di Alessandra Daniele
Fallito
il tentativo di accordo col Movimento 5 Stelle, i candidati alle
elezioni regionali del PD stanno ripiegando sull’appello al voto utile.
In realtà ci sono poche cose in Italia che siano inutili quanto il voto.
La parabola del Movimento 5 Stelle è soltanto l’esempio più recente.
Dopo aver vinto le elezioni promettendo lotta dura all’establishment e
nessuna alleanza coi vecchi partiti, per andare al governo s’è prima
alleato col più vecchio dei partiti italiani, la Lega, e poi col
principale garante dell’establishment, il PD, rimangiandosi quasi tutte
le sue promesse e le sue regole, dalla chiusura e riconversione
ecologica dell’Ilva, al limite del doppio mandato.
Come un virus, il Movimento 5 Stelle muta in continuazione per adattarsi
all’ambiente. E ormai non si sforza neanche più tanto di negarlo.
Non c’è più nessuna coerenza da difendere. Nessuna facciata da mantenere.
Eppure ancora fin troppi italiani lo votano, considerandolo il “meno
peggio”, l’unica possibile alternativa al governo Merdoni –
Salvini/Meloni – benché attualmente le probabilità che Salvini sia
autorizzato a tornare al governo siano vicine allo zero.
La sua funzione è quella di spaventapasseri. Finché sarà capace.
Insieme alle elezioni regionali, a settembre si voterà su una delle rare
promesse grilline mantenute, quel taglio dei parlamentari già tentato
nel 2006 da Berlusconi e nel 2016 da Renzi.
Molti degli italiani che stavolta si preparano ad approvarlo, sperano che
abbia effetto immediato, sognando di poter trascinare via personalmente
i 345 parlamentari urlanti e scalcianti, per scaraventarli fuori dalle
camere.
In realtà la riforma diventerà effettiva soltanto in occasione delle prossime elezioni nazionali.
Dopo che i parlamentari avranno avuto tempo e modo di legiferare per renderla completamente inutile.
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