Quattro caschi blu delle Nazioni Unite sono stati uccisi e molti altri sono rimasti feriti in un attacco avvenuto sabato alla base Onu della città settentrionale di Aguelhok.
Lo rende noto in un comunicato la Missione delle Nazioni Unite in Mali (Minusma), secondo cui l’attacco è stato effettuato da “terroristi pesantemente armati” ma è stato respinto. “Il bilancio provvisorio è di quattro caschi blu morti e diversi feriti. Sono stati inviati elicotteri sul posto per evacuare i feriti”, si legge nel comunicato.
In precedenza almeno tre militari erano stati uccisi e altri cinque erano rimasti feriti in un altro attacco armato condotto contro un’unità dell’esercito del Mali nella regione orientale di Tinku con l’obiettivo di sequestrare armi e munizioni.
La Francia, ex potenza coloniale della regione, da tempo è presente militarmente nell’area con la missione Barkhane. Per rafforzare questa operazione, è stata varata una missione parallela, la missione Takuba, che coinvolge anche l’Italia, oltre ad altri paesi europei, i cui militari sono sottoposti al comando francese.
L’Italia aveva annunciato fin dal 2020 la partecipazione alla operazione Takuba, Ma i militari italiani solo adesso, fra marzo e aprile 2021 stanno arrivando in Mali, la nazione che vedrà il posizionamento del quartier generale italiano vicino alla frontiera col Burkina Faso. Negli stessi giorni si è assistito ad aumenti degli attacchi dei gruppi jihadisti contro le truppe dell’Onu e quelle locali, mettendo entrambe a dura prova.
Il presidente francese Emmanuel Macròn a novembre 2019 ha lanciato l’idea di una missione militare supplementare, l’Operazione Takuba appunto, concretizzatasi poi dopo il vertice di Pau tra i francesi e i capi di governo dei paesi del G5 Sahel, il 13 gennaio 2020. All’operazione Takuba hanno aderito Estonia, Repubblica Ceca, Belgio, Olanda, Danimarca, Svezia, Portogallo e Italia.
E lo scorso anno Macròn ha chiesto esplicitamente all’Italia di inviare altri soldati nel Sahel.
Il 10 febbraio Parigi ha confermato il proseguimento della missione Barkhane, la cui forza è arrivata complessivamente a 5.100 soldati, con 3 droni, 7 caccia, 22 elicotteri, fino a 10 aerei di trasporto, 290 blindati pesanti, 240 blindati leggeri e 380 mezzi logistici.
Se il Niger vede la presenza militare francese per garantire i giacimenti di uranio gestiti dal colosso AREVA, specialmente nella regione di Agadez, dove è stato inaugurato un nuovo impianto estrattivo a Madaouèla, il Mali, è ricco di miniere d’oro.
Dal 2013 in Mali è presente la forza di Caschi Blu dell’Onu (MINUSMA) insieme alle missioni europee di addestramento dei soldati maliani, EUCAP Sahel Mali ed EUTM Mali. Ma nei combattimenti sono impegnate soprattutto le forze militari francesi dell’Operazione Barkhane, a fianco dell’esercito locale.
E adesso arriva anche il contingente militare italiano. I primi militari delle forze italiane sono partiti il 10 marzo per l’aeroporto nigerino di Niamey, per poi arrivare nella città maliana di Gao già il 12 marzo.
L’Italia, tra l’altro, è già presente da tre anni con un contingente militare in Niger. Il ministro della Difesa Guerrini ha affermato il 19 marzo scorso che “Siamo in Niger dal 2018 e stiamo per realizzare una nostra base logistica in collaborazione con le autorità nigerine. In Mali il primo nucleo di militari è arrivato pochi giorni fa e schiereremo uno squadrone di elicotteri da evacuazione medica. Anche qui però credo che per ottenere risultati ancora più solidi è necessario far convergere gli sforzi attuali verso una visione più sistematica sotto l’egida della Ue”.
L’operazione Takuba nel Sahel, va infatti inquadrata in un contesto di proiezione militare italiana più ampio. Il ministro della Difesa, Lorenzo Guerini, ha chiarito che l’intervento italiano nella missione Takuba va visto nell’ambito di una strategia più ampia e organica con cui l’Italia agisce su quello che ormai può essere definito il fronte Sud avanzato della difesa dell’Europa da instabilità e infiltrazioni: “Non c’è solo il Mali. Dai pattugliamenti antipirateria nel Golfo di Guinea alla missione in Somalia, guardo alle nostre attività in Africa come a un unicum”.
L’Italia dunque si sta infilando pesantemente nelle guerre d’Africa nella totale ignavia del Parlamento e tenendo all’oscuro l’opinione pubblica. Non a caso anche nel 2021 sono aumentati i finanziamenti per le missioni militari all’estero.
La Francia ha già pagato un prezzo pesante in termini di militari rimasti uccisi nelle sue guerre d’Africa, tanto che di recente è montata una ondata di opinione che chiedeva il ritiro dei soldati francesi. Macron ha dovuto faticare sette camice per contenerla e mantenere in piedi l’operazione Barkhane,
Inoltre si comprende chiaramente come la presenza delle truppe francesi, italiane ed “europee” in questa regione abbia due scopi assai poco nobili o collegati alle esigenze di quelle popolazioni: il primo è tenere sotto controllo i giacimenti di materie prime, il secondo è contrastare gli investimenti cinesi in Africa. In Niger ci sono anche i cinesi della Zijing Heuchuang, che hanno infatti iniziato a scavare nelle miniere di uranio.
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