Aggiornamenti
La novità sostanziale è lo scorporamento di quota 100 e reddito di cittadinanza dalla manovra che diventeranno due disegni di legge collegati al ddl bilancio (la vecchia finanziaria).
In pratica nel ddl bilancio vengono stanziati i fondi per entrambi i provvedimenti (16 miliardi per il 2019) ma non è automatica la loro effettiva applicazione per cui serviranno successivamente dei decreti ad hoc.
Sopratutto però nell’articolo 21 del ddl bilancio è previsto che “le eventuali economie rispetto agli stanziamenti possano essere redistribuite fra i due fondi”.
Cosa vuol dire?
Vuol dire che loro i soldi li hanno stanziati ma se ci dovessero essere problemi, ovvero un impennata dello spread, quei fondi potrebbero essere utilizzati per il contenimento del deficit e quindi addio quota 100 e reddito di cittadinanza.
Con questa modifica il governo spera di evitare la bocciatura da parte di Bruxelles e dei mercati.
È una specie di gioco delle tre carte, una manovra disperata e un po’ patetica di chi si è accorto che la situazione è veramente seria.
Seria perché è iniziato un progressivo rallentamento dell’economia mondiale e già ora, in base all’ultima rilevazione trimestrale dell’istat, in Italia siamo in fase di stagnazione ovvero crescita zero.
Inoltre bisogna tener presente che il deficit del 2,4% è calcolato su una crescita del Pil stimata per il 2019 all’1,5%, valore difficile da raggiungere se si pensa che il 2018 si sta per chiudere al di sotto delle attese arrivando appena allo 0,8%.
Se non si dovesse raggiungere l’1,5% saltano tutti i conti e il deficit salirebbe ulteriormente.
Ma Lega e 5 Stelle stanno lavorando anche su una limatura degli stessi progetti di legge riguardanti quota 100 e reddito di cittadinanza in modo da ridurne i costi e arrivare a fine anno a un deficit del 2% invece che del 2,4%.
In particolare si prospetta rispetto a quota 100 uno slittamento per gli statali che andrebbero in pensione (rappresentano il 40% della platea) di 9 mesi.
A tal proposito di seguito un breve estratto de Il Sole 24 Ore che ben sintetizza la cosa:
«Per “quota l00” il tempo di attesa per gli statali, che coprono il 40% della platea, può allungarsi a 9 mesi, spostando al 2020 una parte di spesa, e anche nel privato i tagli all’assegno imposti dal contributivo e il divieto di cumulo potrebbero dissuadere una parte degli interessati. La spesa, allora, potrebbe attestarsi intorno ai 3 miliardi invece dei 6,7 messi in programma. E anche sul reddito di cittadinanza più lento rispetto all’ambizione targata M5S potrebbe ridurre il conto da 9 a 7 miliardi. Da qui, più che dalla spending timida messa in manovra, potrebbero arrivare risparmi per due decimi di Pil che porterebbero il deficit “effettivo” al 2%»Riflessioni
Dopo 4 anni di crescita, comunque molto debole, ora siamo a zero.
Da tempo le stime si erano deteriorate, e l’iniziale +0,2% trimestrale era stato rivisto a +0,1% ora invece siamo al nulla.
Se le cose restano così, come detto in precedenza, la crescita per il 2018 sarà di appena lo 0,8%.
Di questo non è ovviamente responsabile il governo.
È in atto una robusta frenata nell’attività manifatturiera globale, causata dalle incertezze protezionistiche ma più in generale è evidente che siamo alla fine di un ciclo di crescita mondiale che andava avanti da quasi 10 anni.
La bolla alimentata dalle politiche monetarie espansive sta esplodendo come dimostrano gli andamenti degli indici azionari Usa. Il protezionismo è solo uno strumento che gli Usa vogliono usare per tutelarsi quando la situazione degenererà.
Il governo si trova quindi a fronteggiare una situazione estremamente difficile e le loro soluzioni sono assolutamente inadeguate. L’unica azione anticiclica possibile è far ripartire i consumi privati e aumentare la spesa pubblica (Sanità, scuola, ambiente etc.). Questo però si potrà fare sempre meno attraverso l’aumento del debito, perché sui mercati i tassi sono destinati a crescere, ma solo attraverso una forte redistribuzione della ricchezza per mezzo di una maggiore tassazione progressiva, lotta all’evasione e patrimoniale. Esattamente l’opposto di quanto propongono Lega e 5 Stelle.
Fonte
Le "riflessioni" sono opinabilissime.
Anzitutto il decennio di crescita citato ha riguardato esclusivamente gli indici azionari, mentre l'economia cosiddetta reale, quella da cui chi lavora trae il proprio reddito, è rimasta del tutto al palo, in quando il crack iniziato nel 2007, pur con tutte le sue specificità determinate dallo sviluppo capitalista proprio di questa epoca, è una crisi di sovrapproduzione.
In seconda istanza è fuorviante e ai limiti della fallacia sostenere che per far ripartire i consumi interni si potrebbe utilizzare la leva della redistribuzione fiscale. Stante l'assetto in cui il Paese è inserito, il ripristino di una tassazione progressiva sui differenti soggetti sociali non farebbe ripartire alcun mercato interno, in quanto le risorse "recuperate" finirebbero inevitabilmente per essere indirizzate al pagamento del debito e alla riduzione del deficit di bilancio, con sommo gaudio dei soggetti finanziari che detengono i titoli di stato italiani.
Lo scontro tra borghesia nazionale e transnazionale è esattamente posto su questa linea di faglia.
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