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08/06/2021

Luigino Scricciolo e il fuoco amico dell’emergenza

Luigino Scricciolo avrebbe compiuto 73 anni ieri, il 5 giugno. È morto molto prima purtroppo, nel 2009, dopo venti anni in cui è rimasto imprigionato in un incubo figlio dell’emergenza degli anni ’80 e del fuoco amico di una sinistra troppo vigliacca per riconoscere i danni prodotti. Fu arrestato il 4 febbraio 1982 con accuse gravissime: di essere una spia al soldo dei bulgari, di aver eterodiretto per Sofia il rapimento del generale Dozier, di aver attentato alla vita di Lech Walesa, di aver avuto un ruolo nell’attentato contro papa Giovanni Paolo II.

Luigino era la persona giusta da incastrare al momento giusto, il momento in cui la cosiddetta “sinistra storica”, compreso il Psi che aveva abbandonato le sue posizioni garantiste entrando nell’area di governo, era alla ricerca disperata di un “Grande Vecchio”, ovvero di un personaggio di grande spicco intellettuale proveniente dai gruppi a sinistra del Pci da incolpare per l’ascesa del terrorismo, un altro cattivo maestro. L’unica vera colpa di Luigino fu di aver ospitato da latitante per una notte il cugino Loris, brigatista, e ne fu ripagato, non appena il cugino fu arrestato, con il suo nome dato in pasto agli inquirenti come agente segreto della Bulgaria interessato alla gestione del rapimento del generale della Nato Dozier in quel momento nelle mani delle Brigate Rosse.

Nei primi due anni in carcere Luigino tentò di togliersi la vita prima con una cinta intorno al collo, ma lo salvarono, se così si può dire, poi più lentamente con uno sciopero della fame al termine del quale, dopo aver perso oltre 40 chili, venne ricoverato in condizioni gravissime al Gemelli. Accanto al suo letto continuarono a sedersi i più alti esponenti della lotta al terrorismo ridotta a circo, i magistrati Sica, Priore e Imposimato, accusandolo di essere la grande mente del terrorismo italiano, colui che teneva i rapporti tra Br e Kgb, tra le Br e il terrorismo internazionale.

Purtroppo Luigino non aveva nessuno da denunciare, nessun nome da fare per alleggerire la sua condizione perchè non aveva fatto niente e così rimase agli arresti, anche se tramutati in domiciliari, per altri anni. Luigino Scricciolo, arrestato nel 1982, venne riconosciuto innocente da tutte le accuse nel 2001, più esattamente prosciolto in istruttoria con il vecchio rito, cioè dopo venti anni d’incubo giudiziario e personale, dopo aver perso moglie, affetti, amici, denaro, credibilità personale, la magistratura ritenne che non ci fossero nemmeno le basi per andare a processo. Per molti questo nome è nuovo, Luigino Scricciolo appartiene in pieno alla storia delle ribellioni in Italia tra gli anni '60 e i '70, è stato un dirigente importante della sinistra allora rivoluzionaria.

Cominciò in “Servire il popolo” per poi aderire prima al Pdup e poi ad Avanguardia Operaia e a Democrazia Proletaria, di cui divenne responsabile esteri. Quando Dp decise di non fare una propria componente dentro la Cgil molti sindacalisti si sparsero tra i tre sindacati confederali e Luigino divenne responsabile esteri della Uil di Benvenuto. In quel ruolo diede un contributo fondamentale, durante gli scioperi di Danzica del 1980, che avvenivano contemporaneamente ai blocchi dei cancelli Fiat in Italia contro i licenziamenti, a sdoganare Solidarnosc creando sostegno agli operai polacchi nella sinistra italiana e portando Lech Walesa in Italia. Questo faceva nel momento in cui venne arrestato.

La storia di Luigino Scricciolo è poco conosciuta perché è di grande imbarazzo per tutte le entità che abbandonarono Scricciolo al suo destino senza chiedersi minimamente come fosse possibile che quell’omone buono e saggio che aveva pranzato con Fidel Castro, che aveva organizzato una protesta a L’Avana in favore dei diritti umani dei prigionieri politici cubani creando grossi problemi internazionali a Fidel, che era uno dei più grandi conoscitori della politica nel continente africano, che aveva sostenuto gli esponenti del movimento Charta 77 prima e la resistenza afgana poi, fosse il grande vecchio del terrorismo italiano. Credo sia evidente dalla rabbia trattenuta a stento in queste righe che Luigino Scricciolo fosse un mio grande amico. È colui a cui devo la scelta di fare il giornalista. E come me tanti altri, incoraggiati da una persona che nonostante quello che gli è successo è rimasta generosa e integra, unendo negli ultimi tempi la fede religiosa al suo già conclamato senso di giustizia in terra. Un compagno, un socialista vecchia maniera passato per i movimenti rivoluzionari. Una persona buona rimasta senza giustizia.

Anni fa provai a fondare un’associazione per ricordarlo chiamando a raccolta i suoi amici, quel lungo interminabile elenco a cui inviava le sue comunicazioni via email tutti i giorni. Non so che fine abbia fatto quell’associazione di cui non si è mai sentito parlare in giro. Qualcuno al suo interno evidentemente ebbe timore che si usasse il caso di Luigino per inserirsi nell’allora furiosa polemica di Berlusconi contro i magistrati. Sta di fatto che poco tempo dopo la morte di Luigino, avvenuta nel 2009, mi trovai in un’assemblea dedicata al medioriente e alla posizione italiana nella geopolitica della regione. Era presente anche il giudice Priore, uno dei tre impuniti carnefici di Scricciolo. Siccome Luigino aveva deciso di perdonare tutti e sapevo che a Natale s’inviavano biglietti di auguri con il giudice Priore, al termine del mio intervento comunicai al magistrato che stavamo creando questa associazione per ricordare Luigino e se voleva farne parte, oltretutto aveva anche partecipato alla presentazione del libro che Scricciolo aveva scritto sulla sua esperienza, 20 anni in attesa di giustizia per le edizioni Memori.

Con mia grande sorpresa il magistrato mi disse che sì, umanamente era un caso interessante ma comunque Scricciolo era colpevole. Pensavo di aver capito male ma Priore ribadì che Luigi Scricciolo era colpevole. Insomma ebbi l’idea di una categoria che è la prima a non rispettare le sentenze per cui chiede rispetto quando ne parlano altri. E in quella risposta superficiale e greve, nonostante la stima che si deve a quel magistrato per altre inchieste, c’è per intero la nudità del sistema giudiziario italiano di fronte al terrorismo e alla stagione cosiddetta degli anni di piombo.

L’incapacità di capire chi ha fatto cosa senza essere guidati dalle parole interessate di un pentito, senza sviluppare la capacità di fare autocritica per i metodi e gli scarsi risultati usati. Di questo fuoco amico è rimasto vittima Luigino Scricciolo, del fuoco che proveniva dalle armi dei terroristi e da quello degli emergenzialisti del Pci. L’unica cosa che posso fare adesso per Luigino è continuare a raccontare la sua storia, anche se interessa a pochi, affinché non vada persa. La memoria come ultima difesa non vana alla riscrittura degli anni di piombo.

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