Come docente ritengo doveroso esprimere piena solidarietà agli studenti del Liceo Kant, vittime di una vergognosa repressione poliziesca nel corso di un’assemblea d’istituto, regolarmente autorizzata dalla Preside, che solo chiedeva di ripristinare nella sua pienezza il diritto costituzionale all’istruzione pubblica, fondamento essenziale di un ordinamento politico democratico, ormai da un intero anno gravemente menomato e dimezzato, almeno per quanto riguarda la scuola statale.
Per comprendere appieno la dinamica dell’incresciosa vicenda di un nutrito drappello di forze di polizia inviate all’interno di un Liceo ad intimidire e malmenare giovani si deve mettere in rilievo che, pochi giorni prima, gli studenti del Kant avevano fatto pubblicare una loro lettera sul “Corriere della Sera” in cui lamentavano la noncuranza e la gestione improvvisata ed approssimativa della scuola pubblica nella crisi pandemica da parte di una classe politica che, pronta a sbraitare contro i cittadini che escono di casa a fare due passi, in mesi e mesi non ha mosso un dito per reperire ed organizzare nuovi spazi per la didattica, rinforzare il sistema dei trasporti nelle ore d’entrata e d’uscita degli studenti, provvedere servizi di refezione (tanto più con bar e ristori interdetti per COVID!) per docenti e studenti (vittime comuni) costretti alla fascia oraria h10 – h16 proprio per l’inadeguatezza dell’edilizia, dei trasporti etc.
Peraltro le stesse critiche sono state espresse nell’appello della “Rete degli studenti medi” ed in quello dei docenti del Dante Alighieri ma, a quanto sembra, parole al vento visto che proprio oggi, 27 gennaio, i Presidi ed i Genitori Democratici hanno protestato poiché il Ministero ha appena confermato per il prossimo anno scolastico 2021-22 i consueti criteri numerici di formazione delle classi, ben sintetizzati dalla formula “classi-pollaio”.
Dunque il Governo, pur proclamando senza tregua l’infuriare della mortifera pandemia, niente ritiene di fare per rendere possibili ai giovani lezioni in presenza in condizioni di sicurezza. Niente investimenti aggiuntivi ma solo provvedimenti restrittivi che costringono alla protrazione “sine die” del DAD.
Ebbene, ciò che trovo particolarmente apprezzabile nella lettera degli studenti del Kant è di aver chiaramente denunciato che l’incuria (per non dire il menefreghismo) attualmente mostrata dai nostri dirigenti politici nella situazione contingente della crisi-COVID va contestualizzata in un generale e perseverante indirizzo governativo, condiviso indifferentemente dal Centrodestra e Centrosinistra (da tempo due facce della stessa medaglia), che ormai da decenni “la relega al secondo o terzo o quarto posto”, dedicandole robusti tagli stile Gelmini ed una percentuale del PIL che pone l’Italia al fanalino di coda di tutti gli Stati UE (idem per l’irrisoria retribuzione dei docenti e la ricerca universitaria).
Di conseguenza, visto il costante ed inamovibile atteggiamento di scarsissima considerazione della scuola pubblica, ben si deve soppesare l’ipotesi che vi sia un deliberato intento politico di far leva sull’emergenza per assestarle il colpo definitivo ed impacchettarla in “formato minore DAD”, infliggendo così l’ultimo robusto “taglio” che spazzerebbe via una volta per tutte l’indubbiamente oneroso problema di un’edilizia scolastica fatiscente, insufficiente (vedi le classi-pollaio) e in gran parte da regolarizzare rispetto alle normative di sicurezza – risparmio cui peraltro si sommerebbe anche quello della consistente riduzione del personale ATA.
Del resto non si può certo dire che la DAD sia apparsa come fulmine a ciel sereno, tutt’uno con l’irruzione del Virus Fatale (fatale per la scuola statale e la democrazia costituzionale).
Di fatto è già a partire dal 2015 che in tutte le scuole è stato via via introdotto al posto del registro cartaceo quello elettronico (sostituzione provvidenziale perchè, quando s’è diffusa la pestifera pandemia, ha reso possibile ai docenti d’effettuare da casa tutte le registrazioni dell’appello, il che sarebbe stato impraticabile col cartaceo), quindi sono stati organizzati corsi obbligatori per istruire i docenti all’uso didattico del computer, poi dispensati loro tablet in comodato e in ultimo sono giunti i “bonus” annuali di Renzi per l’acquisto di hardware o software.
Notiamo che pure attività scolastiche che, per il ridotto numero dei componenti, potrebbero ben continuare a svolgersi in presenza, come i consigli di classe, quelli di dipartimento, gli scrutini ed il ricevimento genitori, sono attualmente comunque relegate in DAD (sebbene l’inviso assembramento riguarderebbe solo il collegio docenti).
In definitiva, visto che non mancano del tutto indizi per sospettare ci si voglia abituare gradualmente alla scuola pubblica in DAD, va indubbiamente approvata la fermezza con cui gli studenti del Kant s’oppongono a tale eventualità scrivendo sul Corriere della Sera: “Vogliamo tornare tra i banchi di scuola, non ci accontentiamo di esser lasciati con uno schermo nelle nostre case” o “Asseriamo fortemente che la DAD non è scuola”.
Riguardo tali recise affermazioni pubblicate dagli studenti del Kant, che evidentemente sono apparse a qualcuno talmente intollerabili e vandaliche da meritare una sana reprimenda poliziesca, faccio appello a tutti i miei colleghi affinché le sottoscrivano appieno, visto che è dottrina assodata nella scienza pedagogica che la scuola non sia solo luogo di ISTRUZIONE ma anche di SOCIALIZZAZIONE.
Del resto basta evocare il concetto di “Paideia”, radice etimologica della stessa scienza dell’educazione (Pedagogia), per sapere che nell’antica Grecia essa era intesa innanzitutto come “educazione alla cittadinanza”, valore magistralmente illustrato da Platone nella “Repubblica”.
È d’uopo citare anche l’analisi condotta da Hegel nell’Etica (articolata nella triade dialettica “Famiglia-Società civile-Stato politico”) secondo cui la famiglia è, sì, la prima agenzia educativa e luogo di formazione del giovane, ma in funzione propedeutica al suo inserimento nella società civile, di cui proprio la scuola è primo passo.
POST SCRIPTUM: Cari studenti del Kant per valutare in tutti i suoi aspetti ed implicazioni il problema del progressivo degrado della scuola pubblica è indispensabile inquadrarlo nel più ampio contesto politico e sociale degli ultimi decenni, specie a partire dalla riforma varata nel 2000 dal ministro dell’istruzione Berlinguer che promosse la scuola privata cattolica ad uno status paritario con la scuola statale.
Vi invierò pertanto a breve una SECONDA PARTE della lettera ove si esamineranno le idee sul ruolo della scuola pubblica ed il suo rapporto con quella privata sostenute dal noto giurista e padre costituente Piero Calamandrei, rapportandole con la situazione attuale. Seguirà una terza parte sul tema da me trattato nell’insegnamento di educaz.civica “Stato d’emergenza e diritti costituzionali”.
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