Il Presidente del Mali Ibrahim Boubacar Keïta (soprannominato IBK), e il suo Primo Ministro, Boubou Cissé, sono stati arrestati nel pomeriggio della giornata di ieri (martedì 18 agosto) nella capitale Bamako da un gruppo di militari, alla cui testa sarebbero il Col. Malick Diaw – vice-capo del campo di Kati – e il Gen. Sadio Camara, come riportato da BBC Afrique e da Jeune Afrique.
La situazione aveva cominciato a preoccupare già dalla mattina, quando alcuni militari hanno fatto irruzione al campo “Soundiata Keïta” di Kati, a 15 chilometri da Bamako, dove c’è una guarnigione militare, una delle più grandi del paese, per sottrarre armi di ogni tipo. Secondo i testimoni, questi militari hanno sparato in aria e poi hanno preso il controllo del campo.
In seguito il commando si è diretto a Bamako, prendendo d’assalto la residenza del Presidente IBK e arrestandolo insieme al Primo Ministro, lì presente. A nulla sono serviti gli “inviti al dialogo” da parte del governo maliano che hanno fatto seguito alle prime notizie su quanto stava accadendo nel campo militare nei pressi della capitale.
Il gruppo si è poi diretto al Ministero della Difesa, per arrestare alcuni ufficiali dell’esercito di alto rango, portati a Kati. Tra gli arrestati anche il nuovo presidente dell’Assemblea nazionale, Moussa Timbiné, e il ministro dell’Economia e delle Finanze, Abdoulaye Daffé.
Gli “ammutinati” dell’esercito controllano non solo il campo di Kati, ma anche le strade che portano a Bamako. Secondo alcune testimonianze, si sono sentiti spari anche al campo della Guardia Nazionale nel centro della città.
Nel pomeriggio, migliaia di persone si sono ritrovate nella Place de l’Independance a Bamako, in un clima di generale incertezza sull’evolversi della situazione, ma per ribadire ancora una volta la richiesta di dimissioni del Presidente IBK e la caduta del suo regime.
Il campo di Kati “Soundiata Keita” è lo stesso luogo in cui si era generato l’ammutinamento del 2012 contro l’allora presidente Amadou Toumani Touré. All’epoca i soldati avevano imbracciato le armi sul posto contro l’incapacità degli alti comandanti di fermare gli attacchi jihadisti nel Nord del Mali.
La rivolta si trasformò in un ammutinamento generale: arrivati a Bamako, i soldati presero il controllo della Office de Radio et Télévision du Mali (ORTM), annunciando un colpo di stato ed indicando Haya Sanogo come uomo forte del nuovo regime.
L’attuale Presidente Ibrahim Boubacar Keïta è stato rieletto per un secondo mandato alle elezioni del 2018, ma c’è una rabbia diffusa per la corruzione, la pessima gestione dell’economia e il peggioramento della situazione della sicurezza interna contro la violenza jihadista, da tempo in aumento.
Lo scorso 10 luglio a Bamako si era tenuta una enorme manifestazione di protesta a seguito delle mobilitazioni iniziate il 5 giugno, giorno che ha dato il nome al composito movimento d’opposizione Mouvement du 5 Juin-Rassemblement des Forces Patriotiques (M5-RFP) che richiede le dimissioni del Presidente IBK.
In una dichiarazione resa pubblica il 13 agosto 2020, il M5-RFP ha espresso il suo rifiuto di incontrare il Presidente IBK durante un incontro predisposto dal mediatore della Comunità Economica degli Stati dell’Africa Occidentale (CEDEAO in francese), Goodluck Jonathan, ex Presidente della Nigeria, per trovare una soluzione alla grave crisi socio-politica che il Mali sta attraversando.
“Il M5-RFP non può entrare in alcuna discussione logica con il signor Ibrahim Boubacar Keïta fintanto che i suoi militanti sono soggetti alla caccia all’uomo da parte delle forze repressive del regime, a condanne sommarie e a pesanti pene detentive, rendendoli così dei veri prigionieri politici. Il M5-RFP richiede quindi la loro pura, semplice e definitiva liberazione”, si legge nella dichiarazione sottoscritta anche da Cheick Oumar Sissoko, membro del comitato strategico del M5-RFP ed ex ministro.
Il presidente francese Emmanuel Macron è stato uno dei primi ad intervenire pubblicamente su quanto accaduto nella giornata di ieri in Mali, affermando che “segue da vicino la situazione e condanna il tentativo di ammutinamento in corso”.
Preoccupati anche gli Stati Uniti che hanno sottolineato, attraverso il loro emissario per il Sahel, Peter Pham, di opporsi a qualsiasi cambiamento di governo al di fuori del quadro giuridico, “sia da parte di chi è in strada sia delle forze di difesa e di sicurezza”.
La CEDEAO ha “condannato con forza l’attuale tentativo di colpo di Stato e adotterà tutte le misure e le azioni necessarie per ripristinare l’ordine costituzionale”. Il presidente della Commissione dell’Unione Africana (UA), Moussa Faki Mahamat, ha “fermamente” condannato l’arresto del presidente maliano, del Primo Ministro e degli altri membri del governo, chiedendone l’immediato rilascio.
Nella serata di ieri è arrivata anche la condanna a nome dell’Unione Europea del “tentativo di colpo di Stato in corso in Mali” da parte di Josep Borrell, alto rappresentante per gli affari esteri e la politica di sicurezza.
Infine, il segretario generale dell’ONU, Antonio Guterres, ha chiesto la “liberazione immediata e incondizionata” del presidente maliano IBK. Il 19 agosto è in programma una riunione d’urgenza del Consiglio di sicurezza dell’ONU sulla crisi in Mali.
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