A metà anni ’80 le socialdemocrazie europee iniziano a sostenere
il sistema che oggi ci ha portato alla rovina. L’invasione del
finanzcapitalismo è stata favorita anche dai governi di centrosinistra
con atti e leggi di matrice liberista.
Ci sono due luoghi comuni che sono
veicolati anche in molti salotti buoni europei e nordamericani. Sono
luoghi comuni che servono per nascondere le responsabilità politiche di
chi ha spalancato le porte, attraverso atti e leggi, alla libera
circolazione dei capitali e alla invasione dei capitali finanziari in
ogni aspetto della nostra vita. Il primo luogo comune è che in questi
anni la politica è stata sopraffatta dal sistema finanziario perché sono
stati sviluppati nuovi strumenti di risparmio, investimento e gestione
dei patrimoni e perché le tecnologie dell’informazione hanno permesso di
spostare capitali immensi da un paese all’altro con un semplice tocco
di tastiera. Luciano Gallino, uno dei più importanti
sociologi italiani, non la pensa così e riassume in termini molto chiari
in un’intervista a Micromega nel 2012 perché siamo arrivati a questo
punto.
“Perché la finanza ha preso tutto
questo potere? Perché non ha avuto opposizione. Non certo dai partiti,
che a partire dagli anni '80 si sono adoperati per la finanziarizzazione,
la liberalizzazione di movimenti di capitale, la produzione a valanga
dei titoli come i derivati strutturati. Tra questi i partiti di sinistra
e di centro-sinistra, che hanno ispirato molti documenti degli anni '80
in quella direzione, spinti da illustri personaggi della sinistra come i
francesi Mitterand, Delors e Camdessus, il tedesco Schröder”.
Il secondo luogo comune, infatti, è che
questo sistema economico di ispirazione totalmente liberista, disumano,
antidemocratico e accentuatore di disuguaglianze sia un prodotto tutto
anglosassone, di esportazione nordamericana e imposto alla povera Europa
da aguzzini come Milton Friedmann, i Chicago boys, Ronald Reagan e Margharet Thatcher. Che questi siano aguzzini non vi è dubbio ma la verità storica dell’invasione del “finanzcapitalismo” è molto più vasta e complessa.
La liberalizzazione dei movimenti dei capitali finanziari prende l’avvio dagli anni ’80 proprio con la Presidenza Mitterand,
non solo cancellando norme precedenti, ma producendo nuove norme che
hanno reso possibile l’invasione di nuovi strumenti finanziari come i
derivati e gli Swaps. Gli uomini provenivano tutti dai socialisti
francesi, da Mitterand a Delors, che poi esporterà il modello in sede di Commissione Europea, di cui divenne Presidente. E poi Camdessus nominato da Mitterand governatore della Banca di Francia e da lì transitato alla testa dell’FMI oltre che Chavransky, presidente dal 1982 al 1994 del Comitato per i movimenti di capitale e le “transazioni invisibili“
dell’Ocse. Gli atti di liberalizzazione del sistema finanziario
prodotti dagli USA in effetti seguirono quelli francesi ed europei.
Anche laggiù fu un presidente ammirato dai socialdemocratici europei, Bill Clinton,
a iniziare lo smantellamento di quella che era la normativa di
protezione dai rischi finanziari, la seconda legge Glass-Steagall, che
risaliva al giugno 1933 e alla presidenza di F.D.Roosvelt, che aveva
indotto i sistemi creditizi di mezzo mondo, tra cui l’Italia, a separare
nettamente l’attività commerciale degli Istituti di credito (in diretta
relazione con i clienti nella gestione dei loro depositi) da quella di
intermediario finanziario ed agente speculativo. Questo per impedire le
distorsioni che nel decennio precedente, assieme alla relazione troppo
stretta tra imprese e banche, aveva posto le basi per il crack del 1929.
L’Italia si adeguerà a questa nuova ondata liberalizzatrice con altri
due personaggi sempre organici al centro sinistra dell’epoca. Nel 1990, Carlo Azeglio Ciampi
governatore della Banca d’Italia (1979-1993, prima di diventare
presidente del Consiglio per continuare le opere di privatizzazione)
inizia il processo di privatizzazione delle banche pubbliche italiane
tramite l’emanazione del decreto legge 218 del 30 luglio, anche noto
come decreto Amato-Ciampi.
Negli USA, e poi in Europa, iniziava
anche a diffondersi quel sistema delle cosiddette “porte girevoli “,
cioè del passaggio di uomini da postazioni chiave della finanza a quelle
della politica, e viceversa. La politica, quindi, anziché prefiggersi
l’obiettivo di regolare l’economia per adattarla alla società, si è
impegnata ad adattare la società all’economia con i risultati disastrosi
che sono davanti ai nostri occhi. Dal 2010 la crisi delle banche è
stata travestita da crisi del debito pubblico che è aumentato in media
in Europa del 20%. E quando i bilanci pubblici sono esangui e non ce la
fanno più, scattano i tagli e peggiorano le vite delle persone.
Pubblicato sul numero 89 (gennaio 2014) dell'edizione cartacea di Senza Soste
Alcuni contenuti tratti da “Finanzcapitalismo. La civiltà del denaro in crisi” di Luciano Gallino
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