Il contesto dell’aggressione sarebbe inquadrato nel caos che la pandemia avrebbe causato nel paese, in maniera che “per ragioni umanitarie” fosse necessario invadere la nazione bolivariana prima delle prossime elezioni presidenziali negli Stati Uniti, con l’appoggio di Colombia, Guyana e Brasile.
La crisi economica interna, il debilitato potere d’acquisto della popolazione lavoratrice causato dalla speculazione nel commercio di beni e servizi, le difficoltà che esistono per l’accesso ad alimenti e medicine nell’interno del paese, specialmente nelle zone di frontiera, appaiono come una debolezza che potrebbe essere sfruttata da Washington. La resilienza, invece, è il punto di forza del popolo, che malgrado qualsiasi cospirazione crea e ricrea la sua vita.
Segnali di un’aggressione
Segnale 1: circondare la Russia
Con lo stesso format utilizzato in Venezuela, il Pentagono e il suo braccio europeo armato, la NATO, sviluppano una strategia di destabilizzazione in Bielorussia, utilizzando il contesto delle recenti elezioni presidenziali. L’obiettivo è mantenere la Russia concentrata su questo lato della mappa planetaria, in modo che non possa sviluppare un appoggio operativo a sostegno del paese sudamericano, di fronte a una possibile aggressione. I recenti eventi accaduti in Libano, le permanenti provocazioni in Siria e il fatto che Israele mantenga calda la zona del Medio Oriente, spingono la strategia verso questa direzione. Un approccio con le mani legate.
Segnale 2: blackout Informativo
Da due anni si è andato intensificando l’assedio mediatico contro il Venezuela. Da un lato, i cartelli corporativi di diffusione per mezzo di operazioni psicologiche con notizie false hanno attizzato il malessere sociale nel paese caraibico, ma hanno pure mantenuto il tema ‘Venezuela’, nell’agenda dei paesi occidentali.
Ovviamente, ora, si cerca di evitare che si conosca la realtà del paese e che tutto quello che succeda nei prossimi giorni possa essere visto solo attraverso le piattaforme e i canali scelti dai destabilizzatori. Solo così si capisce l’attacco durissimo contro Telesur; il fatto che Directv, principale piattaforma di televisione satellitare smettesse di operare nel paese e che recentemente riprendesse l’operatività nel paese dalle mani di un’altra compagnia, questo sì, senza RT, nè HispanTV nella sua griglia di programmazione.
Bisogna aggiungere pure che Twitter ha bloccato account di seguaci del chavismo e pure di alti rappresentanti del Governo. Anche Youtube si è unita al blocco e chiude tre account dello Stato venezuelano nella sua piattaforma.
Segnale 3: l’opposizione radicale torna ad attivarsi
Se c’è qualcosa che può servire come potente mezzo di coesione dei fattori politici che sono contrari al Governo bolivariano, questa è la prossimità di un’aggressione militare. Il 19 Agosto, Juan Guaidó è ricomparso davanti all’opinione pubblica per esporre quella che chiama la strada unitaria che cerca: “Denunciare, rifiutare e disconoscere la frode parlamentare.
Convocare il paese ad esprimere la sua vera volontà attraverso un meccanismo nazionale e internazionale di partecipazione di massa cittadina.
Attivare un’agenda d’azione e mobilitazione nazionale e internazionale per ottenere l’intervento necessario della forza armata, della comunità internazionale e di ciascuno dei nostri alleati”.
Questo si traduce in: ostacolare lo svolgimento delle elezioni parlamentari, organizzare un plebiscito per portare avanti la formazione di un Governo di transizione, e ovviamente, provocare rivolte violente affinché la comunità internazionale abbia la sua maidán caraibica e possa attivare i propri eserciti di occupazione.
Segnale 4: il casus belli di Iván Duque
La Colombia, quel paese che è stato denunciato da organismi internazionali come il principale produttore ed esportatore di cocaina del mondo, e dove l’Osservatorio di Memoria e Conflitto ha registrato che, ad oggi, sono morte più di 262.197 persone nella sua guerra interna, per bocca del suo presidente, Iván Duque, ha annunciato quanto segue: “Abbiamo informazioni d’intelligence che la Guardia Venezuelana sta triangolando armamento verso strutture irregolari alla frontiera“, e inoltre dice che ci sono “informazioni di organismi d’intelligence internazionali che assicurano che Nicolás Maduro vuole comprare missili di media e lunga gittata dall’Iran“.
Il ministro della Difesa venezuelano, Vladimir Padrino López, ha risposto a queste dichiarazioni affermando che si tratta di un altro “falso positivo” per sviare l’attenzione dai massacri quotidiani di leader contadini che hanno luogo in quel paese e gettare le basi per una guerra nella regione.
Segnale 5: la scomparsa di Carlos Lanz
Un ex guerrigliero che è diventato uno dei teorici più importanti della guerra non convenzionale e della strategia di proxy war o guerra sussidiaria contro il Venezuela, è scomparso sulla porta della propria casa oltre dieci giorni fa. Le autorità venezuelane, e pure il movimento popolare hanno alzato le voci per denunciare quello che si comincia a denominare “un sequestro forzato” che deve essere investigato.
Carlos Lanz ha denunciato in maniera veemente che l’ipotesi di aggressione più probabile contro la nazione bolivariana verrà dalla Colombia ed avrà in quelli che lui chiama gruppi senza appartenenza o mercenari la sue principali braccia esecutive.
“Poca attenzione si è prestata all’asse Cúcuta-Catatumbo, eccetto nella caratterizzazione tradizionale delle attività criminose che lì hanno luogo. Ciò nonostante, l’impiego di questo corridoio strategico sarà vitale per lo sviluppo della guerra sussidiaria contro il Venezuela”, ha detto Lanz in una intervista concessa a Sputnik.
Segnale 6: usare il COVID-19 come alleato
In aprile di quest’anno, María Zajárova, portavoce del Ministero degli Esteri della Russia, denunciava che Washington e “certi gruppi politici di alcuni paesi”, avrebbero utilizzato la situazione epidemiologica del Venezuela per assestare un colpo di Stato definitivo contro il Governo venezuelano.
In questi momenti, con un apparato di Stato impegnato quasi esclusivamente a lottare contro la pandemia e con un sistema ospedaliero con risorse e mezzi limitati a causa del blocco finanziario ed economico imposto contro il paese, il Venezuela si trova in una situazione compromessa che sarà utilizzata dai nemici interni ed esterni.
La priorità in questo caso, per quelli che programmano l’aggressione, è avanzare nei propri obiettivi prima che il vaccino Sputnik V, arrivi al paese sudamericano e inclini la bilancia a favore del popolo venezuelano.
Segnale 7: incentivare il malessere sociale
Il 14 agosto, gli Stati Uniti hanno confiscato oltre 1.118 milioni di barili di combustibile a bordo di quattro petroliere di bandiera straniera (Bella, Bering, Pandi e Luna), che l'Iran avrebbe venduto al Venezuela per supplire alle necessità interne di benzina.
La notizia è stata confermata dal ministro del Petrolio iraniano, Biyán Zangané. Queste operazioni cercano di far sì che l’assedio e l’asfissia contro il paese sudamericano si faccia molto più forte con il trascorrere dei giorni. L’esacerbarsi delle tensioni interne, come si è detto sopra, è parte integrante del percorso unitario proposto da Juan Guaidó.
Segnale 8: il terrorismo e “la sorpresa di ottobre”
Nel 2018, l’ex capo di gabinetto di Barack Obama ed allora sindaco di Chicago, Rahm Emmanuel dichiarava che Donald Trump, vedendosi politicamente assediato potrebbe “ordinare un’azione militare in Venezuela per ottenere vantaggi politici”. Nel gergo politico di quella nazione, si chiama “sorpresa di ottobre” un evento imprevisto che può cambiare le tendenze elettorali in vista delle elezioni. In questo momento, due anni dopo, Trump si gioca non la maggioranza legislativa, ma il suo stesso futuro alla Casa Blanca.
Non è stato un caso che abbia nominato Elliot Abrams per curare i casi di Venezuela e Iran, la strategia per rendere accettabile davanti all’opinione pubblica nordamericana un’azione militare sarà la scusa della “lotta contro il terrorismo”. Proprio così stanno configurando questo nemico invisibile che tanti vantaggi ha dato alle transnazionali petrolifere e delle armi statunitensi.
Pertanto, c’è sempre da temere quando un politico statunitense non sta messo bene nei sondaggi. Al votante medio piace sentirsi come uno che sta salvando il mondo, se la morte e il dolore capitano molto lontano dai suoi giardini e centri commerciali, è chiaro.
Non è un panorama semplice per la nazione bolivariana. Però, anche quando esistono fin troppi indizi per preoccuparsi, nella politica e ancor più nella guerra, 2 + 2 non sempre fa 4. Esistono fattori imponderabili che si muovono di minuto in minuto che possono cambiare le previsione. Bisogna anche ricordare che sulla scacchiera non c’è una sola mano che muove i pezzi. Il Venezuela ha preparato un sistema di dissuasione che, valutato da esperti militari, pone serie difficoltà per qualsiasi avventura militare.
Inoltre, gli Stati Uniti sono in corsa per non perdere la propria egemonia mondiale e, malgrado il Venezuela possa risultare appetibile poiché ha una piattaforma di risorse energetiche che permetterebbe agli USA di prendere nuova aria per riconquistare il controllo planetario, una sconfitta nel ‘Vietnam dei Caraibi’, sarebbe la morte definitiva per l’impero che ha portato più sofferenze alla storia recente dell’umanità.
Approfondimenti:
https://mundo.sputniknews.com/opinion/202008211092506671-senales-de-la-intervencion-militar-que-se-prepara-contra-venezuela/
https://mundo.sputniknews.com/america-latina/202005141091428697-el-respaldo-popular-fake-a-la-incursion-fallida-contra-venezuela/
https://mundo.sputniknews.com/blogs/202006181091791722/
https://twitter.com/i/status/1296537839958712322
https://mundo.sputniknews.com/blogs/202006241091855704/
Fonte
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