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19/11/2018

Lotte di popolo, tra Vandea e anti-europeismo

E’ inutile stare a sofisticare nel mentre di una mobilitazione popolare contro un governo liberista. Ciò che sta avvenendo in Francia non è altro che il portato di uno scontro più generale tra euro-liberismo e pezzi di popolo impoverito e incattivito. E’ una protesta carsica e ormai strutturale, che di volta in volta prende le sembianze più progressive o più retrive, a seconda dei contesti, del caso, della capacità dei soggetti politici e sociali di rappresentarle. Ma dietro le forme, le contingenze casuali, la sostanza è la medesima: non è lotta di (una) classe, sono lotte di popolo, essenza sociale da cui il “populismo” trae legittimità politica e forza elettorale. Possono trovare rappresentazione in Tsipras o Le Pen, Salvini o Iglesias, Mélenchon e Corbyn o Trump e Di Maio: il cuore è altrove. Chi si ferma alle etichette, alle verniciature giornalistiche, concentrerà la propria attenzione sui rappresentanti di turno: Salvini rappresenta “gli italiani fascisti”, mentre Melenchon “i proletari francesi”. E continuerà a non capire nulla di un mondo in trasformazione, anzi, già completamente trasformato senza che la sinistra se ne sia accorta.

Se l’euro-liberismo è il problema, tutto ciò che contribuisce a combatterlo è una risorsa. Anche qui, bisogna intendersi: non è una risorsa Salvini (i Salvini di tutta Europa), ma quel popolo che si trova ad essere rappresentato anche da Salvini. A patto, ovviamente, di non innamorarsene. A patto di conservare un giudizio di classe sui fenomeni sociali. C’è molto dei “forconi” in questa ribellione francese contro l’aumento della benzina. Non potrebbe essere altrimenti, in una protesta anti-tasse. L’unica differenza è che quel tipo di borghesia in Francia è molto più estesa numericamente e storicamente molto più combattiva. Di conseguenza, le macchiette italiane in Francia si trasformano in problema sociale effettivo. Una sinistra di classe degna di questa funzione non può che stare dentro una mobilitazione del genere, sostenerla, provare a orientarla, perdendo inevitabilmente molti pezzi e provando a organizzare quel che ne rimane. Chi non sta con i gilet jaunes sta con Macron e, si, con la borghesia intellettuale parigina: questione di gusti (di classe). Non c’è una terza via, un’alternativa a questo. Lambiccare sui “né, né” non ha mai portato bene alle sinistre, non funziona in politica. A patto, come detto, di non partire per la tangente. L’errore di chi si entusiasma troppo in conflittualità di questo tipo è quello di procedere subito con l’ingegneria sociale, teorizzando modelli politici ricalcati su fenomeni sociali surdeterminati. Ma eccoci a sofisticare. Come detto, al tempo della lotta alla Ue tutta la società che si trova da questa parte della barricata (molto ideale, non ci sono barricate materiali nell’immediato futuro) è parte della nostra lotta. Non c’è nessuna alleanza sociale soggettiva da rappresentare. C’è, al contrario, una obiettiva convergenza di interessi contro qualcosa. Ecco, questa avversità non sarà molto, ma è tutto quel che abbiamo in questo momento. C’è molta Vandea in proteste di questo tipo, ma non c’è alcun governo rivoluzionario da difendere. L’alternativa è la borghesia intellettuale delle ztl.

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