Però, a quanto ci risulta, è la prima volta che il segretario di un partito comunista diffida i suoi ex compagni di strada dall’usare nome e simbolo di un movimento politico più vasto da cui è voluto uscire, con decisione libera, per nulla sollecitata e presa dai suoi massimi organi dirigenti.
La lettera che Maurizio Acerbo ha inviato a Viola Carofalo e Giorgio Cremaschi – “soci” con lui davanti al notaio, prima di marzo, per poter legalmente presentare la lista – sancisce questa non brillante “prima volta”.
Sappiamo benissimo che intorno a simboli e nome di partito ci sono stati, in Italia, (rari) altri litigi molto poco entusiasmanti. C’è il caso del Movimento Sociale Italiano (Msi), quello della Democrazia Cristiana (Dc). E qualche discussioncella scabrosa anche intorno a nome e simbolo del Pci, ai tempi della “svolta” di Occhetto, della nascita del Pds da un lato e di Rifondazione dall’altra.
In tutti quei casi, però, dietro nome e simbolo, c’era “la roba”: conti, sedi, appartamenti (anche a Montecarlo, nel caso di Fini), ecc. Svariati miliardi di lire, insomma, non solo idee, bandiere e valori politici.
Nel caso di Potere al Popolo, invece, non c’è alcun bene materiale da dividere. C’è solo la credibilità politica di un movimento cresciuto a dispetto della non entusiasmante prima prova elettorale e delle “nostalgie” di alcune componenti organizzate, che avevano scambiato questo progetto per l’ennesima – dunque dimenticabile – lista elettorale. Credibilità che valorizza un nome e un logo altrimenti destinato alla subitanea rottamazione, come avvenuto per “Rivoluzione civile”, liste arcobaleno, l’altra Europa per Tsipras (con il leader greco da cancellare dopo il luglio 2015) e altre sigle che non ricordiamo neanche più...
Che questa credibilità possa essere inficiata da una diffida avvocatesca sembra davvero improbabile. Che attivisti, idee, militanti, assemblee, simpatie accumulate in questi primi dodici mesi di vita possano essere dissolti per decreto della magistratura, anche (perlomeno fin quando non si insedierà un junta militar a Palazzo Chigi).
Capiamo che, per chi sogna un nuovo listone elettorale, ci sia il problema di eliminare anche quel poco che i sondaggi continuano ad accreditare a Potere al Popolo (più del doppio del risultato elettorale, comunque, e senza che l’addio del Prc sia stato rilevato dai sensori). Ma di solito il consenso elettorale va conquistato con la forza della propria proposta politica, con la serietà del proprio lavoro nei territori, nel blocco sociale, nella società intera.
Confidare in una sentenza che elimini il problema, non è degno di una forza politica comunista. Ma soprattutto non può funzionare.
Pensare che i consensi alla forza che si vorrebbe eliminare in questo modo possano poi comunque convergere verso chi ha lavorato per eliminarla... è davvero al di là della più sfrenata fantasia.
Anche il “calcolo machiavellico” sottostante questa diffida appare – diciamo così – quantomeno claudicante. La credibilità di Rifondazione come “socio” in altre avventure elettorali ne può uscire forse rafforzata? Chi sarà mai così ingenuo da sottoscrivere con quel partito altri “patti”, con questo precedente alle spalle?
E immaginiamo l’entusiasmo – esageruma nen... – con cui saranno accolti, tra i tanti attivisti sociali, gli iscritti del Prc che andranno in futuro a proporre “un movimento di lavoratrici e lavoratori, di giovani, disoccupati e pensionati, di competenze messe al servizio della comunità, di persone impegnate in associazioni, comitati territoriali, esperienze civiche, di attivisti e militanti, che coinvolga partiti, reti e organizzazioni della sinistra sociale e politica, antiliberista e anticapitalista, comunista, socialista, ambientalista, femminista, laica, pacifista, libertaria, meridionalista”. Ma come lo voglio io – Prc – altrimenti ti faccio causa...
I processi politici reali creano le proprie strutture, i simboli, le icone, gli attivisti e i dirigenti che servono temporaneamente allo scopo. Molta gente li attraversa, con aspettative anche diverse; alcuni se ne separano, molti altri si avvicinano. Se ogni abbandono potesse fermare il convoglio, si resterebbe sempre fermi nella stazione di partenza (fa molto “sinistra”, vero?). Come le molte liste elettorali degli ultimi anni. E Potere al Popolo è stato fin dall’inizio un processo reale, un organismo collettivo che prova a fare quel che dice e rifiuta la logica della “promessa elettorale” scambiata con poltrone o accordicchi rinunciatari, una volta eletti.
E non ci sono simboli gloriosi, bandiere sventolate in mille battaglie, “nomi famosi”, che possano garantire un ruolo politico rilevante quando si smarrisce il filo della Storia, delle trasformazioni sociali, della funzione e del ruolo dell’attività politica.
La storia del comunismo italiano è fatta di tante lotte, di innumerevoli sacrifici individuali e collettivi, di molte carognate e di lotte all’ultimo sangue. Ma tutte, fino ad un certo punto, sotto il segno della grandezza.
E’ quella che sembra ora del tutto assente. Nei percorsi degli ultimi anni e in questa triste iniziativa, al di sotto di ogni critica seria.
Qui di seguito il post di Potere al Popolo che rende pubblica la lettera di Acerbo e la risposta di Viola e Giorgio, oltre all’“originale” spedito dal segretario del Prc.
*****
“Questo Potere al Popolo non s’ha da fare”. Il segretario di Rifondazione ci minaccia
Socializziamo con l’intera comunità di Potere al Popolo quello che sta accadendo in questi giorni. Si tratta di una lettera inviata da Maurizio Acerbo, attuale segretario del PRC, e che non riguarda soltanto i due destinatari a cui è stata inviata, Viola Carofalo e Giorgio Cremaschi.
Riguarda tutte e tutti quelli che hanno a cuore il progetto di Potere al Popolo, e che hanno speso per questo anche solo un’ora di tempo, che profondono nell’orizzonte di Potere al Popolo fiducia e speranze. Riguarda tutte le migliaia di aderenti, perché Potere al Popolo appartiene a tutte e tutti loro. Lo facciamo perché crediamo che il futuro di un movimento, di un’organizzazione a cui tante e tanti, di ogni età, provenienza geografica, hanno contribuito, e in cui storie e culture diverse si sono intrecciate e arricchite vicendevolmente, non sia una faccenda per burocrati o – che squallore! – per i tribunali. Maurizio Acerbo, infatti, ci diffida dall’utilizzo del nome e del simbolo di Potere al Popolo.
Di seguito la nostra risposta, in calce la lettera di Acerbo. Ognuno può farsi l’idea che ritiene opportuna. Sia chiaro, Potere al Popolo non si farà intimidire né fermare.
*****
Caro compagno Acerbo,
ti chiamiamo così anche se per te siamo diventati “signora” e “signore”, abbiamo da te ricevuto una lettera-diffida che preannuncia azioni legali. La rendiamo pubblica, primo perché non abbiamo nulla da nascondere e secondo per marcare le distanze abissali che ci separano da questo tuo modo di agire.
Visto che ci hai convocati come i soci di un’azienda, vogliamo ricordarti e dirti che:
1) Potere al Popolo va avanti e cresce e non saranno quattro persone e un tesoriere, seppure autorevoli, che potranno metterlo in discussione.
2) Il processo democratico che ha portato allo statuto di PaP ha visto la partecipazione di oltre quattromila aderenti. Tu assieme ad altri hai abbandonato tale processo dopo aver partecipato ad esso fino al giorno prima dell’inizio delle votazioni on line, affidate ad una piattaforma scelta e gestita di comune accordo.
Successivamente l’organismo dirigente del PRC ha deciso a maggioranza di abbandonare l’esperienza di Potere al Popolo, giudicandola non più rispondente ai suoi disegni.
3) È davvero singolare che si scelga (legittimamente) di separarsi da una forza di cui si é fatto parte fino ai massimi livelli, e poi (assurdamente) si pretenda che quella forza da cui ci si separa non esista più. Al di là della assoluta inconsistenza formale della pretesa, essa è alquanto azzardata sul piano politico. Tu vorresti che PaP cambiasse il proprio statuto, annullando il voto di migliaia di persone, sulla base delle tue indicazioni. Altrimenti Potere al Popolo dovrebbe rinunciare ad esistere. Sinceramente, non ti pare di esagerare?
4) A differenza della segreteria del PCI che, sulla base delle proprie decisioni congressuali, ha correttamente abbandonato PaP senza mettere in discussione il percorso dell’organizzazione da cui si separava, tu ora minacci di portarci in tribunale se non facciamo, in quattro più il tesoriere, il Potere al Popolo che vuoi tu. Bene, ti rispondiamo subito: vacci in tribunale.
Sai, noi siamo spesso coinvolti nelle aule di giustizia per lotte sociali e politiche, andarci anche per la denuncia aziendalista di un segretario di partito ci preoccupa solo per il ridicolo, senza precedenti nel nostro mondo. Però se di questo ridicolo vuoi proprio coprirti, noi non siamo in grado di impedirtelo.
5) Quanto a vederci il 10 dicembre come ci hai chiesto, siamo naturalmente disponibili ad incontrarci, però rendendo pubblica la riunione con diretta streaming… Sai, non siamo un’azienda…
Fraterni saluti
Viola Carofalo
Giorgio Cremaschi
*****
Gentile Signora Viola Carofalo - Napoli
Egregio Sig. Giorgio Cremaschi - Brescia
Egregio Sig. Francesco Antonini - Roma
E p.c. Sig. Roberto Morea (tesoriere PAP) - Roma
Oggetto: convocazione dell’assemblea dell’associazione “Movimento Politico Potere al Popolo” per il giorno lunedì 10 dicembre alle ore 15 presso la Sala Bianca a Via Flaminia 53 Roma.
Premessa
Il vigente atto costitutivo del “Movimento Politico Potere al Popolo “ (rogato dal Notaio Atlante in data 9 gennaio 2018) prevede all’art. 5 par.4 che l’assemblea possa essere convocata “oltre che per accordo unanime , anche da uno dei soci , con richiesta scritta da fare pervenire almeno 5 (cinque) giorni liberi dalla data di convocazione”.
Allo stato attuale, l’assemblea è composta da: Viola Carofalo, Giorgio Cremaschi, Francesco Antonini, Maurizio Acerbo. Gli stesso soggetti compongono l’organo associativo denominato ‘presidenza’ di cui all’art.7 dello statuto.
Ed, infatti, nell’unica assemblea dell’associazione formalmente valida, tenutasi il 19 luglio 2018, l’assemblea ha ratificato le dimissioni di Mauro Alboresi.
Allo stato attuale, in termini giuridici, l’associazione è, quindi, composta delle suddette quattro persone.
E’ opportuno ricordare che la previsione di cinque soci originari rispondeva ad una precisa logica e ragione, tipica della alleanze plurali, ogni socio, indipendentemente dalle dimensioni, rappresentava un gruppo, un movimento o partito di riferimento.
Per tale ragione Assemblea e Presidenza possono decidere le modifiche statutarie solo con la maggioranza dei 4/5, ai sensi degli art. 5 e 7 dell’atto costitutivo stesso. Tale previsione statutaria non è casuale. Infatti essa indica la volontà dei soci fondatori di non lasciare le decisioni sulle regole statutarie ad una maggioranza semplice, ma di rispettare non solo i diritti delle minoranze, particolarmente importanti quando si tratta di regole relative alla coesistenza, ma anche del carattere ‘federale’ dell’associazione.
Tutti i soci aderenti erano dunque consapevoli, al momento della fondazione, del fatto che modifiche statutarie non potessero essere effettuate con maggioranza semplice.
L’approvazione delle modifiche statutarie, poi, doveva essere approvata tanto dall’assemblea che dalla presidenza, sempre con tale maggioranza qualificata.
Per quanto riguarda gli associati, a norma dell’art. 5, è compito dell’assemblea deliberare sull’ingresso di nuovi soci.
Allo stato attuale, in via formale, nessun nuovo socio è stato approvato dall’assemblea.
Le norme dello statuto sono chiare, le modifiche statutarie hanno un quorum perfettamente determinato, e la coincidenza dei membri dell’assemblea con quelli della presidenza rende il computo ancora più semplice.
E’ appena il caso di ricordare poi che, sempre con maggioranza di 4/5, l’assemblea delibera in merito all’uso del simbolo (art. 5 ultimo paragrafo).
E’ ben noto come siano sorte diversità di vedute in merito alla prosecuzione dell’attività del movimento politico. L’ipotesi di abbandono del modello plurale, per costituire un’associazione di tipo diverso, non ha trovato l’accordo di tutti i soggetti fondatori. Non vi nascondo che molti hanno vissuto questa proposta di modifica come una forzatura.
Ciò che più conta è che oggi, alla luce di quanto accaduto, è opportuno assumere talune decisioni, anche di ordine formale, nella speranza che si possa giungere ad una soluzione condivisa.
Infatti nella modifica statutaria del 19 luglio si afferma che “L’associazione potere al popolo ha inoltre lo scopo di dar vita ad un movimento politico-sociale di alternativa dentro il quale convivono posizioni e culture diverse impegnate nella costruzione di uno spazio e un soggetto unitario. Con il nostro manifesto ci siamo infatti impegnati a costruire “un movimento popolare che lavori per un’alternativa di società ben oltre le elezioni (…) Un movimento di lavoratrici e lavoratori, di giovani, disoccupati e pensionati, di competenze messe al servizio della comunità, di persone impegnate in associazioni, comitati territoriali, esperienze civiche, di attivisti e militanti, che coinvolga partiti, reti e organizzazioni della sinistra sociale e politica, antiliberista e anticapitalista, comunista, socialista, ambientalista, femminista, laica, pacifista, libertaria, meridionalista che in questi anni sono stati all’opposizione e non si sono arresi”;
Riteniamo invece che la modifica statutaria proposta alla approvazione della piattaforma on line configuri un nuovo partito e non un soggetto unitario e plurale.
Per tutto quanto sopra, in ottemperanza ed applicazione dell’art. 5 par.4 dello statuto
convoca
l’assemblea dell’associazione Potere al Popolo, con sede a Roma Via Flaminia 53, per il giorno lunedì 10 dicembre alle ore 15 presso la Sala Bianca a Via Flaminia 53 Roma.
con il seguente ordine del giorno:
1. Deliberazioni inerenti al futuro associativo ed all’uso del nome e simbolo dell’Associazione;
2. Eventuali azioni di tutela avverso soggetti diversi dalla associazione Potere al Popolo che intendessero utilizzarne nome e/o simbolo;
3. Varie ed eventuali
In merito alle deliberazioni le opzioni sono essenzialmente due.
- Procedere con l’attuale statuto PLURALE, ed all’interno delle regole statutarie, trovare quelle eventuali modifiche che fossero largamente condivise.
- Separare le strade. In tale seconda ipotesi, tuttavia, è chiaro che l’esperienza Potere al Popolo va considerata finita, e non sarebbe giusto che alcuna delle sue componenti fondatrici continuasse ad utilizzarne il nome ed il simbolo, come se nulla fosse avvenuto.
L’assemblea è indispensabile per comprendere se vi sia una possibilità di intesa, anche mediatrice, sulle due opzioni.
Un’ulteriore puntualizzazione è d’obbligo. Ove, senza previa intesa, sorgesse una nuova associazione denominata Potere al Popolo è chiaro che dovrebbero essere adottati strumenti giudiziari di tutela della confondibilità. Lo stesso dovrebbe dirsi in caso di modifiche statutarie assunte in violazione del presente statuto. Violazione che sarebbe doppiamente grave se praticata da chi ha sottoscritto lo statuto vigente, e che si è obbligato anche in via negoziale al suo rispetto.
Fermo restando quanto sopra è chiaro che l’auspicio è quello di una intesa e di una soluzione concordata, che permetta di non disperdere il patrimonio politico che l’esperienza di Potere al Popolo ha comunque generato.
Per tali ragioni auspico realmente una vostra presenza all’assemblea sopra convocata. Ovviamente in caso di volontà di partecipare e di impedimenti potrà essere concordata una diversa data o orario.
Maurizio Acerbo
della Presidenza di Potere al Popolo
Fonte
Nessun commento:
Posta un commento