Come prevedibile al ritiro delle truppe Usa/Nato dall’Afghanistan – dopo venti anni di occupazione e di una inutile guerra – corrisponde sul campo l’avanzata dei Talebani che si stanno riprendendo tutto il paese, mettendo in fuga i soldati del governo fantoccio imposto dagli Usa.
Secondo un ampio reportage dell’Agi, i talebani avanzano sul terreno ed hanno già recuperato ampie porzioni di territorio ed è questione di mesi, se non settimane, prima che conquistino anche la capitale Kabul.
I reparti delle cosiddette forze di sicurezza afghane addestrate dai militari e dalle forze speciali statunitensi, europee ed italiane, non sembrano in grado di reggere l’impatto dell’offensiva. Un migliaio di soldati afghani, costretti a confrontarsi con i guerriglieri talebani, hanno preferito fuggire nel vicino Tajikistan.
La fuga dei soldati afghani è stata scatenata dagli scontri in corso nella provincia del Badakhstan. Le autorità tagike hanno spiegato che i 1.037 soldati sono riparati oltre confine per “salvarsi la vita” ed hanno evocato il principio del “buon vicinato”.
Adesso i combattimenti hanno raggiunto la periferia di Faizabad, la capitale del distretto, una città che conta 2,8 milioni di persone e che sarebbe sotto assedio.
I video circolati nelle ultime ore hanno anche mostrato una folla di funzionari con le loro famiglie che si accalcavano verso un aereo in attesa di partire.
I talebani hanno anche minacciato ritorsioni nel caso in cui soldati stranieri rimanessero nel Paese dopo il prossimo settembre, mese in cui è previsto il completamento del ritiro delle truppe della Nato.
“Se le forze straniere saranno lasciate nel Paese violando l’accordo di Doha“, ha avvertito il portavoce dei Talebani Suhail Shaheen in una intervista alla BBC, “sarà la nostra leadership a decidere come procedere“.
Ogni militare straniero dopo settembre “sarà considerato come un occupante“, ha affermato Shaheen descrivendo l’attuale governo afghano come “moribondo” mentre ha definito l’Afghanistan come un “emirato islamico“.
“Mi piacerebbe non dover voltare le spalle” al popolo afghano, ha detto domenica il generale Austin Scott Miller, comandante della coalizione Nato in Afghanistan. Pochi giorni fa l’alto ufficiale americano aveva messo in guardia dal rischio di lasciare il Paese ai talebani che “stanno rapidamente riguadagnando terreno“.
L’offensiva dei talebani negli ultimi due mesi è stata imponente: hanno riconquistato decine di distretti in varie zone del Paese, mai così tanti in uno spazio così limitato di tempo. Nelle ultime ore hanno riconquistato anche il distretto chiave di Panjwai, nella loro ex roccaforte di Kandahar.
L’offensiva per riconquistare territori nelle aree rurali del Paese è in corso dai primi di maggio, quando gli Stati Uniti hanno avviato il loro ritiro definitivo, il cui completamento è atteso per fine agosto.
La caduta di Panjwai è arrivata appena due giorni dopo che le forze Usa e Nato hanno lasciato la tristemente nota base aerea di Bagram (e centro di detenzione e tortura, ndr), vicino Kabul, che per vent’anni è stata il cuore strategico delle operazioni contro i talebani e i loro alleati di al-Qaeda.
Tra le notizie interessanti in circolazione vi è quella secondo cui nell’ultima settimana è diventata più concreta la possibilità che possa essere la Turchia a farsi carico della sicurezza dell’aeroporto di Kabul. La perdita dell’aeroporto segnerebbe infatti la fine del governo-fantoccio di Kabul.
Sembra che un accordo verbale sia stato raggiunto da Biden e Erdogan durante l’ultimo vertice Nato; pochi giorni più tardi, in una visita ad Ankara una delegazione americana ha fatto pressioni perché la Turchia si faccia carico della sicurezza dell’infrastruttura da sola.
I governi italiani che hanno portato e coinvolto per venti anni il nostro paese nella guerra in Afghanistan, alla luce dei risultati, dovrebbero finire sotto processo.
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