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27/09/2016

Il M5s dopo Casaleggio

Soprattutto dopo la prematura scomparsa di Roberto Casaleggio, è utile una riflessione a mente fredda sul M5s e sul suo ruolo in questi anni. Tutti i necrologi hanno sottolineato come Casaleggio abbia cambiato stabilmente la politica, le sue forme comunicative, la struttura del sistema eccetera.
A differenza di Grillo (che aveva un comprensibile risentimento contro quei giornalisti, che avevano attaccato il suo amico dicendo molte cose ingiuste) non credo che si sia trattato solo della solita ipocrisia, per cui dei defunti non si parla se non in bene. La mia sensazione è che, almeno in parte, ci sia stato un riconoscimento sincero del ruolo avuto da un personaggio, che non era neppure parlamentare e che, quale che sia il giudizio che si abbia del M5s e della sua irruzione, si è imposto come uno dei protagonisti della storia repubblicana, nonostante la brevità del tempo in cui è stato presente sulla scena politica.

Nella politica italiana c’è stato un “prima del febbraio 2013” ed un “dopo febbraio 2013” con uno spartiacque definitivo. Ricordate il duopolio Berlusconi-Pd? Sembra sia passata un’era, ma sono solo tre anni: tutti ormai riconoscono il ruolo politico del web, il sistema è ormai articolato in tre aree elettorali, nonostante persista una assurda legge elettorale maggioritaria che dovrebbe indurre ad un sistema bipolare, anche gli altri partiti hanno iniziato ad adottare forme di comunicazione e linguaggi furtivamente ripresi dal nuovo venuto.

Basti ricordare la serie di ricadute a catena di quelle elezioni che segnarono il tramonto dell’egemonia bipolare: il nuovo biennio di Napolitano, il governo Letta e l’intesa fra Pd e Berlusconi, poi l’ascesa di Renzi ed il patto del Nazareno, con il conseguente declino inarrestabile del Cavaliere, l’imprevedibile elezione di Mattarella, il fallimento del centro di Monti e lo scioglimento del centro, con la trasformazione della geografia elettorale sia nelle europee che poi nelle regionali dell’anno dopo, eccetera eccetera.

Tutte conseguenze dirette o di secondo grado di quel terremoto elettorale che Casaleggio aveva innescato. Non so (e nessuno può saperlo) cosa sarà del M5s in futuro, anche se, almeno per ora, sondaggi ed elezioni parziali confermano che si tratti di una “zolla stabile” del sistema, attestata bel oltre il 20% nelle elezioni politiche, e può anche darsi che nel medio periodo il movimento cambi natura, cresca, vada al governo o, al contrario, si divida dando vita a più forze politiche diverse o persino si dissolva. Tutto può darsi, ma sin da ora risulta inimmaginabile il ritorno al vecchio schema bipolare. Un vecchio uomo di palazzo come Casini, un paio di anni fa, disse: “abbiamo tentato per anni di fare il terzo polo, ora lo ha fatto Grillo”.

Il caso del M5s è unico in Europa, dove la rivolta populista contro il fallimento delle èlites tecnocratiche, quasi dappertutto ha assunto una decisa coloritura di destra, anche se non dichiaratamente fascista, salvo parziali eccezioni di Syriza in Grecia, Podemos in Spagna (che però viaggia su percentuali ben più modeste e forse Portogallo (dove si profila una imitazione un po’ più pallida di Podemos).

Nel complesso, il M5s è l’unico ad avere una percentuale così elevata che dura nel tempo (a differenza di Syriza che sembra arrivata al capolinea, nonostante la percentuale più alta conseguita nelle due elezioni del 2015). Il M5s si differenzia tanto dai movimento di destra come il Fn, Alternative fur Deutschland, l’Ukip, i Veri finlandesi ecc, quanto da quelli più  di sinistra cui abbiamo fatto cenno (Syriza e Podemos), non solo perché si proclama “né di destra né di sinistra” ma perché realmente, sia nel suo programma politico, quanto nella composizione del suo elettorato, convivono elementi tanto di sinistra quanto di destra.

Sotto il profilo programmatico, posizioni apertamente neo liberiste si affiancano ad una schietta ostilità verso i poteri finanziari, sulla questione dell’immigrazione il movimento è spaccato fra un atteggiamento “chiuso” che prevale nel gruppo parlamentare, con l’appoggio tanto di Beppe Grillo quanto (sinché è vissuto) di Gianroberto Casaleggio, e quello “aperto” della base che nella consultazioni on line  ha costantemente espresso un orientamento più di sinistra, in politica estera il M5s ha posizioni ostili alle tesi americane su questioni come gli F35, il Muos o il Ttip, ma non è favorevole all’uscita dalla Nato, a volte manifesta interesse per i Brics, ma nel parlamento europeo è insieme all’Ukip, e così via. In qualche modo è il riflesso della composizione del suo elettorato che ha una zolla maggioritaria di provenienza di sinistra (Rifondazione, Sel, Pd), una zolla meno consistente ma non irrilevante di provenienza leghista ed una terza che ingloba quasi per intero l’ex elettorato dell’Idv dove, a sua volta, confluivano ex elettori Pd-Rifondazione con ex elettori di An e Lega.

Questo spinge la direzione del movimento a scansare ogni identificazione con uno dei due poli, per non perdere i consensi sull’altro versante, e, conseguentemente, il M5s rifiuta di essere di destra o di sinistra perché si propone come “Partito di tutto il popolo”. Questa retorica “Popolare” ha l’ulteriore corollario in una centralità esclusiva del movimento, che rifiuta ogni alleanza, proprio per evitare di essere identificato con questo o quello schieramento. In questo, il M5s ha una certa specularità con il “Partito della Nazione” di Renzi (che pure teorizza l’esclusiva centralità del suo partito), ma con l’importante differenza di proporsi come partito di “alternativa di sistema” (quel che è espresso in particolare in tema di europeismo e moneta unica), per cui potremmo definirlo paradossalmente come “antipartito della Nazione”, sia nel senso di partito che propone una idea opposta di popolo e nazione a quella renziana, sia come soggetto politico che rifiuta la forma organizzativa partitica in favore di quella di movimento non formalizzato e non gerarchizzato (per lo meno nelle proclamazioni).

E’ difficile dire se questo calderone ribollente riuscirà a unificare tutto in una cultura politica originale o magari si dividerà in più soggetti, o se riemergeranno le soggettività precedenti, pur contaminate fra loro.

Ma su una cosa si può essere ragionevolmente sicuri: il M5s avrà ragione di esistere sinché si manterrà forza alternativa al sistema. Vice versa, se dovesse trasformarsi in un ennesimo partito di sistema, segnato solo da una sempre più sbiadita retorica dell’onestà, si avvierebbe lungo un assai breve viale del tramonto.

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