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25/06/2021

Gli sporchi affari di Draghi con Erdogan

Quando un banchiere parla bisogna sempre concentrarsi sulla seconda frase, la prima la si può anche saltare.

“Le concedo un prestito“, prima frase, non vuol dire nulla e il banchiere per primo lo sa. “Alle seguenti condizioni...” La seconda frase, è ciò che conta.

Tutto il linguaggio politico di Draghi è fondato su questo schema, che gli deriva dalla professione, con in più un vantaggio: il coro servile politico e mediatico esalta solo la sua prima frase ed ignora la seconda.

Così ieri Draghi ha solennemente affermato che “lo Stato italiano è laico”, prima frase, ovazioni… Poi ha aggiunto che “vanno rispettati tutti i trattati e i vincoli internazionali, Concordato compreso”; seconda frase quella vera.

E qui silenzio. Tra poco vedremo le conseguenze della seconda frase sul povero disegno di legge Zan.

Conseguenze che ci sono già nei comportamenti concreti di Italia e UE con la Turchia di Erdogan.

Ricordate quando Mario Draghi chiamò il tiranno turco “dittatore”, con l’entusiamo bipartisan del Parlamento? Anche allora il palazzo ignorò la seconda decisiva frase: “ma con lui e con quelli come lui bisogna fare accordi”.

Oggi Draghi, Merkel e la signora senza poltrona, Ursula von der Leyen, hanno deciso assieme di regalare altri otto miliardi di euro (due in più di quelli già elargiti nel passato) a Erdogan, che in cambio, e con i suoi metodi, terrà lontani i migranti dalle frontiere della UE.

Lo stesso sporco affare, giudicato positivo da Draghi e compagnia, verrà proposto ai tagliagole libici e a tutti i governi della costa africana del Mediterraneo. In tempi di liberalizzazione degli appalti questo è un gigantesco subappalto dell’infamia.

E non mi si venga a blaterare sulla difficoltà di trovare alternative, l’alternativa c’è: non farsi dominare dalle seconde frasi dei banchieri e porre le persone prima dei miserabili affari.

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