La manifestazione nazionale del M5s, non è stato un appuntamento come gli altri, questa volta
perché troppe cose sono cambiate dall’anno scorso: in primo luogo la
scomparsa di Roberto Casaleggio, poi le elezioni amministrative con il
grande successo di Roma e Torino, l’approssimarsi di uno scontro di
importanza primaria come il referendum, le difficoltà della giunta
romana, il clima nervoso nel movimento, a cominciare dal Direttorio ecc
ecc.
Soprattutto, adesso sta arrivando
veramente la botta della morte di Roberto. Come quando si cade e si
urta, ma sul momento non si sente dolore e non si vedono lividi che,
saranno evidenti a distanza di uno o due giorni. Le elezioni
amministrative ed il successo avevano impedito di realizzare la perdita a
caldo. Ora è diverso: la situazione della giunta romana fa emergere le
difficoltà del governare al primo impatto con la conquista di una
posizione importante, si inizia a realizzare la necessità di un
riassetto interno che era già necessario prima ma che ora è
ineliminabile e così via.
Dunque il “rientro in campo” di Grillo non sorprende
ed è perfettamente spiegabile con il suo temperamento. Molti si sono
chiesti se quella del “passo di lato” non sia stata solo una trovata
pubblicitaria: assolutamente no, Beppe era effettivamente stanco dalla
metà del 2014 ed aveva anche preso male l’insuccesso delle europee, per
cui, come dimostrano i fatti, aveva deciso di riprendere il giro dei
suoi spettacoli, anche perché, almeno sino a febbraio, nulla lasciava
presagire un crollo così rapido di Roberto che, invece, si sperava
potesse lentamente guarire.
E’ stato il precipitare della situazione
che ha richiamato bruscamente Grillo che, per la prima volta, ha usato
per sé la parola “capo”. Sin qui lui si era proposto piuttosto come il
garante del movimento. La definizione della linea politica ed anche
l’assetto organizzativo del movimento erano piuttosto campo d’azione di
Casaleggio e ricordo diverse occasioni in cui lo stesso Grillo lo ha
dichiarato (ad esempio una assemblea del gruppo parlamentare 5 stelle
nel luglio 2014).
Come mai questa metamorfosi?
Qui giornalisti ed antipatizzanti si sono scatenati a dire che era come
al solito la dittatura del capo non eletto da nessuno, che è la fine
dell’“uno vale uno” eccetera eccetera.
Il punto è che Grillo ha temuto
che, mentre ci si avvicina alla fine della legislatura, le difficoltà
romane potessero compromettere il successo alle prossime politiche e che
il movimento potesse, poi, “impazzire” esplodendo in mille rivoli. E si
è riproposto come centro unificatore, come punto di riferimento che
tiene insieme tutto.
E’ realistico pensare che ora procederà
ad una ristrutturazione organizzativa del M5s, in modo da assicurare il
formarsi di un gruppo dirigente equilibrato.
Non credo che abbia voglia di restare
troppo a lungo in questo ruolo, anzi credo che non andremo molto oltre
la scadenza delle politiche: Beppe resta un uomo di palcoscenico ed il
teatro gli manca molto, e se se ne allontana per un po’ è perché ritiene
necessario farlo per il movimento, che cerca di preservare da tendenze
centrifughe, da implosioni e da involuzioni.
Non so se ci riuscirà, ma glielo auguro di tutto cuore,
sapendo che, allo stato attuale, il M5s è l’unico strumento di
opposizione al sistema che abbiamo, pur se con limiti, carenze,
ambiguità (e non mi pare di tacerli).
Il primo appuntamento che lo aspetta è
questo del referendum nel quale più che mai si sente la necessità della
sua presenza nelle piazze. Attenti: la politica televisiva va
rapidamente decadendo, anche il web inizia a dar segni di stanchezza, bisogna tornare in piazza e Beppe in questo può essere il principale attrattore.
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