Salvatore Tutino, il consigliere della Corte dei Conti, ex dirigente del ministero dell’Economia, già scelto dalla sindaca Raggi per sostituire il “superassessore” Marcello Minenna e poi l’ex magistrato De Dominicis, si è tirato indietro: “Non posso accettare – ha detto all’agenzia AdnKronos – accuse totalmente infondate e prive di ogni elemento di verità. Avevo dato la mia disponibilità consapevole delle difficoltà e dei rischi che l’impegno avrebbe comportato. Ma pensavo a difficoltà legate all’impegnativo lavoro che mi sarei trovato ad affrontare come assessore al Bilancio della Capitale”. L’ormai ex candidato ad assessore al Bilancio Tutino, sembra non aver gradito la rimessa in circolazione delle accuse mosse tre anni fa da alcuni parlamentari del Movimento Cinque Stelle, (Alessandro Di Battista, Roberto Fico e Carla Ruocco), che presentarono allora un’interrogazione parlamentare sul consigliere della Corte dei Conti, ritenuto uno dei “cinque rappresentanti della casta salvati dal governo Letta e dal Pd di Renzi” con una nomina arrivata poco prima che entrasse in vigore il tetto di 300mila euro annui per i cumuli tra incarichi e pensioni dei dirigenti pubblici. La sindaca Raggi si è limitata a minimizzare l’accaduto affermando che Tutino era solo uno dei candidati all’assessorato al Bilancio.
Messa così sembrerebbe che il dott. Tutino sia caduto per “fuoco amico” – come lasciano intendere i giornali che sono andati a ripescare la vecchia interrogazione parlamentare e incalzando su questo l’obiettivo di quella interrogazione. In realtà abbiamo l’impressione che il killeraggio mediatico preventivo miri esplicitamente a impedire ogni quadratura del cerchio nella giunta Raggi e arrivare così ad un nuovo commissariamento della città. Come? Proprio a partire dal bilancio. E su questo i tempi si fanno stretti. Se per l’approvazione in Consiglio Comunale c’è tempo fino al 31 dicembre, tra il primo passaggio in giunta (dopo verifica con la Ragioneria generale e i Dipartimenti) e il parere dei Municipi, il bilancio comunale dovrebbe essere varato entro il 15-20 ottobre. L’impossibilità di varare il bilancio, esporrebbe il Comune di Roma al Commissariamento da parte del governo (oltre che al delirio nella gestione della città, dei servizi etc.). Un occasione d’oro per Renzi alla vigilia di un referendum decisivo come quello del 4 dicembre sulla controriforma costituzionale.
Si apre dunque una partita micidiale sulla “ciccia” (sia quella che c’è che quella che non c’è) ossia la disponibilità e l’allocazione delle risorse economiche del Comune di Roma. L’audizione della Raggi in Commissione Sport e Cultura per motivare il No alle Olimpiadi ha visto argomentazioni inoppugnabili: "C'è una sanità che va verso la progressiva privatizzazione, si va verso la privatizzazione dei servizi essenziali e dovremmo indebitarci per ospitare una grande manifestazione di cui però beneficeranno pochi? Avremmo continuato a togliere soldi per servizi essenziali. Sarebbe stato da irresponsabile dire di sì", ha affermato la Raggi. Ma se i presupposti sono buoni, la partita che andrebbe aperta ha uno spessore assai diverso.
Se si vuole discutere di soluzioni alla crisi della Capitale, segnaliamo che una parte di queste verranno esposte pubblicamente in una assemblea popolare sulla Piazza del Campidoglio il prossimo 4 ottobre, convocata da organizzazioni e reti sociali come la Carovana delle Periferie, Decide Roma, Forum Salviamo il Paesaggio, Usb ed altre.
Una prima riguarda proprio il bilancio, gioia e disgrazia di ogni amministrazione. Il problema, ci permettiamo di suggerire alla sindaca Raggi è tutto politico e non tecnico. La scelta dell’allocazione delle risorse del bilancio comunale non può darsi dentro la gabbia dei vincoli di bilancio imposti dal governo e da Bruxelles, ma in coerenza con una visione delle priorità su Roma, cioè con una visione “politica”. Nessun tecnico o ragioniere contabile si metterà mai nella condizione di prendersi una grana grande come il debito accumulatosi nelle casse del Comune di Roma. Occorrono forzature e scelte di priorità. In tal senso, la Raggi potrebbe assumere il bilancio ad interim o nominare assessore anche l’ultimo iscritto ad un meetup di quartiere del M5S che abbia un minimo di dimestichezza con la partita doppia. Qualcuno ha affermato che in tempi di cambiamenti "ogni cuoco deve imparare a governare lo Stato". Un assessore deve fare politica e praticare un indirizzo politico che una giunta che ha preso la maggioranza dei consensi ha il diritto e il dovere di realizzare. E’ questo il nodo preliminare da sciogliere. In secondo luogo, il programma elettorale del M5S su Roma annunciava un audit e una rimessa in discussione sul debito, separando quello legittimo da quello illegittimo prodotto dai meccanismi speculativi delle banche o da scelte onerose e scellerate (dai mutui regalati ai privati per i Punti Verde Qualità o i Piani di Zona alle consulenze esterne o alle esternalizzazioni dei servizi). Le Olimpiadi avrebbero aumentato la voragine del debito comunale e bene è stato fatto dicendo No a questa ennesima privatizzazione dei profitti e socializzazione delle perdite. La rimessa in discussione del debito farebbe tremare il bosco, il sottobosco e il sottoterra di tutti coloro che in questi venti anni hanno spolpato le risorse del Comune di Roma.
Inoltre, è arrivato il momento in cui anche l’Ordine dei Giornalisti dovrebbe avviare una sua indagine interna sul comportamento deontologico dei giornalisti e dei giornali che da settimane alimentano un killeraggio mediatico preventivo sulla situazione del Comune di Roma, mentre tacciono in modo indecente quanto avviene nella giunta comunale piddina di Sala a Milano. Un doppio standard diventato ormai palese, strumentale e vergognoso.
Infine, ma non certo per importanza, il 4 ottobre sulla piazza del Campidoglio i movimenti sociali, i comitati territoriali, le organizzazioni sindacali, le reti sociali che in questi venti anni si sono opposti alle cementificazione selvagge, alle privatizzazioni dei servizi, al degrado delle periferie, a Mafia Capitale come al commissariamento Tronca, si riuniranno pubblicamente per presentare le proprie proposte su Roma e confrontarsi con il consiglio comunale e la stessa giunta. Un vero cambiamento senza la partecipazione/mobilitazione popolare e la forzatura delle regole esistenti non esiste. Quanto sta accadendo a Roma ne è la conferma.
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