Ricordate quando tutti dicevano “vabbeh, adesso c’è Trump che è davvero uno stronzo fascista, ma vedrete come cambia tutto quando tornano i democrats e pure l’Unione Europea potrà riprendere a camminare senza la zavorra dei sovranisti suoi amici”?
In effetti non è ancora passato quel tempo, ma ciò che arriva non è affatto un cambio di direzione.
Certo, Repubblica annuncia che gli Usa torneranno negli accordi di Parigi sul clima, anche se dopo aver perso quattro anni probabilmente servirebbe un cambio di politica industriale ed energetica davvero drastica. Di cui non si vede traccia.
Ma lasciamo stare i temi molto complessi – ambiente e clima lo sono davvero molto – e proviamo a vedere questioni più classiche, tipo il rapporto con i paesi “non allineati”, per esempio l’Iran.
Come si sa, gli Usa di Obama e la UE avevano raggiunto un accordo sul nucleare, per cui Teheran si impegnava a non procedere in direzione della costruzione di una bomba atomica, ma poteva sviluppare un proprio programma di nucleare civile, ossia centrali per la produzione di energia. Al centro dell’accordo, il controllo sul livello di arricchimento dell’uranio (per la bomba serve un livello intorno al 90%, mentre per gli altri usi si sta ampiamente al di sotto del 20%).
Trump ha stracciato unilateralmente quel trattato, Israele ha ucciso quello che veniva considerato lo scienziato più importante del programma nucleare iraniano, Mohsen Fakhrizadeh; Teheran ha ripreso il processo di arricchimento dell’uranio oltre il livello (relativamente basso) necessario per i programmi civili.
Bene. Si potrebbe credere – ci si potrebbe illudere – che il rapporto con l’Iran verrà “stravolto” dall’arrivo di Biden, tanto più che i paesi della UE erano stati particolarmente severi nel criticare le scelta di The Donald.
Macché...
Nei giorni scorsi si è già fatto sentire Jean-Yves Le Drian, il ministro degli Esteri francese, paese che partecipa al “sestetto” che controlla il rispetto di quell’accordo. Ma non ha proferito parole di pace...
In un’intervista al Journal du Dimanche, Le Drian ha espresso le sue preoccupazioni per le attività nucleari della Repubblica islamica, chiedendo una reazione immediata: l’Iran è in procinto di acquisire l’arma nucleare ed “è urgente dirgli basta”.
Il ritorno all’accordo del 2015 è auspicato, formalmente, ma il tono è tutt’altro che distensivo. “L’ Iran – lo dico chiaramente – sta per acquisire capacità nucleare”. Non basta: “Ci sono anche le elezioni presidenziali in Iran a metà giugno, è quindi urgente dire agli iraniani che questo è abbastanza e fare in modo che Iran e Stati Uniti tornino all’Accordo di Vienna”.
Secondo Le Drian, “uscendo da questo accordo, l’amministrazione Trump ha scelto la strategia che ha definito di massima pressione sull’Iran. Il risultato è stato che questa strategia ha solo aumentato il rischio e la minaccia. Dobbiamo quindi fermare questo meccanismo”.
Ma “questo non sarà sufficiente: ci vorranno difficili negoziati sulla proliferazione balistica e sulla destabilizzazione dell’Iran sui suoi vicini nella regione. Sono tenuto al segreto quanto ai tempi di calendario di questo dossier, ma è urgente”.
La situazione è effettivamente cambiata, perché Tehran sa perfettamente che Usa e Israele, insieme all’Arabia Saudita e altri Paesi sunniti del Golfo, hanno lavorato in questi anni per preparare un attacco. Ed ha reagito secondo la normale logica diplomatico-militare: cercando alleati e sviluppando armamenti migliori.
Le Guardie della rivoluzione, per esempio, nonostante un anno fa sia stato ucciso dagli Usa il loro leader storico – il generale Qasem Soleimani – hanno testato missili balistici a lungo raggio su due obiettivi nell’Oceano Indiano.
Ma il ministro francese non menziona neanche l’assalto continuo dei propri alleati (Usa e Israele), si preoccupa solo di preparare un nuovo passaggio “duro” nei confronti di Tehran. Che naturalmente non ha molte ragioni per “fidarsi” della parola degli occidentali, visto quel che è successo negli ultimi quattro anni.
Il gioco, al momento, appare chiaro: lungi dall’invertire la rotta rispetto alla gestione Trump, Nato ed Unione Europea pensano di conservare l’approccio “aggressivo” per imporre – casomai – un accordo molto peggiore di quello unilateralmente stracciato. Incuranti del fatto che Tehran, nel frattempo, oltre a organizzarsi di conseguenza ha sviluppato le relazioni con Russia e Cina.
In questo modo, comunque ci si schieri, non si va lontano dalla guerra...
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