L’altro mondo non è distante. Sono passati quaranta giorni e a Niamey la temperatura annunciata in volo è di 36 gradi centigradi. Dai 18 gradi di Parigi ai 24 di Genova l’altro mondo ritrovato conserva la sua calda identità tropicalizzata. Il colore è lo stesso di prima della partenza. Composto da un misto di polvere riverniciata di fresco dalla stagione delle pioggie. La carta d’imbarco fa accedere all’interno dell’aereo che dà l’impressione di conoscere la rotta, mette la musica e offre i giornali gratis. L’equipaggio di bordo s’industria per rendere il viaggio all’altro mondo di una normalità ormai acquisita. Senza turbolenze e scosse come si addice alle buone compagnie di bandiera. L’ora d’imbarco, la porta di uscita e persino il numero del sedile. Cose dell’altro mondo dove in apparenza tutto sembra calcolato come i posti a tavola e nessuno che indovini chi viene a cena stasera. Tutto previsto dal regolamento a parte il terremoto che per qualche giorno ha riempito i vuoti di cronaca estiva. Sono solo i crolli che rivelano la fragilità del sistema appena lasciato da parte. Si parla tanto di sicurezza e si spia chi arriva dal mare senza carta d’imbarco.
All’aeroporto dell’altro mondo mettono liquido sulle mani e misurano la febbre col raggio di laser blu. Si esegue così la prevenzione di malattie infettive che la temperatura alta rivela. Poi passano in fretta i bagagli sotto lo sguardo complice del personale dell’aeroporto. Si distinguono per l’uniforme i facchini col carrello che conoscono a menadito la pista per raggiungere i posteggi poco lontano. Da Parigi fino a Niamey sono poche ore di viaggio in classe economica e l’ora di partenza fissata alle 11. Quella di arrivo non essendo precisata si può immaginare un viaggio che non finisce mai. E poco dopo sfilano le strade della città che 40 giorni hanno messo alla prova. La distruzione sistematica di negozi, tende e chioschi improvvisati lungo la strada rendono la capitale solo meno normale di prima. Il proliferare delle rotonde, alcune delle quali con monumenti altamente improbabili lascia presagire il peggio. L’altro mondo si avvicina assai a quest’altro che resiste come può all’invasione dei cinesi e dei militari che hanno sempre la precedenza. Non era che il 28 settembre di un anno qualsiasi dopo 40 giorni passati all’altro mondo.
Il primo messaggio ricevuto è quello di Juliette che fa coincidere l’arrivo col primo compleanno della figlia. Seguono gli altri per qualche attimo di sorpresa come se tornare dall’altro mondo costituisse una novità. In senso contrario a quello degli sbarchi e in consonanza al mondo umanitario. Sul sedile accanto c’era infatti una dottoressa di ‘Medici senza Frontiere’ che passava il tempo di volo a guardare un film. Si preparava dunque così al suo prossimo servizio nel Niger. Resterà giusto tre mesi per occuparsi di bambini poco nutriti mentre nella fila accanto i cinesi si raccontavano storie d’altri tempi. La stagione delle piogge ha fatto il possibile per i contadini del posto e anche di più in altre regioni del paese. C’è stato il tempo per apprezzarne l’intensità ieri pomeriggio in centro città. Saltavano i tombini di scolo e la strada cambiava di odore e di colore a seconda dei liquami. I medici, gli insegnanti e universitari sono in sciopero quasi permanente e solo funzionano le cliniche e certe scuole private. L’altro mondo si avvicina e si allontana a seconda dei giorni e dei venti di sabbia. C’è chi domanda un ricordino del viaggio e a chi basta il ritorno per essere felice.
La carta d’imbarco, il passaporto e il permesso di soggiorno sono la magia dell’altro mondo che permette di accedere a quest’altro col denaro come contorno. Mondi paralleli, incrociati, insostenibili eppure vicini come Lazzaro e il Ricco senza nome che l’abisso della parabola separa. In quell’epoca non c’erano gli Airbus e il volo ammesso era quello delle aquile romane con le legioni a garantire la pace. L’abisso, invece, quello ancora rimane da colmare.
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