17/01/2021
La politica degli appelli inutili. L’ultima dall’Anpi
Puntuali come il mal di denti dopo aver assaggiato il torrone a Natale, i “costruttori unitari” si mobilitano non appena c’è una crisi di governo. Indipendentemente dal governo in questione (basta solo che non sia proprio dichiaratamente fascista).
Ciò che resta dell’Anpi – gloriosa associazione dei partigiani per motivi anagrafici ormai terreno di competizione egemonica tra le varie anime del Pd e zone limitrofe – ha partorito l’ennesimo appello a “salvare l’Italia”.
Sappiamo come funzionano queste iniziative completamente inutili. Qualcuno prende carta e penna e scrive un testo “leggero”, cui nessuno dei previsti interlocutori possa dire “no, è troppo estremo”.
Un testo “inclusivo”, come consiglia sempre il mainstream di centrosinistra, proprio perché comunque lo giri non dice un fico secco, non ha nemici (se non il fascismo, ma più evocato che concretamente identificato).
Un testo “non divisivo”, nonostante i possibili firmatari si prendano a calci sugli zebedei da mane a sera tutti i giorni.
Qualcun altro si attacca al telefono e chiede una firma. Che sarà mai, tanto non è che ci si impegna a fare qualcosa concretamente, no? Dall’altra parte della cornetta (figurativamente, non esistono più quelli in bachelite e rotella numerica) qualcuno propone di cambiare una parola, “ammorbidire” un concetto. Così diventa ancora più “inclusivo” e “condiviso”. E chi propone la variazione può dire ai suoi “l’abbiamo molto migliorato”...
Non manca “la pace nel mondo”, come nelle risposte delle miss ai concorsi di bellezza (nelle parodie, almeno); né la “grande alleanza” che non guarda in faccia nessuno (anche Berlusconi, ormai, non è più il Caimano di una volta...), tra un Razzi e un Mastella o chi capita da quelle parti. Tutto, pur di non andare ad elezioni che peraltro non si potrebbero tenere prima di parecchi mesi, se non un anno tondo.
Se per caso uno dei possibili firmatari non è rintracciabile in tempo utile si mette lo stesso la firma, tanto che vuoi che sia... “mica si prendono impegni, no?”. E infatti sui social, qualcuno del Pci (con la “i”, da non confondere con quello di Rizzo) protesta.
Ecco: questo è quel che prima scompare meglio è per tutti. La politica come giochino di società – la loro società, quelli che vivono dentro e intorno un Parlamento e nelle istituzioni piccole grandi ridotte a occupazione ben retribuita benché inutile – come ammiccamento, senza progetti né visione, tutta tattica quotidiana perché tanto “domani è un altro giorno, facciamo un’altra cosa”.
Stiamo vivendo da un anno la situazione più difficile che questo paese abbia attraversato dal dopoguerra. E non si vede via d’uscita a breve nemmeno dopo l’arrivo dei primi vaccini (non stiamo qui ad elencare i problemi di fornitura, richiamo, organizzazione, ecc). La crisi economica che va maturando sarà probabilmente l’innesco di molti altri problemi sociali, di competizione internazionale, di assalto a ciò che resta della struttura produttiva italiana.
Di tutto questo, i “costruttori unitari” che hanno sfornato questo appello, non sanno che dire. È la “normalità” in cui vivono. O semplicemente ciò che non possono mettere in discussione.
Per esserci, o far finta di esserci, scrivono. E tutti firmano. “Tanto che vuoi che sia, mica prendiamo impegni, no?”
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