A Biandrate di Novara, davanti ad un magazzino Lidl, il compagno Adil Belakhdim operaio e sindacalista del Si Cobas padre di due figli, è stato barbaramente assassinato da un camionista crumiro, che lo ha investito col suo mezzo durante lo sciopero. Abdil era in lotta assieme a tutti i lavoratori della logistica, per lo sciopero nazionale proclamato unitariamente, superando consolidate divisioni, dal SiCobas, dalla USB e da tutti i sindacati di base.
La mobilitazione era stata decisa proprio come risposta allo squadrismo criminale che aveva aggredito lavoratori in sciopero davanti ai magazzini FedEx-TNT di Lodi e alla Texprint di Prato.
I lavoratori della logistica, i facchini che fanno funzionare e guadagnare una delle attività oggi più lucrose, la distribuzione capillare delle merci, ovunque si stanno battendo per conquistare condizioni di lavoro e salari dignitosi.
Devono vedersela con un sistema meticoloso e criminale di sfruttamento, organizzato con una catena di appalti e subappalti, che parte dalle grandi multinazionali miliardarie che arriva alle cooperative di caporalato.
Un sistema di sfruttamento brutale e banditesco, che reagisce alle sacrosante rivendicazioni dei lavoratori con la violenza dei licenziamenti, delle persecuzioni e delle liste nere per gli attivisti, con l’aggressione fisica diretta da parte di bande di picchiatori assoldati e anche con l’omicidio, come è avvenuto pochi anni fa con il sindacalista USB Abd el Salam e ora con quello del SiCobas Adil.
Quanto accaduto a Novara non è un incidente, come invece cercheranno di minimizzare il potere ed i mass media, ma la conseguenza di una sempre più diffusa criminalità imprenditoriale che, grazie alle comprensione ed al sostegno del sistema politico, si sente autorizzata a violare ogni regola e diritto pur di conseguire i propri sporchi profitti. Fino all’assassinio.
L’omicidio di Adil si collega a quello di Luana massacrata in fabbrica a Prato, perché erano state eliminate le misure di sicurezza parer farla lavorare di più. Al ragazzo di sedici anni in fin di vita a Brescia perché mandato allo sbaraglio sopra un capannone durante l’alternanza scuola lavoro.
Alle vittime del Mottarone e della ex Ilva, ai lavoratori e ai cittadini le cui vite ogni giorno sono sacrificate nel nome degli affari e del raggiungimento del PIL.
La violenza criminale che colpisce i lavoratori della logistica, in gran parte migranti che subiscono la doppia oppressione del sistema di sfruttamento aziendale e della discriminazione e del razzismo istituzionale, è in realtà la punta emersa di una realtà che oramai coinvolge tutto il mondo del lavoro.
Ovunque dilaga il fascismo aziendale con il quale le imprese impongono ai lavoratori la rinuncia ai più elementari diritti costituzionali. Un operaio è stato licenziato da Arcelor Mittal per aver pubblicato su Facebook l’invito a vedere una fiction televisiva.
Ovunque nei luoghi di lavoro si sopprimono quei diritti umani per i quali l’ipocrisia borghese si commuove in paesi lontani che considera nemici. E quando tutto questo non basta, si uccide.
La criminalità assassina nel padronato italiano dilaga per la complicità del sistema politico e di governo. L’eliminazione dell’articolo 18 e la deregolamentazione di tutti i rapporti di lavoro, l’attacco ai contratti nazionali e la diffusione delle più barbare forme di precarietà autorizzate ed incentivate per legge.
E poi la campagna schiavista di Confindustria e politicanti contro i fannulloni del reddito di cittadinanza che rifiuterebbero di lavorare per paghe da fame. E più in generale” l’impresismo”, ultima degenerazione del liberismo, l’ideologia per cui impresa ed affari debbano essere al centro di tutto.
Chiamano tutto questo “progresso”, ma è il ritorno indietro al capitalismo di due secoli fa ed è così che i padroni si sentono autorizzati a fare tutto ciò che fanno.
A sua volta il governo Draghi continua ed accelera in questo retropercorso devastante, con lo sblocco dei licenziamenti, con ulteriori concessioni agli appalti selvaggi, con altra criminale flessibilità, con la semplificazione e la voluta assenza di controlli ed interventi a tutela delle condizioni e della vita di chi lavora.
Sì, Adil è vittima di un padronato assassino e della complicità con esso del sistema politico e del governo di una Repubblica che non è più fondata su lavoro, ma sullo sfruttamento.
Condividiamo con i familiari e con le compagne del SiCobas il dolore per Adil. E noi che siamo ancora vivi scendiamo in piazza e chiediamo conto dell’assassinio a tutti i responsabili.
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