Quando si pensa che più in basso non si possa cadere è il momento in cui si comincia a scavare. Succede in Grecia, dove il governo Syriza-Anel ha imposto nei giorni scorsi al Parlamento di Atene un ennesimo pacchetto di ‘riforme’ dettate dalla Unione Europea. Un nuovo colpo a chi sperava, ingenuamente, che la tattica collaborazionista di Tsipras fin qui seguita servisse a prendere tempo per rafforzare il paese e risalire la china. Ma ad ogni provvedimento governativo la verve riformista di ciò che è ormai l’ombra di Syriza cede il passo a una desolante e totale ubbidienza ai tecnocrati di Bruxelles e Francoforte.
Nella notte tra martedì e mercoledì, dopo quattro giorni di dibattito, polemiche, accuse e controaccuse, la risicata maggioranza a disposizione del premier – 152 deputati su 300 – ha approvato un nuovo pacchetto di pesanti ‘riforme’, il cui piatto forte è la privatizzazione delle compagnie finora pubbliche che gestiscono la distribuzione dell’acqua e del gas, la liberalizzazione del mercato elettrico e nuovi tagli alle già più che martoriate pensioni. Il meccanismo è quello di sempre: se Atene vuole avere una nuova tranche del prestito – nella fattispecie 2,8 miliardi di euro – deve svendere il proprio patrimonio pubblico, sforbiciare salari e pensioni, continuare a consegnare il paese ai rapaci creditori svendendo quel poco di valore che rimane. Le aziende che gestiscono l’elettricità, il gas e l’acqua saranno quindi trasferite sotto il controllo di un fondo letteralmente pignorato dalla Troika, che potrà gestirle a proprio piacimento per i prossimi 99 anni. Il Fondo, che si incaricherà delle privatizzazioni, sarà ovviamente diretto da un presidente scelto dai creditori, che in un colpo solo hanno messo le mani anche sulla metropolitana di Atene, su un’azienda che produce veicoli militari e su un fondo pubblico immobiliare. Ci manca solo, hanno accusato sarcasticamente le opposizioni sociali e politiche al governo Tsipras, che l’esecutivo metta in vendita il Partenone...
Informa il Sole24Ore che “le Ferrovie dello Stato italiane hanno acquisito recentemente la Trainose, la società che gestisce il trasporto su rotaia in Grecia per 45 milioni di euro (...). Anche la Snam potrebbe rilevare una quota di minoranza del 17% della Desfa, la società che gestisce la rete di distribuzione del gas in Grecia (...) e la Terna è interessata all'acquisizione del 24% della società di distribuzione delle rete elettrica ellenica Admie”.
Anche questa volta il governo che aveva promesso di ‘cambiare l’Europa’ è rimasto sordo alle proteste di alcune migliaia di manifestanti – molti dei quali lavoratori delle a questo punto ex municipalizzate – che chiedevano al Parlamento di non chinare di nuovo la testa.
Nonostante i continui provvedimenti draconiani, le privatizzazioni, i tagli ai salari e alle pensioni, l’aumento dell’Iva e delle imposte sul reddito, il debito resta stratosferico – tanto che il Fondo Monetario insiste sulla sua insostenibilità – e la disoccupazione è salita di nuovo toccando il 26%, nonostante migliaia di giovani greci prendano la via dell’Australia, del Canada e della Germania per tentare di trovare un lavoro. L’aumento della pressione fiscale e i controlli sui capitali terranno la Grecia in recessione anche quest’anno.
Di fronte ai ritardi del governo greco nell’applicazione degli ordini provenienti da Bruxelles, a metà settembre l’arcigno presidente dell’Eurogruppo Jeroen Dijsselbloem aveva tuonato: «Abbiamo perso molto tempo. L'estate è terminata, è giunto il momento di rimettere in cantina il materiale da campeggio. Potremo sborsare nuovi aiuti solo se saranno introdotte le misure richieste a suo tempo». Detto, fatto, in tempi record. Con tanto di battuta del ministro delle Finanze tedesco Wolfgang Schäuble, il quale ha ricordato: “Non è una novità, con la Grecia, vedere l'adozione delle misure concordate solo nella fase finale del periodo che era stato deciso”.
Non c’è da stupirsi del fatto che Tsipras non sia più amato e popolare come un tempo. Qualche giorno fa, per permettergli di parlare a Salonicco di fronte a una piccola folla di sostenitori, il ministero della Difesa ha mobilitato ben 5000 poliziotti, incaricati di tenere lontani i 15 mila manifestanti che dimostravano la loro rabbia per il tradimento di Syriza. Il paese è allo stremo e secondo i sondaggi pubblicati da vari media solo un 20-30% dei cittadini valuta positivamente il suo operato. Ma per ora prevale la disillusione, e le forze di sinistra che hanno rotto con Tsipras o non lo hanno mai sostenuto cogliendo la contraddizione di un premier che prometteva mari e monti senza essere disposto a rompere con l’Unione Europea sono divise ed incapaci di coagulare intorno a sé una massa critica sufficiente a dar vita ad una quanto mai necessaria opposizione politica di massa. E paradossalmente i sondaggi danno l’opposizione di centrodestra davanti a Syriza di parecchi punti percentuali. Per puntellare il suo traballante governo Tsipras sta cercando di allargare la maggioranza ai socialisti del Pasok, che però per ora rifiutano, sperando che il crollo annunciato di Syriza alle prossime elezioni consenta loro di riprendersi quella fetta di elettorato che aveva creduto alle promesse salvifiche della sinistra europeista ellenica.
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