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21/08/2020

Convivere con il virus. Come?

Gli scenari della pandemia di Covid-19 nei prossimi mesi presentano molte incognite, ma anche qualche certezza che sarà bene non sottovalutare.

In primo luogo le misure di sicurezza elementari vanno adottate e rispettate, sia singolarmente sia collettivamente e qui, chi ha più responsabilità, deve assumersele fino in fondo.

Se è doveroso chiedere ad ogni individuo di indossare la mascherina e usare prudenza nei contatti sociali, è altrettanto doveroso che i meccanismi che regolano flussi e assembramenti siano pensati in modo serio, non occasionale e poi anche disciplinati severamente.

Per esempio. È stato giusto svuotare discoteche e altri eventi estivi in cui non venivano rispettate, o non si poteva farlo, le misure di sicurezza minime. Ma quando vedremo autobus, metropolitane, treni pendolari strapieni di gente che va a lavorare o a scuola, l’ipocrisia del doppio standard diventerà visibile e insopportabile a molti.

È già accaduto nelle prime settimane della pandemia, quando la pressione della Confindustria, per evitare le chiusure nei primi focolai pandemici nella sola Lombardia, ha fatto sì che si accumulassero ritardi criminali fino a decretare la “zona rossa” e la quarantena in tutto il paese. Lasciando però aperte gran parte delle fabbriche a forza di “deroghe” e furbate sui “codici Ateco”.

Isolare davvero e soltanto i primi focolai, come fatto in Cina sarebbe stato forse sgradito a Confindustria, ma sicuramente più efficace. Anche sul piano economico, con perdite più limitate.

In secondo luogo, tutti i dati e soprattutto le loro tendenze, ci dicono che il Covid-19 sarà ancora tra noi a lungo e in modo diffuso. I virus hanno questa caratteristica e non cessano la loro azione per decreto, ma solo quando si trovano finalmente vaccini efficaci e a disposizione di tutta la popolazione.

Dovremo quindi attrezzarci davvero per “convivere con il virus”. Ma in questo caso delle due l’una:

– o si accetta la logica suicida/omicida dell’effetto gregge “per via naturale”, teorizzato dai Johnson, Trump, Bolsonaro (si ammalano o periscono i più deboli perché i costi della salute collettiva sono considerati “uno spreco”);

– o si rimette in primo piano la salute pubblica, subordinando a questa l’economia e la vita sociale. Ossia riorganizzando tutto con quest’altra logica.

Chi minimizza o ridicolizza il virus Covid-19 fa seri danni a tutta la collettività, dunque a ciascuno di noi, oltre che a se stesso. Non ci sono infatti solo i casi letali, ci sono anche le conseguenze sugli organismi umani che sopravvivono e, da quanto risulta, sono spesso piuttosto pesanti.

In tal senso diventa inaccettabile e insopportabile la concezione del tutto individualista che pensa solo se stesso.

C’è chi minimizza enfatizzando il fatto che, fortunatamente, molti contagiati sono asintomatici, traendone la conclusione che “allora non sono malati”. In medicina si dice invece che sono portatori sani.

Essere un portatore sano e dunque individualmente immune è comunque un problema collettivo. Ovvero di tutti noi.

È bene ricordare che viene definito portatore sano un individuo contaminato da un agente patogeno o portatore di una malattia genetica recessiva, ma di cui lui non manifesta i sintomi e magari ne è totalmente inconsapevole. Benché dunque lui non sia “malato”, il portatore sano può trasmetterla ad altri, se infettiva, o ai discendenti, se genetica.

È evidente che l’infezione da virus può essere trasmessa in qualsiasi luogo dove ci “si ammassa”; in discoteca come su un autobus o sul posto di lavoro. Ritenere che sia un problema solo la prima è una ipocrisia inaccettabile. Ma soprattutto un falso dettato da precisi interessi economici.

Dunque ci sono responsabilità individuali e collettive nell’affrontare questa seconda fase della pandemia.

Se nei prossimi mesi si presenteranno emergenze e focolai sarà doveroso intervenire per isolarli rapidamente, sia che si manifestino in una scuola o una fabbrica o un magazzino della logistica.

Il chiagne e fotti di imprenditori e furbetti del fatturato non è più accettabile. Perché ha conseguenze su tutti noi.

Fino a quando non ci sarà un vaccino in quantità sufficienti per tutti, dovremo convivere con il Covid-19 e dovremo farlo al meglio delle possibilità di una società consapevole della propria dimensione collettiva e individuale, rovesciandone dunque la priorità. Che non può più essere il profitto di pochi.

Un sistema economico/sociale fondato sull’individualismo, come quello occidentale e capitalista, si è dimostrato quello meno capace di affrontare questa sfida.

Sistemi diversi da questo, non solo hanno dimostrato la loro dimensione “disciplinare”, ma anche un maggiore senso della collettività e, se volete, della razionalità necessaria per fare fronte alle emergenze dell’umanità.

Le scene dalla discoteca-piscina di Wuhan – di Wuhan! – non sono perciò una “manifestazione di irresponsabilità” come quelle del Billionaire o del Twinga.

Sono la meritata festa dopo una faticosa vittoria collettiva.

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