Presentazione


Aggregatore d'analisi, opinioni, fatti e (non troppo di rado) musica.
Cerco

30/06/2021

Tra varianti e complotti: servono davvero i vaccini?

Ormai il racconto della pandemia ha preso essenzialmente una sola piega: il vaccino e i mille suggerimenti dei virologici di turno, le eventuali controindicazioni, le percentuali dei vaccinati, le dosi che mancano, Pfizer o AstraZeneca, le terribili varianti che sembrano profilarsi all’orizzonte e le percentuali di efficacia dei vari vaccini rispetto alle nuove deviazioni del virus.

Al di là di questa narrazione variegata, costituita da allarmismi, controllo sociale, fake news, radiografie e biografie da gossip delle morti per vaccino, untori vari e giovani egoisti è possibile tracciare alcune linee di lettura di questo interminabile racconto pandemico.

L’informazione digitale

Nel 2021 distinguere il ruolo dell’informazione dei giornali e della tv da quella dei motori di ricerca e dei social è ormai impossibile: Google propone, tramite i suoi algoritmi, le news del momento dove è possibile unire, in una stessa pagina e in uno stesso giornale, notizie allarmiste sulle morti dei giovani per AstraZeneca accanto all’obbligo vaccinale come unico e indiscutibile scudo alla pandemia (significative in questo senso le posizioni di Repubblica e Corriere della Sera).

Inutile commentare i titoli gossip provocatori e fuorvianti di Libero e Il Giornale.

Addirittura Facebook può oscurare un post, se non una pagina, per alcune parole che sembrano “deviare” dalla lotta al Coronavirus.

Ma la domanda da porsi in termini reali di fronte a questo caos di notizie, di post e di articoli del nulla è cosa possiamo fare di fronte a questo racconto confezionato, a questo dominio totale in termini di mezzi finanziari e a questo capitalismo digitale che pervade, controlla e produce ogni forma di vita umana? “Quella di una vita sociale al di fuori dei social media rimane una necessità primaria. Nel frattempo, è palese che milioni di persone stanno lottando per sopravvivere. C’è bisogno di alloggi adeguati, cibo e acqua in quantità sufficienti, assistenza sanitaria, e politiche che non siano né razziste né algoritmiche. Serve un cambiamento materiale, non simbolico...” (Jacob S. Boeskov)

Il complottismo

In questo dilagare di notizie incontrollate e di account falsi, di Fondazioni che finanziano progetti e linee d’informazione digitale è diventato difficile distinguere quel confine ibrido che divide una notizia vera da una bufala creata ad arte. Gli stessi articoli scientifici o post di virologi e epidemiologi sono, a volte, considerati strumenti per tirare la volata a NoVax o complottisti vari.

Ma cosa è un complotto? A chi serve? Al capitale e alla destra naturalmente. Sempre, sia quello vero per rovesciare un regime politico scomodo (modello stati Africani) sia quello per spiare il nemico (modello Watergate) oppure quelli falsi come quelli famosi dei Protocolli dei Savi di Sion o il piano Kalergi. In realtà il complottismo nasconde i conflitti: “la neutralità predicata dal neoliberismo cerca di eliminare la riflessione sulla storia, sull’arte e sulle ideologie, che un tempo permettevano di esprimere tali inquietudini e di decifrare la realtà, creando così un vuoto culturale su cui le teorie di complotto proliferano; il diffuso cospirazionismo dei nostri tempi, frutto della crescente crisi della politica, si rivela utile alle destre per offrire una spiegazione al malessere sociale e a chi detiene il potere per patologizzare qualsiasi pensiero critico”. (Tobia Savoca)

Che cos’è la scienza?

Per Immanuel Wallerstein sul finire del diciottesimo secolo avviene un divorzio decisivo tra la filosofia e la scienza; a partire da quel momento le scienze negarono agli studi umanistici la capacità di cogliere la verità. In questo senso si sviluppò il credo incondizionato nella infallibilità della scienza, nell’inarrestabile progresso scientifico per il bene dell’umanità, nella fiducia illimitata negli scienziati e nei tecnici. Ma quella scienza e quella tecnica furono anche parte integrante di quella ricerca sperimentale che ha prodotto armi di distruzione di massa come la bomba atomica, riducendo l’uomo ad un essere inutile che non può che vergognarsi di fronte a questa scienza illimitata e onnipotente. La lezione di Anders sul ruolo della tecnica nel ventesimo secolo nel suo “L’uomo è antiquato” è esemplare.

Inoltre come negare il ruolo del capitale nelle ricerche scientifiche e nel “costruire” scuole ed università a suo unico vantaggio. La Big Pharma non ha creato il virus, ma era pronta da tempo a sfruttare ogni malattia o pandemia a suo vantaggio, come ogni creatura controllata dal capitale, come Google, Facebook, Apple e Amazon erano già pronte per una società del controllo e dell’emergenza sanitaria da almeno 10 anni.

Inoltre la storia del sapere umano è segnata da teorie, ipotesi, ricerche, spazi e tempi d’azione che richiedono differenze, discussioni, confronti e condivisioni sociali e culturali e che costituiscono fonte di innovazione, creatività e progettualità di vita futura.

Ecco perché è necessario riprendersi la scienza, la tecnologia, la medicina e ripoliticizzare fino in fondo ogni forma del sapere, attuale e futuro.

La sinistra che non c’è

In questo periodo indefinito di gestione dell’emergenza Coronavirus nella sinistra in generale, per quello che ancora può esprimere questa parola e per quello che ne rimane, nei movimenti e nelle periferie dell’occidente, le posizioni rispetto alla gestione dell’emergenza sono state molteplici, a favore dei vari governi e Comitati Tecnici Scientifici, a volte timidamente contrariate, a volte Sovraniste, qualche volta perfino vicine alle paludi della destra e del complottismo. Negli ultimi mesi nel blog Sinistra in rete l’articolo più letto è stato “Sono così necessari i vaccini?” della dott.ssa Loretta Bolkan, come a significare che la questione dei vaccini sia, nell’immaginario collettivo e simbolico del pensiero attuale, una battaglia decisiva in termini di politica, società e informazione. Ma stanno veramente così le cose?

La realtà è che la sinistra, italiana e occidentale in generale, non c’è più; negli ultimi decenni di racconto pervasivo e di dominio assoluto, strutturale, finanziario e digitale del capitale essa non ha mai inciso sui reali rapporti di forza esistenti, si è divisa su tutto, come molteplici sette che pensano, vivono e immaginano le società come qualcosa di chiuso, unilaterale, occidentale, patriarcale e dove soltanto i propri fedeli possono comprendere e condividere l’esistenza.

Mai come ora e anche dopo questa pandemia, sarà necessario cercare di riprendersi la sanità dove ospedali, unità territoriali, cure domiciliari, personale sanitario e gestione dei vaccini costituiscono soltanto una parte di un insieme economico, sociale, culturale da sovvertire. Il diritto alla salute rappresenta una delle battaglie fondamentali insieme a quelle intorno al lavoro, alla casa e alla scuola, tenendo conto che il racconto e il dominio di questi anni, compresa la narrazione della pandemia, parlano soltanto la lingua del capitale. Come diceva Braudel: “possiamo anche spingere il capitale fuori dalla porta, ma questo poi rientrerà dalla finestra.”

Eppure questo particolare momento storico sociale rappresenta un’occasione unica per capire che non siamo di fronte solo a una pandemia ma ad una sindemia, intesa come un insieme di malattie, condizioni sociali, culturali ed economiche che colpisce pesantemente quasi sempre persone con altre patologie e generalmente svantaggiate, perché con redditi bassi e socialmente escluse. Come scrive l’epidemiologa Sara Gandini in un suo post del 27 giugno 2021: “Non siamo davanti ad una pandemia ma ad una Sindemia e le differenze socio-economiche contano grandemente. Con questa pandemia sono emerse nella loro potenza impressionante.

Secondo le analisi di questo studio la diminuzione dell’aspettativa di vita negli Stati Uniti è stata 8,5 volte la perdita media vista in 16 nazioni di pari livello ad alto reddito, e ha riguardato prevalentemente le popolazioni di colore e ispaniche.

Sei paesi (tra cui Danimarca, Finlandia e Norvegia) hanno avuto un aumento dell’aspettativa di vita tra il 2018 e il 2020. Tra gli altri 10 paesi le diminuzioni dell’aspettativa di vita variavano da 0,12 anni in Svezia a 1,09 anni in Spagna, ma nessuno si è avvicinato alla perdita di 1,87 anni vista negli Stati Uniti. La diminuzione dell’aspettativa di vita che è stata stimata e l’eccesso di decessi riflettono gli effetti combinati dei decessi attribuiti al Covid-19 ma anche la gestione della pandemia, l’assistenza sanitaria, il sistema economico in generale e derivante dalla gestione della pandemia (disoccupazione, insicurezza alimentare e mancanza di una casa).

Come scrivono gli autori queste politiche abbracciano l’assistenza sanitaria, la salute pubblica, l’occupazione, l’istruzione e i sistemi di protezione sociale.”

Piani e campi d’azione che ogni forma di sinistra esistente dovrebbe mettere al centro della propria agenda politica.

Vaccini, sogni e futuro.

In questa società pandemica costituita da emergenze sanitarie, economiche e sociali, in questo caos di morti reali e di allarmismi confezionati, di vaccini obbligatori o super consigliati per qualsiasi fascia d’età, di varianti impazzite che potrebbero riportarci ad un autunno di chiusure e di silenzio dimentichiamo troppo spesso le persone reali.

Gli anziani, soprattutto nelle fasce più povere della popolazione, che non ci sono più o quelli che non ce la fanno più e la cui memoria esigerebbe un continuo ripensamento del nostro modo di pensare, vivere e progettare una società.

I giovani, spesso indicati come untori del virus per il loro egoismo e la loro voglia sfrenata di infrangere le regole, hanno pagato duramente la pandemia nella scuola, nel lavoro, nelle relazioni, amore, politica, sport, musica e altro ancora, soprattutto nel vivere, rischiare e sognare insieme un periodo fondamentale della propria esistenza.

La scrittrice Francesca Capelli ci ricorda giustamente: ”Non abbandoniamo il desiderio di vivere insieme, affrontando con intelligenza e lungimiranza i numerosi rischi dell’esistenza. È questo che mi auguro, per me e per il genere umano (se non suona troppo pretenzioso), in questo 2021 iniziato da pochi mesi".

Oppure l’antropologo David Graeber, scomparso il 2 settembre del 2020: “Perché, invece, una volta superata l’emergenza in corso, non tenere a mente quello che abbiamo imparato: che se «economia» significa qualcosa, è il modo in cui ci forniamo a vicenda ciò di cui abbiamo bisogno per essere vivi (in tutti i sensi del termine); che quello che chiamiamo «il mercato» è in gran parte solo un modo di catalogare i desideri aggregati dei ricchi, la maggior parte dei quali sono leggermente patologici, e i più potenti dei quali stavano già completando i progetti per i bunker nei quali pianificano di rifugiarsi se continuiamo a essere abbastanza sciocchi da credere alle lezioni dei loro tirapiedi per cui eravamo tutti, collettivamente, troppo privi di buon senso, per fare qualcosa contro le catastrofi in arrivo. Questa volta, possiamo semplicemente ignorarli? La maggior parte del lavoro che stiamo facendo adesso è il lavoro dei sogni. Esiste solo per sé stesso, o per far sentire bene i ricchi con loro stessi, o per far sentire male i poveri con loro stessi. E se ci fermassimo semplicemente, sarebbe possibile scambiarci una serie di promesse molto più ragionevoli: per esempio, creare un’economia che ci consenta di prenderci effettivamente cura delle persone che si prendono cura di noi.”

I vaccini servono sicuramente per arginare questa epidemia, ma serviranno a poco senza una reale prospettiva di una società della cura, del noi, dei sogni e del futuro che manca da troppo tempo ormai.

Fonte

Nessun commento:

Posta un commento