Sapessi com’è strano
sentirsi vaccinati
a Milano
(dai diari apocrifi di Memo Remigi)
sentirsi vaccinati
a Milano
(dai diari apocrifi di Memo Remigi)
Produciamo più Pil quindi abbiamo diritto a più vaccini: lo sostiene il neo-assessore alla sanità della Lombardia Letizia Moratti. Mi suggerisce un amico che la sua richiesta potrebbe essere in realtà un escamotage per vincere una scommessa.
Qualcuno deve aver detto alla Moratti: scommetto mille euro che non puoi fare nulla peggio di Gallera. Ma lei è una tipa tosta e ha vinto la scommessa.
D’altronde è sempre stata lungimirante fin da quando riempiva di soldi Muccioli e San Patrignano; annullò da sindaco di Milano una mostra su Arte e Omosessualità; spese 10 milioni di euro per poi perdere la campagna elettorale contro Pisapia; accusò falsamente proprio Pisapia di aver rubato una macchina da giovane; costrinse la Corte dei Conti a richiedere 350 mila euro al Comune di Milano per lo scandalo delle consulenze d’oro da lei erogate; fu condannata a risarcire 600 mila euro sempre al Comune per le perdite causate all’ente quando era sindaca.
Inquadrato il personaggio Moratti dobbiamo aggiungere che è ricca. Molto ricca. Non a caso è un simbolo di una regione “ricca” e produttiva come la Lombardia, dove è nato il fenomeno Lega basato esattamente sul principio espresso ieri dalla Moratti nella richiesta dei vaccini: noi produciamo e paghiamo le tasse per tutta Italia, anche per quei decerebrati, sfaticati, straccioni e ladruncoli di meridionali che mangiano alle nostre spalle.
I vaccini, dice Moratti – ma prima di lei lo aveva già fatto l’euro-parlamentare leghista Angelo Ciocca a dicembre – vanno ripartiti in base al contributo che la regione dà come motore del Paese. Ciocca, che è meno ricco quindi più schietto della Moratti, completò anche la frase: «se si ammala un lombardo vale di più che se si ammala una persona di un’altra parte d’Italia». Che comprende anche i valdostani e i piemontesi, a conferma che la Lega si è evoluta e non è più razzista soltanto verso i meridionali.
Prima chi produce i soldi: questa è la lista di priorità umana della caritatevole Moratti e di molti altri come lei in Italia.
Ma il concetto espresso in maniera rozza dall’ex sindaca di Milano è l’assunto su cui si basa per intero la società in cui viviamo, lo scandalo in realtà non c’è, fa soltanto impressione sentirlo rivendicare a volto scoperto. Inutile invocare la Costituzione che ci vuole tutti uguali.
Obietta un mio familiare stretto: tu così diventi un hater al contrario, incitando all’odio verso i ricchi e in questo modo diventi stronzo come loro. Gli ho tolto immediatamente la paghetta, è ovvio, ma un fondo di ragione ce l’ha. Odio i ricchi come Folagra di Fantozzi.
Quando i miei figli andavano a elementari e medie l’unico motivo per cui abbiamo discusso ferocemente consisteva nell’uso da parte loro e dei compagni di scuola – senza dolo a quell’età ovviamente – della parola “sfigati” per designare le persone povere o senza magliette, scarpe, capi firmati. E non è che andassero a scuola ai Parioli (quella è zona di Calenda e non ci passiamo mai per non disturbare le forze sane del Paese mentre esaminano i loro estratti conto): il senso comune della parola “sfigati” era diffuso fra genitori e alunni di una qualsiasi scuola cittadina.
Perchè il principio per cui se non sei ricco è giusto che tu sia escluso lo condividono anche i poveri. Persino i molti ladri e rapinatori che ho frequentato nella mia vita concordano che la ricchezza sia un valore sociale da conquistare.
Fondamentale per chiarire la questione un episodio del 2006: durante la campagna elettorale, ultimo scontro televisivo tra Berlusconi e Prodi, l’ex cavaliere denunciò con forza che se avesse vinto il centrosinistra i figli dei poveri avrebbero avuto le stesse possibilità dei figli dei ricchi, uno scandalo incredibile.
Prodi non ci pensò proprio ad affermare nettamente che sì, era proprio così e affanculo quell’1% di popolazione che vive sfruttando il 99%. E anche questo ci racconta tante cose su come il valore della ricchezza sia ritenuto superiore all’accertamento, anche fiscale, di come si sia accumulata quella ricchezza.
Senza scomodare il Vangelo e le crune degli aghi per cui non passeranno nè ricchi nè cammelli (ma soprattutto nemmeno il cazzo di filo per cucire che ci metto almeno un’ora ogni volta a infilare) e senza scomodare Marx o la pretesa dell’uguaglianza, senza scomodare le varie commissioni antimafia regionali e quella nazionale che ci raccontano come la maggior parte delle ricchezze vengano accumulate... si può affermare senza timore di smentita che l’etica della ricchezza individuale è antisociale e comporta discriminazione.
Come spiegato molte volte in questi giorni la beneficenza è un’altra cosa, non c’entra niente con un Welfare basato su una ricchezza collettiva. Che alcuni ricchi diano i soldi per iniziative umanitarie è una cosa buona, ma puzza di senso di colpa senza ricadute sul corpo sociale intero.
Non sto dicendo che tutti i ricchi siano stronzi naturalmente. Penso che soltanto il 99,9% dei ricchi sia stronzo, detesto le generalizzazioni.
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