Mentre si apre tutto, praticamente senza alcun controllo e limite (tutto è demandato alla “responsabilità individuale” di cittadini e imprenditori), mentre i gestori delle discoteche – esattamente come un anno fa – lamentano il ritardo con cui viene sdoganata anche la loro attività ad alto grado di sudorazione, respirazione affannosa e contatto fisico in luoghi perlopiù chiusi, mezzo mondo va ripristinando misure di contenimento della pandemia per la rapida diffusione della “variante Delta” del Covid-19.
L‘Istituto Superiore di Sanità italiano ha avviato una nuova indagine sulla diffusione delle varianti del virus Sasr-Cov-2 in Italia, che dovrebbero confermare un aumento dei casi da variante Delta. Ma per il momento la stretta sui controlli ed il tracciamento proprio di questa mutazione, più temibile poiché ad alta trasmissibilità, avviene sottotraccia. Per non disturbare qualsiasi business.
A livello europeo, per esempio, la cancelliera tedesca Angela Merkel ha annunciato la richiesta di un “approccio coordinato” soprattutto sugli ingressi di viaggiatori provenienti dai Paesi dove le varianti sono più diffuse.
Ad accrescere le preoccupazioni vi è poi anche il ‘caso Finlandia’. Il Ministero della Salute ha infatti trasmesso alle Regioni una nota di allerta, raccomandando di potenziare il sequenziamento e il tracciamento dei contatti, dopo il rilevamento di focolai da variante Delta in ospedali finlandesi.
Le autorità della Finlandia, ha comunicato il ministero, riferiscono di un esteso focolaio di casi con variante Delta che ha colpito 4 strutture ospedaliere del Paese nel mese di maggio per un totale di 98 casi. Il tasso di letalità è stato del 17,3%. Dei 98 casi, 18 operatori sanitari e 42 pazienti avevano ricevuto almeno una dose di vaccino. Analogamente, dei pazienti deceduti, il 70,6% aveva ricevuto almeno una dose (un paziente ne aveva ricevute 2).
In Australia, che tra i primi paesi occidentali aveva dichiarato vittoria sulla pandemia, è stato imposto il confinamento a Sidney. La metropoli più grande del Paese, che ha oltre cinque milioni di abitanti, ha imposto dunque l’uscita di casa ai suoi cittadini solo per motivi essenziali (assistenza, lavoro, istruzione e acquisto di beni alimentari o medicinali), oltre a limitazioni a matrimoni e attività sportive.
In Gran Bretagna, dove oramai la variante Delta del Sars-Cov-2 è predominante, nelle ultime 24 ore sono stati registrati 18.270 contagi, il numero più alto dallo scorso 5 febbraio, e 23 decessi. Anche se l’83% degli adulti ha ricevuto una dose di vaccino e il 61,2% due.
In Spagna si registra un focolaio Covid “di ritorno” con oltre 600 studenti positivi tornati nelle rispettive città dopo una vacanza. I ragazzi proverrebbero da ben sette diverse comunità autonome. L’elemento che li accomuna tutti è quello di essere stati in vacanza alle Baleari, per la precisione nell’isola di Maiorca, nei giorni fra il 12 ed il 20 giugno.
In Russia i nuovi contagi sono stati 21.665, il numero più alto dallo scorso 21 gennaio e i decessi 619. Il vice direttore dell’Istituto Centrale di Ricerca in Epidemiologia, l’accademico delle scienze, Aleksandr Gorelov, ha denunciato che la variante Delta del Sars-Cov-2 sta diventando prevalente. Molti pazienti ora sono giovani e giovanissimi.
In Italia, per ora, a chiedere di mettere in campo azioni in modo deciso è la Fondazione Gimbe alla luce dei risultati del nuovo monitoraggio relativo alla settimana dal 16 al 22 giugno: “Non è accettabile una gestione ‘attendista’ della variante Delta, contro la quale occorre attuare tempestivamente le misure raccomandate dall’Ecdc: potenziare sequenziamento e contact tracing, attuare strategie di screening per chi arriva dall’estero e accelerare la somministrazione della seconda dose negli over 60 e nei fragili“.
Secondo il report del Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie (Ecdc) pubblicato ieri, questa variante è del 40-60% più contagiosa di quella alfa (inglese) e determinerà il 70% delle nuove infezioni entro l’inizio di agosto ed il 90% entro la fine.
Da qui la raccomandazione alle Regioni di applicare con rigore le misure di contenimento e di sequenziare prioritariamente, tra gli altri, i campioni di individui in arrivo da Paesi con alta incidenza di varianti e di soggetti vaccinati che si infettano nonostante lo sviluppo dell’immunità.
In Italia, stando al database internazionale Gisaid, sulla base dei campioni prelevati dal 9 al 23 giugno, su 218 sequenze depositate 71 (32,6%) sono da variante Delta, ma non tutte le Regioni condividono i sequenziamenti in questo database. Un dato più accurato sulla prevalenza della variante Delta in Italia, al 18 maggio la attestava all’1%.
“In assenza di dati affidabili sulla presenza della variante Delta in Italia – puntualizza il presidente Gimbe Nino Cartabellotta – tre sono le ragionevoli certezze: innanzitutto il numero di sequenziamenti effettuati è modesto e eterogeneo a livello regionale; in secondo luogo, il contact tracing non è stato ripreso, nonostante i numeri del contagio lo permettano.
Infine, preoccupa il confronto con quanto sta accadendo nel Regno Unito, dove la variante si diffonde velocemente: in Italia infatti poco più 1 persona su 4 ha completato il ciclo vaccinale (rispetto al 46% nel Regno Unito), mentre il 26,5% della popolazione ha ricevuto solo una dose (rispetto al 17%) e il 46% è totalmente privo di copertura (rispetto al 37%). Percentuali preoccupanti considerando la minore efficacia di una sola dose nei confronti di questa variante“.
Dalla settimana 5-11 maggio a oggi “il numero di persone testate per il Sars-Cov-2 si è progressivamente ridotto del 52,7%, passando da 662.549 a 313.122” e con “rilevanti e ingiustificate differenze regionali“. Segno evidente di un allentamento mentale e organizzativo derivante dalla errata sensazione che “il peggio è passato”.
La Fondazione Gimbe intravede dunque il rischio di una “sottostima dei nuovi casi“.
I dati sono complessivamente ancora in calo. In particolare, nella settimana 16-22 giugno 2021 si registrano i seguenti dati: -36,5% casi di coronavirus (7.262 rispetto a 11.440), -46,2% decessi (221 rispetto a 411), -31,3% di ricoveri con sintomi (2.289 rispetto a 3.333) e -28,2% di terapie intensive Covid (362 rispetto a 504).
Dal picco del 6 aprile a oggi, inoltre, i posti letto occupati in area medica da pazienti Covid sono scesi da 29.337 a 2.289 (-92,2%) e quelli in terapia intensiva da 3.743 a 362 (-90,3%).
Inoltre, da 10 settimane sono in costante calo anche i decessi, che nell’ultima settimana si attestano in media a 32 al giorno rispetto ai 59 della settimana precedente.
“Da 14 settimane consecutive – dichiara Nino Cartabellotta, presidente della Fondazione Gimbe – si registra una discesa dei nuovi casi settimanali. Se la costante riduzione del rapporto positivi/casi testati conferma una ridotta circolazione del virus, la progressiva diminuzione dell’attività di testing sottostima il numero dei nuovi casi e documenta l’insufficiente tracciamento dei contatti, cruciale in questa fase della pandemia“.
Le forniture di vaccini vedono un semestre che chiude a circa -20 milioni di dosi e la campagna vaccinale rallenta nonostante gli oltre 3 milioni di dosi in frigo.
Nell’ultima settimana sono state somministrate 3.751.029 milioni dosi, per la prima volta in calo rispetto alla settimana precedente (-4,5%).
Al 23 giugno risultano consegnate circa 50 milioni di dosi, pari al 66% di quelle previste per il primo semestre 2021. “Rispetto alle forniture stimate rimarrebbero da consegnare entro la fine del secondo trimestre 25,9 milioni di dosi, il 34% di quelle originariamente previste. Anche non considerando quelle di vaccino di CureVac, che non ha superato con successo i test clinici, è certo che non arriveranno 18,6 milioni di dosi entro fine mese“.
Quanto alla copertura, al 23 giugno, il 54% della popolazione, ovvero oltre 32 milioni di cittadini, ha ricevuto almeno una dose di vaccino e il 27,6%, ovvero oltre 16 milioni, ha completato il ciclo vaccinale.
Nella popolazione più a rischio, l’86% degli over 60 ha ricevuto almeno la prima dose, ma il 14%, ovvero quasi 2,5 milioni di over 60, non ne ha ricevuta nessuna e sono forti le differenze regionali.
Ci sono poi oltre 5,4 milioni di over 60 devono ancora completare il ciclo vaccinale, anche se gli ultimi dati mostrano che una singola dose di vaccino (Pfizer o AstraZeneca) riduce la probabilità di malattia del 31% e di ricovero del 75% e tali percentuali salgono rispettivamente al 80% e al 94% con il ciclo completo.
Sommando calo dei test e diffusione della variante Delta, che sembra poter colpire anche una quota rilevante di persone già vaccinate, ce n’è abbastanza per dire che i governi che operano sotto la pressione dei gruppi imprenditoriali hanno molte più probabilità di far resuscitare la pandemia in autunno.
Ma risparmiateci le lacrime di coccodrillo. Vi mettiamo tutto a conto...
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