di Chiara Cruciati
Gli ultimi giorni in Siria
sono stati segnati dalla morte. A spargerla sono l’Isis, quasi
dimenticato ma attivissimo, e le faide interne alle opposizioni
islamiste che hanno insanguinato i sobborghi di Damasco.
Ieri nell’estremo oriente siriano, al confine con l’Iraq,
l’Isis ha attaccato rifugiati siriani e iracheni nel campo improvvisato
di Rajm al-Salibi. Da lì stavano tentando di raggiungere zone più sicure
a Rojava. L’attacco, perpetrato da cinque kamikaze che si sono fatti
esplodere nel campo, è la vendetta per l’avanzata delle Forze
Democratiche Siriane su Raqqa, “capitale” del sedicente califfato.
Decine i feriti, almeno 37 i morti, per lo più donne e bambini. La
vittima più piccola aveva solo tre mesi di vita. Una fonte dell’esercito
iracheno citata dalla Bbc e lo stesso parlamento di Baghdad riportano anche di decine di civili rapiti dai miliziani.
Proprio ieri le Sdf avevano annunciato la ripresa di Tabqa,
strategica località 40 chilometri a ovest di Raqqa lungo il fiume
Eufrate, ripulita dalla presenza dell’Isis dopo due settimane di
scontri. Migliaia di civili intrappolati nella comunità araba a
maggioranza sciita sono stati portati in zone sicure.
Per l’Isis un colpo duro: dopo aver perso la base militare e
la diga di Tabqa, vede avvicinarsi le Sdf alla propria “capitale” e
tagliarla definitivamente fuori dalle vie di comunicazione tra Deir
Ezzor e il resto della Siria, ma anche tra le enclavi islamiste e il
confine settentrionale con la Turchia, da cui buona parte di armamenti e nuove reclute sono transitate per anni.
Nel fine settimana, invece, è stata Ghouta est a fare da palcoscenico
alla brutale violenza islamista. Niente Isis stavolta, ma Jaysh
al-Islam (gruppo salafita invitato a Ginevra, nonostante posizioni
vicine a quelle qaedista) e Hayat Tahrir al-Sham, federazione nata a
gennaio su iniziativa dell’ex Fronte al-Nusra, ribattezzatosi Fatah
al-Sham dopo l’uscita – tutta mediatica – da al Qaeda.
In cinque giorni di scontri tra le due fazioni rivali almeno 95
persone sono state uccise, a seguito del tentativo di Jaysh al-Islam di
cacciare da Ghouta est Fatah al-Sham. Una storia che si ripete:
già un anno fa faide interne alle opposizioni si erano
lasciate dietro 300 vittime. Lunedì la popolazione, allo stremo da anni,
è scesa in piazza per chiedere la fine degli scontri.
La risposta è stata brutale: in un video si vedono giovani e
uomini marciare per le strade dell’affollato sobborgo (400mila abitanti)
e le opposizioni aprire il fuoco su di loro, costringendoli alla fuga. Nel
mirino anche Medici Senza Frontiere: l’ong ha sospeso le attività a
Ghouta est dopo che l’ospedale Hazzeh è stato oggetto di colpi di arma
da fuoco, del furto di un’ambulanza e di raid di 30 miliziani a volto
coperto alla ricerca di feriti rivali da catturare.
È in questo contesto di guerra permanente che oggi parte un
nuovo round negoziale ad Astana, sponsorizzato da Russia, Iran e
Turchia. Sullo sfondo le aperte contraddizioni tra i tre paesi
con Ankara che solo pochi giorni fa ha lanciato un durissimo attacco nel
nord della Siria e promesso di allargare le operazioni all’Iraq.
In Kazakistan ci sarà Jaysh al-Islam, protagonista degli attacchi sui
civili a Ghouta est: il suo leader, Mohammed Alloush, è il capo
delegazione delle opposizioni. Ci saranno anche l’inviato Onu de Mistura
e Stuart Jones in rappresentanza degli Stati Uniti. Ieri Putin ha
parlato di Siria al telefono con Trump, la prima volta dopo i Tomahawk
lanciati su una base siriana il 4 aprile.
Fonte
Nessun commento:
Posta un commento