiamento della
popolazione.
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