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10/09/2015

#refugeeswelcome ! Lavoro a gogò ma…..gratis ! (e col sorriso, ci mancherebbe)

Pubblichiamo questo interessante scritto di Dante Lepore cogliendo l’occasione per ricordare ai nostri “concittadini” (tutti sì, dagli stronzi razzisti ai “caritatevoli” sfruttatori democratici) che in questa società-mondo non siamo in presenza di un complotto orchestrato da qualcuno o da qualcosa, che il sistema NON è riformabile e che di rapporto sociale tra persone si tratta. Bisogna scegliere da che parte stare, in una società di classe: o con chi, nell’ambito istituzionale e non, difende il capitalismo, oppure con chi lotta per il suo superamento nel mondo intero. Nardella e gli hashtag tipo #firenzesiamonoi sono solo l’ennesima presa per il culo, assieme all’immancabile retorica degli “angeli del bello”, sempre solerti quando si tratta di cancellare le scritte politiche “scomode” sui muri, MAI per quelle dei razzisti (oltre al danno, la beffa). Dobbiamo invece lottare per un mondo senza denaro, salario, capitale, profitto e loro “derivati” (quindi guerre, drammi sociali, abusi di ogni tipo e via dicendo), prendendocela con i veri responsabili, i padroni e i loro rappresentanti.

In un articolo del 26 agosto su «il manifesto» (Sinistra: «La battaglia possibile»), lo storico Luciano Canfora faceva riferimento ad uno studio della CGIL che stimava in 400 mila i lavoratori in condizione di schiavitù, con l’avvertenza che la cifra è riferita soltanto a ciò che è visibile, non al sommerso. Questa «nuova schiavitù», cui si aggiungerebbe un «gigantesco ceto medio condannato a un crescente impoverimento» subentrerebbe al tradizionale operaio di fabbrica, soggetto sociale tradizionale dei partiti di sinistra, che numericamente sarebbe in via di estinzione. Da altre fonti (1) sappiamo che, per quanto ridotta numericamente, la classe operaia soprattutto manifatturiera, concepita come la tradizionale «avanguardia cosciente», nonostante ristrutturazioni, delocalizzazioni e sicuramente riduzioni numeriche, è ancora consistente, per quanto cambi fisionomia. Ma il fenomeno della nuova schiavitù, soprattutto quella sommersa, non solo nell’industria, ma anche nell’agricoltura, è certamente il fenomeno più dirompente e destinato a permanere e congiungersi con il fenomeno della così detta «emergenza migranti».

Già a maggio, dopo l’inaugurazione al lacrimogeno dell’expo milanese anche esso a base di lavoro gratuito, al termine della Conferenza Unificata e prima del vertice sull’immigrazione, il ministro Alfano ha cominciato a richiamare la maggiore applicazione di una circolare del Viminale del 27 novembre (2) e a mettere la pulce nell’orecchio ai sindaci dei comuni, sul cosa farne dei migranti: «Invece di farli stare lì a non far nulla che li facciano lavorare… dobbiamo chiedere ai Comuni di applicare una nostra circolare che permette di far lavorare gratis i migranti» (3), subito accusato di «schiavismo» da Salvini, dalla Santanché, dai Verdi e da SEL, ma in realtà già assecondato da non pochi comuni, soprattutto del Nord e Centro, a partire da Rovereto, poi Novara, Udine, fino a quelli balneari e a Livorno, che utilizzavano i richiedenti asilo per la manutenzione delle aree pubbliche, del verde pubblico, e per la pulizia delle spiagge e dei fondali marini e fluviali.

Con l’alluvione di Firenze, la proposta – che tra l’altro si è concretizzata nei giorni successivi – è stata avanzata dal governatore della Toscana Enrico Rossi e dal sindaco di Firenze, renziano, Dario Nardella, i quali, subito dopo l’alluvione, hanno esaminato varie ipotesi, tra le quali c’era «anche la possibilità di utilizzare i profughi ospitati in Toscana per i primi interventi di pulizia e ripristino, utilizzando anche la convenzione attivata con Inail per l’assicurazione per lavori di pubblica utilità»(4). Nardella confermava che «i profughi ospiti della Regione Toscana, e in particolare quelli che sono a Firenze e nei comuni limitrofi, da domani potranno essere di supporto alla Protezione Civile di Firenze […] e saranno utilizzati in particolare per il ripristino del verde pubblico» e Rossi rincarava i propositi: «In cambio dell’accoglienza ci deve essere la disponibilità a prestare attività di carattere volontario a vantaggio della comunità». In Toscana ciò avviene già. A Torrita di Siena i profughi accompagnano, sotto l’egida della locale Misericordia, i bambini a scuola e aiutano gli anziani a salire sui pulmini dei servizi sociali. A Monteriggioni lavorano per un associazione creata dal parroco garantendo l’apertura di spazi pubblici. A Prato spazzano e puliscono i giardini. A Firenze hanno offerto il loro aiuto nel dopo-nubifragio. «Ma con le due delibere approvate di recente dalla giunta regionale – conclude Bugli – è ancora più semplice. Abbiamo infatti sciolto gli ultimi problemi burocratici e normativi, a partire dall’assicurazione obbligatoria, che potevano creare un ostacolo»(5) .

L’elenco dei comuni e province che si sono susseguiti a siglare accordi e a sottoscrivere protocolli d’intesa tra prefetture ed enti locali per cogliere questa opportunità e schivando il problema del lavoro non pagato o comunque non tutelato mediante assicurazione contro gli infortuni ecc., è piuttosto nutrito (6). Dopo il comune di Rovereto (Trento), dove il sindaco Andrea Miorandi apostrofava Salvini dicendo «abbiamo una ramazza anche per te», l’assessore provinciale alla solidarietà sociale della provincia autonoma di Trento, Donata Borgonovo Re, siglava un protocollo «per legare il concetto di accoglienza a quello di reciprocità, e mettere in contatto, creando un rapporto di fiducia, chi arriva nel nostro paese con la popolazione residente». Il 9 maggio, a Livorno 30 profughi venivano incorporati nel progetto «spiagge e fondali puliti»; Vittorio Veneto (Treviso) siglava un protocollo d’intesa per richiedenti asilo ospitati in città per attività di volontariato che la stessa comunità dei migranti avrebbe suggerito al sindaco.

La Prefettura e l’Associazione servizi per il volontariato di Modena sottoscrivevano a loro volta un patto per utilizzare gli immigrati in attività socialmente utili, millantata come «opportunità per permettere ai migranti di ricambiare l’ospitalità che ricevono». A Cesena il sindaco Paolo Lucchi vanta che già da tempo i profughi indossano la pettorina gialla dei volontari e, attrezzi alla mano, puliscono strade, parchi pubblici e si occupano degli orti sociali, messi a disposizione dall’amministrazione per le famiglie in difficoltà: «Un po’ di concretezza romagnola in una situazione d’emergenza che prosegue da anni». Alle Cinqueterre i migranti provvedono alla manutenzione dei sentieri, e a Sarzana 30 profughi tra i 18 e 20 anni avrebbero ripulito parchi ed aree verdi. A Tabiano e a Salsomaggiore dal prossimo novembre 34 migranti faranno volontariato dal lunedì al venerdì, dalle 9 alle 12, per pulire i marciapiedi, raccogliere le foglie e occuparsi dello svuotamento dei cestini stradali. Non possono mancare all’appello le cooperative in questo business, quali enti gestori dell’assistenza e garanti della copertura assicurativa, ed ecco i primi cittadini, di centrosinistra, di Este, Baone, Battaglia Terme e Due Carrare e i vertici della cooperativa “Ecofficina”, in Prefettura per sottoscrivere l’accordo di programma che fissa le modalità per il coinvolgimento dei migranti in attività e servizi di volontariato a favore delle collettività che li ospitano. E che di lavoro gratuito si tratta lo stabilisce sfacciatamente il testo del vero e proprio accordo semestrale rinnovabile, redatto dai sindaci in prefettura con la predetta cooperativa: «L’accordo al punto 3 evidenzia che le attività possono essere svolte da stranieri-migranti che abbiano presentato istanza per il riconoscimento della protezione internazionale, che abbiano sottoscritto la dichiarazione di disponibilità ad attività di volontariato sull’apposito modulo e che siano ospiti delle strutture di accoglienza all’interno del programma coordinato dalla Prefettura di Padova. Ai migranti viene altresì chiesto che abbiano aderito ad una associazione di volontariato operante nel territorio. Questa adesione comporta l’impegno di rendere una o più prestazioni personali, volontarie e gratuite»(7) .

Ma neppure il Sud è rimasto sordo all’appello di Alfano. Ci ha pensato in agosto, ovviamente non senza mugugni da parte CGIL e del Movimento politico di Noi con Salvini, il sindaco Antonio Decaro, dopo una proposta già precedente del centrodestra. I richiedenti asilo spesso restano nel centro di accoglienza di Bari Palese per 8-9 mesi e più, in attesa dello status di rifugiato, condizione indefinibile, come color che son sospesi e in cui, per legge, non possono lavorare ed essere retribuiti. « Gli ospiti del Cara [Centro di accoglienza per richiedenti asilo, dove sono in circa 1300] i migranti potrebbero collaborare nella manutenzione delle aree a verde o nella pulizia di giardini, delle piste ciclabili o delle spiagge dando una mano alla collettività. Potranno partecipare i migranti che vorranno, nessuno li costringerà ma a titolo gratuito in quanto per legge non possono lavorare e ricevere una paga»(8).

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