Il governo Conte potrebbe – e dovrebbe – cessare lo scontro frontale con l'Unione Europea e con gli operatori del mercato finanziario. Senza rinunciare a espandere l'economia, il governo potrebbe – e dovrebbe – ridurre il deficit pubblico nella misura dello 0,8% come vogliono la Commissione UE, l'Eurogruppo, la Banca Centrale Europea e i mercati. Il governo Conte ha il diritto e il dovere di fare crescere l'economia nazionale e di abbandonare la politica di assurda austerità imposta dalla Commissione UE e dall'Eurozona che produce solo disoccupazione e povertà. Ma la dura lotta che si è scatenata sul deficit pubblico italiano tra il governo da una parte, e dall'altra la UE, la BCE, la diarchia franco-tedesca e i mercati finanziari, è assolutamente impari: è meglio evitarla. Difficilmente lo stato italiano può vincere questa battaglia in campo aperto, e comunque questo scontro frontale con la grande finanza e le istituzioni europee è troppo costoso. Per fortuna esiste un'alternativa meno rischiosa e più efficace per imprimere una decisa svolta all'economia e fare ripartire lo sviluppo nel rispetto delle (pur assurde) norme stabilite dai Trattati europei e dall'eurozona.
La soluzione esiste: proponiamo una manovra espansiva molto innovativa ma concretamente praticabile ed efficace, che non potrebbe essere giuridicamente contestabile da parte della UE e che sarebbe con ogni probabilità promossa dalla BCE e dai mercati.
Per finanziare il suo programma economico, e più in generale per rivitalizzare l'economia, il governo italiano potrebbe emettere titoli utilizzabili per avere sostanziosi sconti fiscali (non subito, ma al quarto anno dall'emissione). Il governo dovrebbe assegnare questi Titoli di Sconto Fiscale a imprese, famiglie e enti pubblici. Questi titoli coperti dal valore fiscale sarebbero negoziabili e convertibili in euro e quindi ridarebbero immediatamente liquidità al mercato reale, aumenterebbero la domanda aggregata (investimenti, consumi, spesa pubblica) e farebbero subito ripartire la produzione e l'occupazione. I Titoli di Sconto Fiscale non sono la bacchetta magica che risolve tutto ma possono diventare lo strumento necessario per contrastare l'austerità e uscire dalla crisi senza deficit senza infrangere apertamente le regole dell'Eurozona.
Il programma del governo Conte si propone obiettivi di crescita ambiziosi. Per rilanciare l'economia nazionale, il governo punta all'introduzione del reddito cosiddetto di cittadinanza – che in realtà è un reddito per l'avviamento al lavoro da garantire ai poveri e ai disoccupati – all'abolizione della legge Fornero, all'aumento delle pensioni minime, al rilancio degli investimenti pubblici e al taglio delle tasse. Al di là delle possibili e legittime critiche di merito ai provvedimenti previsti dalla Legge Finanziaria, per la prima volta dall'inizio della crisi un governo cerca coraggiosamente di attuare una manovra espansiva senza subordinarsi alle controproducenti politiche di austerità – compressione della spesa pubblica, del welfare, dei salari, privatizzazioni dei beni comuni, ecc. – dettate dalla grande finanza e dalla UE.
Ma le risorse del governo sono insufficienti per alimentare gli investimenti pubblici indispensabili per produrre una svolta all'economia. Anche e soprattutto perché il governo è costretto a sottrarre risorse allo sviluppo nazionale per servire l'elevato debito pubblico pregresso. Per onorare il debito pubblico, il governo Conte è costretto a fare deficit pubblico e a chiedere quindi altri soldi al mercato finanziario – cioè alle banche d'affari nazionali e internazionali, ai fondi di investimento, fondi pensione, assicurazioni, fondi speculativi, ecc –.
Tuttavia non è obbligatorio aumentare il deficit pubblico e quindi chiedere soldi al mercato. Si può percorrere un'altra strada. Con l'emissione di Titoli di Sconto Fiscale il governo creerebbe autonomamente strumenti finanziari quasi-moneta (così si chiamano in gergo i titoli molto liquidi, facilmente convertibili in moneta legale, cioè in euro) senza chiedere nulla agli investitori, cioè senza pagare interessi e spread. Così lo stato italiano potrebbe recuperare una quota decisiva di sovranità monetaria e fiscale pur restando dentro tutte le regole dell'Eurogruppo e della UE.
Inoltre una manovra basata sull'assegnazione diretta dei Titoli di Sconto Fiscale alle famiglie, alle aziende e agli enti pubblici offrirebbe l'enorme vantaggio politico di essere accolta con grande consenso da tutte le parti sociali. Tutti infatti sarebbero felici di ricevere titoli di stato subito convertibili in euro in aggiunta ai loro redditi.
Nel seguito dimostreremo come questi titoli non solo rispettano pienamente tutte le regole formali dell'eurozona, ma soprattutto non aumentano il deficit pubblico, e anzi diminuiscono il rapporto debito/PIL fin dal primo anno. Così i mercati verificherebbero immediatamente che i loro crediti sono al sicuro.
Inoltre mostreremo che i TSF saranno certamente valutati investment grade da parte delle agenzie di rating e quindi la BCE li accetterà come collaterali per l'erogazione di moneta alle banche. L'accettazione dei TSF da parte della BCE e del sistema bancario è essenziale per il successo della manovra: dopo che la BCE e le banche avranno accettato i TSF, anche la UE non farà e non potrà fare alcuna obiezione giuridicamente sostenibile contro la manovra del governo italiano. La UE non potrebbe più minacciare procedure sanzionatorie e multe ingiustificate. E i mercati potranno apprezzare l'immediata diminuzione del rapporto debito/PIL che rappresenta la migliore garanzia per il rimborso dei crediti dovuti agli investitori. Così anche la battaglia dello spread potrebbe cessare.
L'emissione di TSF potrebbe offrire un altro importante beneficio: risolverebbe le tensioni istituzionali tra il Quirinale – propenso a osservare strettamente le regole dettate dall'Eurogruppo e malauguratamente inserite perfino nella Costituzione Italiana – e il governo giallo-verde guidato da Giuseppe Conte, che invece tende a privilegiare l'interesse nazionale su quello dell'eurozona, e tenta di espandere l'economia senza farsi vincolare dalle restrittive prescrizioni europee.
Rilanciando l'economia senza aumentare il debito pubblico lo stato italiano potrà contrastare legittimamente ed efficacemente i possibili ricatti politici ed economici dell'Eurogruppo che, guidato da Francia e Germania, promette ritorsioni se l'Italia non rimarrà dentro gli stretti (e stupidi, per non dire suicidi) parametri dell'eurozona.
Occorre però che il governo sia abbastanza coraggioso, intelligente e determinato da attuare una manovra fortemente innovativa, concreta ed efficace ma fuori dagli schemi tradizionali, e tale da costituire un esempio per tutti i Paesi dell'eurozona ed europei. Questa proposta infatti non riflette solo l'interesse nazionale: l'introduzione nei diversi Paesi europei di questa nuova tipologia di titoli di stato potrebbe rendere più flessibile il sistema dell'euro, rivitalizzare l'economia europea e alla fine ridare forza e credibilità alla moneta unica nei confronti delle altre valute di riserva (dollaro, sterlina, yen, remnimbi).
Questo appello intende illustrare il contesto e il merito della proposta basata sui Titoli di Sconto Fiscale con l'auspicio che il governo la avvii per portare il Paese finalmente fuori dalla attuale grave crisi economica e sociale.
Il contesto italiano ed europeo
La situazione italiana è problematica e convulsa. Il mercato finanziario ha ingaggiato un duro braccio di ferro con il governo giallo-verde guidato dal premier Giuseppe Conte. L'Italia è nella morsa dei mercati mentre l'Unione Europea è in crisi, e la Commissione UE (in scadenza) e l'Eurogruppo intendono applicare rigidamente le regole controproducenti che finora hanno soffocato lo sviluppo dell'economia italiana. In questo scenario il governo Conte rischia molto: non è detto che riesca a far decollare il suo programma di crescita dell'economia nazionale. Secondo due autorevoli economisti, Olivier Blanchard e Jeromin Zettelmeyer, l'aumento dello spread – ovvero del differenziale tra i rendimenti dei titoli di debito pubblico italiani e quelli tedeschi – è destinato a fare fallire la manovra espansiva del governo[1]. Questo provocherebbe però la continuazione dei programmi di contrazione fiscale che hanno impoverito l'Italia e che, tra l'altro, hanno anche aumentato il rapporto debito pubblico/PIL. Continuare con l'austerità sarebbe un disastro.
Il governo avrebbe in teoria tutti i mezzi per realizzare il suo programma: infatti il bilancio della pubblica amministrazione registra un avanzo primario (entrate meno uscite al netto degli interessi) consistente, pari al 2% circa del PIL: ovvero i cittadini pagano in tasse circa 30 miliardi in più di quanto ricevono, cioè di quanto lo stato spende in scuole, ospedali, pensioni, sicurezza, infrastrutture, servizi pubblici, ecc.
Grazie all'avanzo primario di bilancio (che del resto dura ormai da oltre 20 anni), se il governo non dovesse pagare il debito pubblico e i relativi interessi, avrebbe tutti i soldi necessari per finanziare le pensioni, il reddito di cittadinanza, il taglio delle tasse e gli investimenti pubblici. I conti pubblici sono in ordine, e non è vero che gli italiani sprecano soldi come le cicale. La spesa pubblica italiana è nella media UE e non è da tagliare selvaggiamente ma da riqualificare e irrobustire.
L'Italia non ha bisogno di chiedere soldi al mercato finanziario per realizzare il suo programma economico: necessita invece del mercato solamente per reperire i soldi necessari per pagare gli interessi ai suoi creditori. Il risultato è che lo stato riduce le spese per scuole e ospedali, investimenti e pensioni mentre la UE ci impone di fare austerità per “salvare” gli investitori che ci hanno prestato e ci prestano (dietro lauta ricompensa, cioè con alti tassi di interesse) i loro soldi.
Il principale vincolo per il governo, e per lo sviluppo dell'economia italiana, è quindi l'obbligo di pagare l'onere del debito pubblico pregresso in favore degli investitori/creditori. Infatti il surplus primario di bilancio pubblico non basta per pagare gli interessi sul debito. Quindi lo stato italiano ogni anno è costretto a fare deficit – circa 30-40 miliardi all'anno – non per ripagare il suo debito ma solo per pagare gli interessi.
Lo stato italiano è intrappolato in una spirale perversa alimentata dai crescenti tassi di interesse (i più alti in Europa dopo quelli della Grecia) applicati dai giganti della finanza. Occorre quindi spezzare questa spirale se si vuole realizzare una politica di sviluppo e di progresso sociale.
A livello europeo il problema di fondo è che, in base al Trattato di Maastricht, la BCE non può soccorrere gli stati indebitati ma solvibili – come l'Italia – anche se sono colpiti dalla speculazione (ed è anche l'unica banca centrale al mondo che non può farlo). Una moneta non sostenuta dalla Banca Centrale di emissione è strutturalmente fragile, pronta a sciogliersi al primo accenno di crisi monetaria.
Dal momento che gli stati dell'eurozona non hanno lo scudo della BCE, essi costituiscono una facile e ricca preda per la speculazione. Senza una banca centrale prestatrice di ultima istanza gli stati sono in balia dei mercati finanziari[2].
L'aumento degli interessi sul debito pubblico rischia non solo di vanificare gli sforzi del governo Conte per la crescita dell'economia ma anche di mandare il Paese a gambe all'aria. Un fatto è certo: finché lo stato italiano dipenderà esclusivamente dal mercato finanziario e dalla speculazione, l'economia non uscirà dalla crisi. La situazione rimarrà drammaticamente incerta.
Il governo può emettere un titolo quasi-moneta per sviluppare l'economia senza deficit
L'economia italiana non cresce abbastanza e, a dieci anni dall'inizio della crisi cosiddetta dei “subprime”, il PIL non ha ancora raggiunto il livello di dieci anni fa. La malattia più urgente e grave si chiama mancanza di domanda interna. Le risorse sono inutilizzate o sottoutilizzate: il capitale e la forza lavoro sono fermi. La capacità produttiva è ancora forte – come dimostrano i dati positivi dell'export – ma è sottoutilizzata. La disoccupazione è elevata, formalmente intorno al 10% (ma la disoccupazione effettiva è più ampia). Gli investimenti sono scesi del 25% circa, è caduto il reddito medio delle famiglie, la spesa pubblica viene tagliata da anni. In questa situazione è impossibile riprendersi.
In questa situazione, il governo potrebbe creare in piena autonomia, ma sempre nel quadro delle regole dell'eurozona, un nuovo titolo di stato convertibile in euro per ridare liquidità all'economia e finanziare i programmi di espansione della domanda (investimenti privati, consumi, spesa e investimenti pubblici). La disponibilità di moneta è infatti essenziale per il successo di una manovra di sviluppo[3]. Questo è nell'abc della scienza economica.
Da quando siamo entrati nell'eurozona, il monopolio di emissione dell'euro spetta ovviamente alla BCE e la disponibilità di moneta dipende dagli umori dei volatili mercati finanziari. Questo governo non ha (giustamente, nelle condizioni attuali) l'obiettivo di uscire dall'euro perché l'Italexit spaccherebbe il paese e, se avviata, avrebbe un esito molto incerto sia sul piano economico sia su quello geo-politico. Tuttavia, pur rispettando tutti i vincoli dell'eurozona, lo stato potrebbe recuperare una parte decisiva di sovranità monetaria con strumenti perfettamente legali.
Proponiamo che il governo emetta una nuova tipologia di titoli di stato di breve-media scadenza, i Titoli di Sconto Fiscale, TSF. Questi titoli saranno coperti dal loro valore fiscale perché perché offrono il diritto di ridurre i pagamenti dovuti alla pubblica amministrazione – fisco, contributi, tariffe, multe, ecc. – per un ammontare equivalente al loro valore nominale a partire da tre anni dall'emissione.
Per incrementare la domanda aggregata, aumentare i redditi e la competitività e rivitalizzare l'economia, i TSF verranno assegnati direttamente agli enti pubblici, alle famiglie e alle imprese senza corrispettivo e senza debito, ovvero gratuitamente, come un qualsiasi taglio delle tasse. Il consenso sociale rispetto alla manovra TSF sarà altissimo.
I nuovi titoli avranno valore certo e garantito, in quanto utilizzabili per “pagare le tasse”, tuttavia non potranno essere utilizzati a questo scopo nell'anno di emissione per non generare subito un buco fiscale; avranno quindi una maturità differita. I titoli matureranno dopo tre anni dall'emissione, al quarto anno, in modo tale da potere dispiegare esaurientemente le loro potenzialità espansive sul PIL (e quindi auto-ripagarsi).
Il fatto fondamentale è che i TSF non verrebbero messi all'asta per essere acquistati all'ingrosso dai Primary Dealers nel cosiddetto “mercato primario”, come avviene invece oggi per tutti i titoli di stato[4]; così lo stato non chiederebbe nulla al mercato e conseguentemente non aumenterebbe di un centesimo il suo debito con gli investitori finanziari.
I Titoli di Sconto Fiscale assegnati agli enti pubblici, alle famiglie e alle imprese saranno però subito negoziabili tra i soggetti privati e pubblici sul mercato secondario (al dettaglio) e quindi sarebbero immediatamente convertibili in euro, proprio come i Bot e i Btp. In questo senso i titoli fiscali potrebbero fornire subito le risorse necessarie per la svolta dell'economia.
Le banche opereranno come intermediari sul mercato secondario nelle transazioni tra i soggetti privati; eventualmente la Cassa Depositi e Prestiti, o le Poste, o una banca commerciale (come per esempio Intesa Sanpaolo) potranno operare come market maker. Così i titoli si trasformeranno in euro praticamente alla pari, ovvero in maggiore potere d'acquisto per gli assegnatari.
I Titoli di Sconto Fiscale non saranno però rimborsabili in euro e quindi non costituiranno impegno finanziario e debito per lo stato. A livello contabile, secondo i criteri Eurostat, non potrà essere computato allo stato alcun incremento di debito per l'emissione dei TSF[5].
Inoltre è del tutto prevedibile e dimostrabile con (quasi) certezza aritmetica che, dopo tre anni dall'emissione, alla maturazione dei titoli fiscali (cioè quando i TSF potranno essere utilizzati come sgravi fiscali), lo stato – grazie alla forte crescita del PIL reale e nominale indotta dall'incremento della domanda e dall'aumento dell'inflazione – riscuoterà entrate fiscali più che sufficienti a compensare il deficit che ceteris paribus si sarebbe creato con la creazione dei TSF stessi. Basta infatti che l'inflazione aumenti annualmente tra il mezzo punto percentuale e l'1 per cento del PIL, perché il PIL nominale dopo tre anni sia cresciuto in misura tale da coprire il valore iniziale di emissione dei TSF.
In sostanza, è facile dimostrare che alla scadenza i TSF si ripagheranno per effetto del moltiplicatore fiscale e, soprattutto, dell'aumento dell'inflazione legato alla crescita della domanda. Quindi niente aumento del deficit fiscale.
C'è un altro fatto fondamentale da prendere in considerazione: i TSF sono completamente garantiti dal loro valore fiscale: infatti anche se lo stato italiano fallisse e malauguratamente non fosse più in grado di pagare i suoi debiti, i TSF potrebbero ugualmente essere utilizzati per il pagamento delle tasse. I TSF sono allora meno rischiosi dei BTP e otterrebbero certamente una valutazione positiva da parte delle Agenzie di Rating. Sarebbero quindi automaticamente accettati dalla BCE in garanzia per i prestiti alle banche, e verrebbero recepiti positivamente anche dalle banche che utilizzerebbero i TSF come garanzia per ricevere moneta dalla BCE.
L'accettazione dei TSF da parte della BCE costituisce una garanzia decisiva per la diffusione dei TSF: inoltre la forte crescita del PIL che si verificherebbe fin dal primo anno di emissione dei TSF costituirebbe anche la migliore garanzia per i creditori. Gli investitori capiranno che i loro prestiti verranno restituiti integralmente senza più temere il default dello stato italiano, e quindi abbasseranno i rendimenti richiesti per acquistare i titoli di stato. In sostanza è prevedibile che si abbassi lo spread.
La manovra basata sull'emissione dei Titoli di Sconto Fiscale
Entriamo in maggiore dettaglio:
– Le emissioni di TSF potrebbero essere graduate in tre anni e raggiungere complessivamente la quota del 3-4% del PIL. Le emissioni potrebbero partire da un livello pari al 2% circa del PIL, circa 35 miliardi di euro: l'incremento della domanda farà inizialmente crescere il PIL rispetto alle previsioni attuali intorno al 2-3%, fino poi al recupero dell’”output gap” prodotto dalla crisi.
– I TSF vengono assegnati a enti pubblici, famiglie, imprese in base a criteri precisi stabiliti dal Parlamento e dal Governo, ma verranno comunque attribuiti senza corrispettivo e senza debito, ovvero a titolo gratuito. Sarà come se il governo diminuisse le tasse per tutti. Il governo dovrà garantire che l'emissione dei TSF sarà perpetua e non una tantum o temporanea, ai fini di ottimizzare l'efficacia della manovra rassicurando i possessori dei titoli che essa non sarà estemporanea e contingente.
– I Titoli di Sconto Fiscale vengono emessi dallo stato come qualsiasi altro titolo ma – a differenza degli altri titoli pubblici – non "passano" per il mercato primario, NON vengono messi all'asta e quindi non aumentano il debito dello stato verso gli investitori finanziari. Gli investitori non devono sborsare un euro per acquistarli, e quindi su questi titoli per definizione non c'è debito dello stato e non c'è spread.
– I TSF vengono invece assegnati a enti pubblici, famiglie e imprese (in rigoroso ordine alfabetico) senza corrispettivo, come una qualsiasi diminuzione di carico fiscale. Non sono rimborsabili in euro – e quindi lo stato non ha nessun debito in euro – ma danno diritto ad avere sgravi fiscali al quarto anno dall'emissione. In nessun caso sostituiscono la moneta legale, ma costituiscono reddito aggiuntivo e maggiorazione di potere d'acquisto.
– I TSF maturano al quarto anno ma, come qualsiasi altro titolo negoziabile, sul mercato secondario possono essere subito convertiti in euro. Venderà i TSF chi (privati, imprese, enti pubblici) ha bisogno subito di euro da spendere; comprerà (a sconto) chi – imprese e privati liquidi e ben patrimonializzati – vuole ottenere alla scadenza dei TSF sostanziosi sgravi fiscali.
– Sul mercato finanziario i TSF godranno di un tasso di sconto minimo, perché sono utilizzabili anche nel caso estremo di default dello stato italiano. Sono quindi certamente titoli più sicuri e affidabili dei Bot e dei Btp (che ovviamente non vengono ripagati in toto o in parte se lo stato fallisce). E' facile capire che il tasso di sconto dei TSF – che sono strumenti di breve-medio termine interamente coperti dal loro valore fiscale – sarà molto più basso di quello dei Btp e inoltre diminuirà costantemente fino alla maturità del titolo (quarto anno). 100 euro di TSF equivarranno in pratica a 100 euro, o poco di meno.
– Una volta che i TSF verranno convertiti in euro sul mercato secondario dei titoli di stato, nel mercato reale come mezzo di pagamento circoleranno solo gli euro, e non strane e discutibili o illegali monete parallele. Tutte le regole dell'eurozona sono quindi rispettate.
– L'accettazione degli euro è ovviamente universale. I TSF aumenteranno la circolazione monetaria e la domanda aggregata, e, se lo stato condurrà efficacemente la manovra, produrranno una crescita immediata e notevole del PIL.
– In via preliminare e ipotetica, si può suggerire che una quota importante dei TSF (per es. 60%) verrà utilizzata per un Piano del Lavoro finalizzato a creare piena occupazione per realizzare infrastrutture immateriali (ricerca, università, insegnamento, ecc.) e materiali (riassetto idrogeologico, trasporti, reti in fibra ottica, energia verde, risparmio energetico, ecc.) e rafforzare il welfare (pensioni, reddito di inclusione, ecc.).
– Ai cittadini i TSF saranno attribuiti (per es. il 25% delle assegnazioni totali) in proporzione fortemente inversa al reddito, privilegiando ceti sociali disagiati e lavoratori a basso reddito per incentivare i consumi e per ragioni di equità sociale.
– Alle aziende le assegnazioni (15% circa del totale) saranno attribuite principalmente in funzione dei costi di lavoro, per migliorare la loro competitività ed evitare che l’effetto espansivo dei TSF sulla domanda crei un peggioramento dei saldi commerciali esteri (in pratica l'assegnazione dei TSF alle aziende equivarrà a una svalutazione).
– Le stime previsionali relative agli effetti della manovra illustrano chiaramente la sua sostenibilità ed efficacia. Pur applicando dei moltiplicatori assai bassi – anche inferiori a uno (nonostante Blanchard e Daniel Leigh suggeriscano dei moltiplicatori fiscali maggiori di uno in condizioni di forte sottoutilizzo delle risorse produttive, come in Italia)[6] – e pur stimando dei delta dei tassi di inflazione (conseguenti naturalmente al forte aumento della domanda aggregata derivata dall'emissione dei TSF) molto contenuti – cioè inferiori a uno – la forte crescita del PIL nominale che si verificherà nei tre anni prima della maturità dei TSF coprirà con ogni probabilità il deficit fiscale che ceteris paribus si produrrebbe al quarto anno. L'emissione di TSF NON comporta aumento del deficit, ma surplus.
– Le stime sono molto prudenti ma indicano chiaramente che la manovra aumenta la domanda (consumi e investimenti), incrementa significativamente il PIL (e quindi l'occupazione), produce surplus di bilancio pubblico, e alla fine si ripaga grazie all'aumento dei ricavi fiscali.
– I TSF godranno di valutazione investment grade da parte delle agenzie di rating perché, come si è detto sopra, sono pienamente utilizzabili per "pagare le tasse" e mantengono il loro valore anche se lo stato fallisse. Infatti se lo stato fallisce fa ugualmente pagare le tasse. Quindi i TSF sono certamente più affidabili dei Bot e dei Btp. I TSF otterranno un rating maggiore dei Btp.
– Quando ai TSF verrà assegnato un buon rating, la BCE li accetterà automaticamente – secondo le sue regole da sempre utilizzate – come garanzia collaterale per concedere prestiti alle banche.
– In questo contesto anche le banche accetteranno molto volentieri i TSF perché potranno utilizzarli come collaterale (presumibilmente con basso haircut) presso la BCE. La partecipazione delle banche alla manovra è una condizione indispensabile per il successo della stessa. In questo senso la proposta che faccio si differenzia nettamente da tutte le altre sulla cosiddetta "moneta fiscale".
– I mercati prevedibilmente promuoveranno questa manovra. Infatti lo stato non aumenterà il debito pubblico e soprattutto non chiederà agli investitori finanziari di sottoscrivere nuove emissioni, cioè di correre ulteriori rischi. Inoltre i mercati valuteranno positivamente il fatto che i TSF sono accettati dalla BCE e dalle banche, aumentano subito il PIL e riducono fin dal primo anno il rapporto debito pubblico/PIL. I mercati sanno fare bene i conti e valuteranno facilmente che neppure al quarto anno la manovra produrrà un buco fiscale grazie alla crescita del PIL nominale intervenuta nei tre anni precedenti.
– La Commissione UE, al di là delle possibili resistenze iniziali, non potrà obiettare nulla perché i TSF a) non sono moneta e non inficiano in nessun modo il monopolio della BCE sulla moneta legale; b) non generano deficit ma surplus di bilancio pubblico; c) sono uno strumento di riduzione fiscale e sul piano fiscale ogni stato è libero di applicare le sue norme (ovviamente fin quando garantisce l'equilibrio di bilancio).
– Questo progetto implica ovviamente un sostanziale recupero di sovranità da parte degli stati nazionali; ma, se adottato dagli altri paesi dell'eurozona, introdurrebbe l'indispensabile flessibilità delle politiche monetarie nell'area euro. Offre anche l'enorme vantaggio di potere essere essere attuato nel quadro dell'eurozona rafforzando la moneta unica europea di fronte alle altre valute internazionali, come il dollaro, yen, yuan, pound.
Questa proposta di “moneta fiscale” può essere considerata come l'ancora di salvezza non solo dell'economia italiana ma anche di un'eurozona strutturalmente fragile, squilibrata e sempre sull'orlo del precipizio. Se gli stati dell'eurozona non adotteranno sistemi flessibili di monete complementari nazionali analoghi al TSF, l'euro difficilmente sopravviverà perché il sistema della moneta unica per 19 paesi diversi è troppo rigido, e quindi intrinsecamente debole.
Note
[1]
Olivier Blanchard, Jeromin Zettelmeyer “The Italian Budget: A Case of
Contractionary Fiscal Expansion?” Peterson Institute For International
Economics, October 25, 2018
[2] Non a caso, da quando c'è stato il divorzio tra il Tesoro e Bankitalia, l'Italia ha pagato agli investitori tra il 1980 ed il 2014 la bellezza di 3450 miliardi di euro (parametrati al 2014) di interessi, pari a circa due volte il PIL, una cifra di proporzioni enormi. Vedi Scenari economici: Studio Esclusivo: l’Italia ha pagato 3.447 miliardi di interessi dal 1980 (213% del PIL). Gennaio 2015
[3] Enrico Grazzini, Micromega on line “L’Italia e l’euro potrebbero rafforzarsi con l’emissione di Titoli di Sconto Fiscale”; eBook edito da MicroMega: “Per una moneta fiscale gratuita. Come uscire dall'austerità senza spaccare l'euro” a cura di Biagio Bossone, Marco Cattaneo, Enrico Grazzini e Stefano Sylos Labini, con la prefazione di Luciano Gallino.
[4] Lista degli Specialists in Government Bonds approvata dal Ministero Italiano delle Finanze da gennaio 2016- Banca IMI (gruppo Intesasanpaolo); Barclays Bank; BNP Paribas; Citigroup Global Markets; Crédit Agricole Corp. Inv. Bank; Deutsche Bank; Goldman Sachs Int. Bank; HSBC France; ING Bank N.V.; JP Morgan Securities; Merrill Lynch; Monte dei Paschi di Siena Capital Services Banca per le Imprese; Morgan Stanley & Co.; Nomura Int; Royal Bank of Scotland; Société Générale Inv. Banking; UBS; UniCredit.
[5] Il riferimento normativo è il sistema Eurostat 2010, reso operativo con il Regolamento Europeo n. 549/2013. Altro riferimento, che conferma l’orientamento di fondo, è dato dalla nota Eurostat del 29 agosto 2014 dal titolo (in inglese) “Treatment of Deferred Tax Assets (DTAs) and recording of tax credits related to DTAs in ESA 2010”;
[6] Olivier Blanchard and Daniel Leigh “Growth Forecast Errors and Fiscal Multipliers” IMF Working Paper, Research Department, January 2013
(21 novembre 2018)
Fonte
Nessun commento:
Posta un commento