Anche per i sindacati confederali, fin qui immobili e ciarlieri, comincia una fase complicata, con i loro iscritti che mostrano di non gradire affatto le “ricette” che il governo Draghi – dalle segreterie molto “rispettato” – va preparando.
In particolare lo sblocco dei licenziamenti, preparato dalla fine della cassa integrazione (che parzialmente tutela il reddito dei lavoratori).
Lunedì mattina, a Genova, una manifestazione ha bloccato le vie della città, minacciando di proseguire ad oltranza: “Se non ci sarà la sospensione della cassa confermata dal governo noi non andremo via di qui“.
I segretari di Fim Fiom e Uilm sono stati perciò ricevuti dal prefetto del capoluogo ligure, chiedendo che arrivi la risposta sul ritiro di richiesta della cassa integrazione ordinaria in attesa dell’incontro con il ministro del Lavoro Andrea Orlando.
Incontro che comunque, spiegano le rsu, “non servirà comunque a nulla se non ci saranno passi indietro sul fronte della cassa integrazione. Chiediamo un impegno formale da parte del governo, altrimenti la situazione qui non cambierà”.
Persino il in-tutt’altre-faccende-affaccendato governatore della Regione Liguria, Giovanni Toti, si è sentito in dovere di sentire il ministro dello Sviluppo Economico, il leghista di governo Giancarlo Giorgetti.
A smuovere le acque immobili della politica sono stati in primo luogo i lavoratori ex Ilva, scesi in corteo a Cornigliano fin dalla prima mattina. I manifestanti hanno imboccato via Guido Rossa, bloccandola in entrambe le direzioni nei pressi dello svincolo autostradale.
I manifestanti hanno lasciato passare solo ambulanze e automobili dirette agli ospedali.
Sono stati infatti incendiati alcuni copertoni, al centro della carreggiata. I manifestanti hanno anche mostrato uno striscione con scritto “Adil 1 di noi“, dedicandolo al sindacalista Adil Belakhdim, ucciso venerdì a Biandrate, nel Novarese, nel corso di un picchetto per lo sciopero nazionale della logistica.
Una prova diretta che “l’interesse generale di classe” sta riprendendo piede rispetto alle divisioni organizzative, anche laddove i sindacati “complici” s’erano dati più da fare per seminare differenziazioni fondate sul localismo o le appartenenze sindacali.
Immancabilmente, il destrorso governatore ligure finge di interessarsi della vicenda pretendendo – in cambio – la fine delle proteste. Garantisce che Giancarlo Giorgetti avrebbe detto (a lui, ma non ai lavoratori e neanche ai sindacati) che ha “la volontà del Governo di procedere con tutti gli investimenti necessari a salvaguardare e rilanciare la filiera nazionale dell’acciaio“.
Tutto fumo per concludere, nella sua nota, che “Pur comprendendo la stanchezza dei lavoratori per il perdurare del lungo periodo di incertezza auspico che cessino le azioni di protesta in corso, che stanno arrecando grave danno a cittadini e imprese di una città, Genova, e di una Regione, la Liguria, già duramente provata dalla pandemia e dalla conseguente crisi”.
Tutt’altre le intenzioni dei lavoratori, però. “Vogliamo essenzialmente mandare un messaggio al Governo che continua a farsi gli affari suoi – ha detto il coordinatore Rsu Armando Palombo – hanno chiesto la cassa integrazione per crisi di mercato quando tutti sanno che oggi l’acciaio non vede crisi, sappiamo che il governo è anche azionista ed è da troppo tempo silenzioso. Ci dicono che sia una dialettica tra poteri, si aspetta la sentenza, ma noi con queste iniziative andremo avanti ad oltranza per dire al governo che deve svegliarsi.
Non possiamo più aspettare, in assemblea abbiamo deciso di attuare questa forma di protesta, oggi sciopero di 24 ore con blocco della Guido Rossa, domani pure. Ci fermeremo solo il giorno San Giovanni, per rispetto alla città, ma torneremo a lavorare e venerdì se non avremo avuto ancora risposte andremo in prefettura, ma non ci andremo col cappello in mano, ma con i caschi”.
E siccome conoscono bene la situazione del mercato, i lavoratori sono in grado di confutare le cazzate seminate da governo, Confindustria e partiti: “La crisi di mercato non c’è, il settore dell’acciaio si sta riavviando e ci sono forti richieste soprattutto delle lavorazioni che si fanno a Cornigliano, lavorazioni importanti che vanno rilanciate perché sono a quote di mercato inferiori a quelle richieste. C’è una grande potenzialità inespressa da parte della fabbrica ma c’è bisogno di serietà e di scelte finalmente definitive da parte del governo“, ha detto persino Igor Magni, segretario generale della Cgil di Genova.
“La richiesta è semplice – spiega Bruno Manganaro, ex segretario Fiom Genova – il governo sospenda con effetto immediato la richiesta di cassa integrazione e ci convochi nei prossimi giorni per discutere. Questa è l’unica condizione per fermare la protesta, altrimenti dal prefetto ci andiamo, ma solo per rispetto“.
L’ultimo incontro con la direzione aziendale, che proponeva altre 13 settimane di cassa integrazione, è infatti finito con una rottura.
E in piazza, Stefano Bonazzi, segretario di Fiom Genova, ha dovuto esprimere l’orientamento maggioritario tra gli operai: “Il governo ha il 50% del potere decisionale in Acciaierie d’Italia, non può continuare a non prendere posizione. Se non lo farà il governo, lo faremo noi, perché i lavoratori sono stanchi di pagare per scelte operate altrove”.
Il 30 giugno è vicino. La fine della pace sociale da pandemia e cloroformio sindacale, sta già avvenendo.
In particolare lo sblocco dei licenziamenti, preparato dalla fine della cassa integrazione (che parzialmente tutela il reddito dei lavoratori).
Lunedì mattina, a Genova, una manifestazione ha bloccato le vie della città, minacciando di proseguire ad oltranza: “Se non ci sarà la sospensione della cassa confermata dal governo noi non andremo via di qui“.
I segretari di Fim Fiom e Uilm sono stati perciò ricevuti dal prefetto del capoluogo ligure, chiedendo che arrivi la risposta sul ritiro di richiesta della cassa integrazione ordinaria in attesa dell’incontro con il ministro del Lavoro Andrea Orlando.
Incontro che comunque, spiegano le rsu, “non servirà comunque a nulla se non ci saranno passi indietro sul fronte della cassa integrazione. Chiediamo un impegno formale da parte del governo, altrimenti la situazione qui non cambierà”.
Persino il in-tutt’altre-faccende-affaccendato governatore della Regione Liguria, Giovanni Toti, si è sentito in dovere di sentire il ministro dello Sviluppo Economico, il leghista di governo Giancarlo Giorgetti.
A smuovere le acque immobili della politica sono stati in primo luogo i lavoratori ex Ilva, scesi in corteo a Cornigliano fin dalla prima mattina. I manifestanti hanno imboccato via Guido Rossa, bloccandola in entrambe le direzioni nei pressi dello svincolo autostradale.
I manifestanti hanno lasciato passare solo ambulanze e automobili dirette agli ospedali.
Sono stati infatti incendiati alcuni copertoni, al centro della carreggiata. I manifestanti hanno anche mostrato uno striscione con scritto “Adil 1 di noi“, dedicandolo al sindacalista Adil Belakhdim, ucciso venerdì a Biandrate, nel Novarese, nel corso di un picchetto per lo sciopero nazionale della logistica.
Una prova diretta che “l’interesse generale di classe” sta riprendendo piede rispetto alle divisioni organizzative, anche laddove i sindacati “complici” s’erano dati più da fare per seminare differenziazioni fondate sul localismo o le appartenenze sindacali.
Immancabilmente, il destrorso governatore ligure finge di interessarsi della vicenda pretendendo – in cambio – la fine delle proteste. Garantisce che Giancarlo Giorgetti avrebbe detto (a lui, ma non ai lavoratori e neanche ai sindacati) che ha “la volontà del Governo di procedere con tutti gli investimenti necessari a salvaguardare e rilanciare la filiera nazionale dell’acciaio“.
Tutto fumo per concludere, nella sua nota, che “Pur comprendendo la stanchezza dei lavoratori per il perdurare del lungo periodo di incertezza auspico che cessino le azioni di protesta in corso, che stanno arrecando grave danno a cittadini e imprese di una città, Genova, e di una Regione, la Liguria, già duramente provata dalla pandemia e dalla conseguente crisi”.
Tutt’altre le intenzioni dei lavoratori, però. “Vogliamo essenzialmente mandare un messaggio al Governo che continua a farsi gli affari suoi – ha detto il coordinatore Rsu Armando Palombo – hanno chiesto la cassa integrazione per crisi di mercato quando tutti sanno che oggi l’acciaio non vede crisi, sappiamo che il governo è anche azionista ed è da troppo tempo silenzioso. Ci dicono che sia una dialettica tra poteri, si aspetta la sentenza, ma noi con queste iniziative andremo avanti ad oltranza per dire al governo che deve svegliarsi.
Non possiamo più aspettare, in assemblea abbiamo deciso di attuare questa forma di protesta, oggi sciopero di 24 ore con blocco della Guido Rossa, domani pure. Ci fermeremo solo il giorno San Giovanni, per rispetto alla città, ma torneremo a lavorare e venerdì se non avremo avuto ancora risposte andremo in prefettura, ma non ci andremo col cappello in mano, ma con i caschi”.
E siccome conoscono bene la situazione del mercato, i lavoratori sono in grado di confutare le cazzate seminate da governo, Confindustria e partiti: “La crisi di mercato non c’è, il settore dell’acciaio si sta riavviando e ci sono forti richieste soprattutto delle lavorazioni che si fanno a Cornigliano, lavorazioni importanti che vanno rilanciate perché sono a quote di mercato inferiori a quelle richieste. C’è una grande potenzialità inespressa da parte della fabbrica ma c’è bisogno di serietà e di scelte finalmente definitive da parte del governo“, ha detto persino Igor Magni, segretario generale della Cgil di Genova.
“La richiesta è semplice – spiega Bruno Manganaro, ex segretario Fiom Genova – il governo sospenda con effetto immediato la richiesta di cassa integrazione e ci convochi nei prossimi giorni per discutere. Questa è l’unica condizione per fermare la protesta, altrimenti dal prefetto ci andiamo, ma solo per rispetto“.
L’ultimo incontro con la direzione aziendale, che proponeva altre 13 settimane di cassa integrazione, è infatti finito con una rottura.
E in piazza, Stefano Bonazzi, segretario di Fiom Genova, ha dovuto esprimere l’orientamento maggioritario tra gli operai: “Il governo ha il 50% del potere decisionale in Acciaierie d’Italia, non può continuare a non prendere posizione. Se non lo farà il governo, lo faremo noi, perché i lavoratori sono stanchi di pagare per scelte operate altrove”.
Il 30 giugno è vicino. La fine della pace sociale da pandemia e cloroformio sindacale, sta già avvenendo.
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La scena si è ripetuta poi anche martedì. I lavoratori ex-Ilva hanno nuovamente bloccato la strada a mare Guido Rossa e poi la rotonda di via Cornigliano. Una parte degli operai ha proceduto contemporaneamente al blocco del varco merci dello stabilimento di Cornigliano.
La decisione è arrivata dall’assemblea dei lavoratori, svoltasi alle 7 davanti ai cancelli.
A quel punto segreterie di Fiom, Fim e Uilm, per cercare di mantenere il controllo della situazione, hanno deciso di inviare all’azienda una lettera con la richiesta formale di sospensione delle procedure di cassa integrazione, in attesa di avere una soluzione nel corso dell’incontro con il ministro del lavoro Andrea Orlando (lunedì a Genova).
"È del tutto assurdo che il ministro del Lavoro non sappia che un’azienda su cui il Governo ha il 50% del diritto di voto ha chiesto la cassa integrazione in tutta Italia e che nessuno possa dire alla Morselli di sospenderla perché questo di fatto abbiamo chiesto, di sospenderla per qualche giorno in attesa dell’incontro”, dice l’ex segretario Fiom Bruno Manganaro.
Domenica 27 giugno scadono i 25 giorni previsti dalla legge per tentare un accordo sindacale sulla cig. Se non ci dovesse essere, l’azienda da lunedì potrebbe decidere autonomamente e con il solo parere dell’Inps di mettere in cassa integrazione i 981 operai di Cornigliano.
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