Lei scrive:
Ciao cara, mi chiamo Loba, ho 29 anni quasi 30 e vengo da Bologna. Ti scrissi tempo fa per la campagna body shaming, mandai la foto dei miei rotoli di ciccia nella pancia, e tra l’altro ricevetti dalle lettrici e lettori anche commenti per niente tolleranti sulla maglietta con la scritta vegan che indossavo in quel momento – a casa – per lo scatto. A questo proposito ti dico il motivo per cui ti sto scrivendo: ho letto l’articolo sulla ragazza dai capelli azzurri diventata bersaglio di Enzo Mucci o Muzzi (sarebbe Miccio ndb) non so manco come si chiami, quello di quella trasmissione aberrante che è “Ma come ti vesti?!”
Saró breve, quello che secondo me è allucinante di tutta la questione non è avere o meno la disponibilità economica di vestirsi secondo standard estetici approvati da sedicenti esperti di moda.
La questione è che una/o si può e deve vestire come cazzo vuole. Senza sentirsi discriminata/o da borghesi altolocati che hanno fatto della discriminazione e dello shaming la loro – miserissima – esistenza.
Sono un medico, non sono ricca, non è quello il punto. Ho la fortuna di arrivare a fine mese, ma questo non vuol dire che debba spendere 300€ in una cazzo di camicia, o borsa, o trampoli per compiacere il patriarca (maschio e femmina) di turno.
Ho i capelli tinti di grigio, li ho avuti viola, rossi, biondi, neri corvino, sono piena di tatuaggi e mi vesto non esattamente come ci si aspetterebbe dai canonici medici fatti in serie. Al liceo ero il bersaglio dei peggiori commenti su come il mio grasso culo del sud non stesse bene nei pantaloni che sceglievo di indossare, o su come mi truccavo o vestivo in generale. Tutto questo perché non rispecchiavo gli standard dei bimbiminchia del momento. Il mio culo mi piace e piace molto anche a chi lo vede vestito o nudo – la mia vita non cambia tra l’altro se a qualcuno non piace – e i bimbiminchia in questione sono finiti in qualche camerino da perfetti modelli a iniettarsi bomboni di anabolizzanti e a sniffare cocaina per cercare di essere all’altezza di quegli stessi standard.
Ma chi l’ha deciso che io sia la vittima di quello che chiamano il “cattivo gusto”? Chi l’ha deciso che a me quel gusto non piaccia? Che debba essere salvata da squallidi sfigati che mi camminano dietro in strada, o che stanno in televisione o da qualsiasi altra parte, che non vedono l’ora di farmi la paternale e di giudicare come vivo la mia vita, attraverso cosa compro o non compro, come spendo o non spendo i miei soldi per vestirmi?
Non li voglio nascondere i miei fianchi, non voglio nascondere il mio grasso culo del sud, non voglio valorizzare un cazzo se non lo decido io, non voglio espormi agli sguardi di papabili compratori. E soprattutto i miei vestiti o il modo in cui mi pongo non sono strumentali alla ipotetica fruibilità della mia immagine verso il “pubblico”.
È veramente possibile che non siamo libere/i di metterci sopra il corpo, che è veramente l’unica cosa che siamo e che ci rimane, qualsiasi cazzo di cosa ci venga in mente di metterci prima di uscire?
E chi sono i Mucci di turno, dall’alto dei loro giudizi altolocati, borghesi e miopi, con derive non troppo velate di autoritarismo, per esercitare potere sui nostri corpi?
I capelli di quella ragazza sono stupendi, povera, ricca o miliardaria che sia. Anzi, se leggerà mai questo post, le chiedo di non scrivere a quella trasmissione di merda, di fare quello che vuole fare non perché glielo dice qualcuno, di rimanere con quei bellissimi capelli azzurri e lo zaino matchato, le auguro di fare il possibile per rimanere come la fa sentire più a suo agio. E non di diventare la cavia di quei tristi esperimenti di moda che non fanno altro che sfornare figure tutte uguali, ingrigite, sbiadite ed espropriate di qualsiasi personalità. Se vuole cambiare look che lo faccia, ma solo perché lo vuole lei e perché lo voleva già fare. Non perché messa a disagio da chiunque.
Concludo dicendo, caro Enzo Mucci o come cazzo ti chiami, non mi avrai mai!
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