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05/04/2017

La guerra che verrà: Israele, Hezbollah e Siria

di Michele Giorgio – Il Manifesto

Il commento di Benyamin Netanyahu è stato immediato. «Israele condanna con forza l’uso di armi chimiche contro civili innocenti in Siria... Sono sconvolto e indignato. Ci appelliamo al mondo per tenere le armi chimiche fuori dalla Siria», ha detto il premier israeliano mentre su Damasco piovevano le critiche per il presunto bombardamento con armi chimiche nella provincia di Idlib, attribuito dall’opposizione alle forze governative siriane, in cui sarebbero morti decine di civili.

Il ministro dell’istruzione israeliano, Naftali Bennett, ha chiesto una riunione del gabinetto di sicurezza per discutere di contromisure al (presunto) possesso di armi chimiche da parte di Damasco e le ramificazioni per la sicurezza di Israele.

La Siria si è disfatta del suo arsenale chimico nel 2014, sulla base di una risoluzione delle Nazioni Unite e di un’intesa con la Russia che evitò all’ultimo istante un attacco militare americano. La distruzione dei depositi siriani fu supervisionata internazionalmente. Per Israele invece Damasco terrebbe nascosta una parte di quelle sostanze chimiche, a scopo bellico.

Comunque stiano le cose, il governo Netanyahu intende sfruttare l’occasione per mettere sotto pressione Damasco, soprattutto ora che Assad pare intenzionato a rispondere ai raid aerei israeliani che la Siria subisce da anni, come ha dimostrato il mese scorso ordinando alla contraerea di entrare in azione. A Tel Aviv inoltre non è piaciuta la linea espressa dall’amministrazione Trump, e ribadita anche ieri, contraria ad un cambio di regime in Siria.

Israele vuole la caduta di Bashar Assad, anche se ciò dovesse far precipitare la Siria nel caos e in una spartizione del paese tra formazioni armate jihadiste e qaediste. Sostiene che il presidente siriano sia ormai legato a doppio filo all’Iran e troppo dipendente dall’assistenza militare che riceve dal movimento sciita libanese Hezbollah, alleato di Tehran. In sostanza, sempre secondo Israele, Damasco sarebbe pronta ad aprire tutto il suo territorio agli scopi militari dell’Iran, in particolare il sud del paese lungo le linee armistiziali sul Golan occupato. E, aggiunge, si preparerebbe a permettere a Tehran la costruzione di una base navale sulla costa mediterranea.

Vero o falso che sia parla dell’esistenza di una “mezzaluna iraniana”. Appena qualche giorno fa, Chagai Tzuriel, direttore generale del ministero dell’intelligence di Israele, ha spiegato che «se l’Iran rimarrà in Siria, allora sarà una costante fonte di attrito e tensione con la maggioranza sunnita, con i paesi sunniti al di fuori della Siria, con le minoranze sunnite fuori della regione, e con Israele». Secondo Tzuriel, Tehran intenderebbe creare una sorta di “ponte di terra sciita” che passando per l’Iraq, la Siria e il Libano arrivi fino al Mediterraneo, in modo da tenere la costa israeliana sotto il tiro della sua marina militare.

È evidente che al governo Netanyahu cominci a stare stretta la “linea verde”, il coordinamento con Mosca che sino ad oggi ha evitato scontri tra le forze aeree dei due paesi quando l’aviazione israeliana lancia i suoi raid in territorio siriano contro presunti convogli di armi destinati a Hezbollah. Il movimento sciita, riferiscono fonti libanesi, avrebbe adottato delle contromisure costruendo in Siria gallerie sotterranee, tra la zona del Qalamoun e quella meridionale, dove custodire missili a medio raggio in grado di colpire ogni punto di Israele.

Guerra che si avverte sempre di più nell’aria e molte scintille potrebbero innescarla. Una di queste è il possibile desiderio di Israele di imporre nel Mediterraneo orientale la sua sovranità su una zona marittima contesa rivendicata anche dal Libano. Zona che si ritiene ricca di petrolio e gas. Nabih Berri, presidente sciita del Parlamento libanese, ha avvertito che il passo fatto da Israele «equivale a una dichiarazione di guerra».

La disputa va avanti da anni ma le intenzioni di Israele in quel tratto di mare e la recente costruzione da parte di Beirut di cinque piattaforme (tre delle quali nella zona contesa) per l’esplorazione petrolifera, hanno fatto immediatamente salire la tensione. Hezbollah ha più volte ammonito Israele dall’approvare una legge di annessione della zona marittima contesa simile a quella che più di 30 anni fa dichiarò il Golan siriano parte del territorio israeliano.

La superiorità militare di Israele è fuori di dubbio ma Hezbollah possiede missili anti-nave Nour, una versione iraniana dei cinesi C-802, e potrebbe essere in possesso anche dei missili russi Yakhont, tra i più avanzati al mondo, in grado di colpire le installazioni petrolifere israeliane. Tel Aviv ha risposto raddoppiando il numero di batterie antimissile Iron Dome che saranno montate su quattro nuove corvette che entreranno in servizio nel 2019.

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