La giustizia elettorale ha finito di esaminare i ricorsi contro la nomina a presidente di Pedro Castillo ed ha respinto, per mancanza di riscontri, tutte le pretese della candidata di destra, Keiko Fujimori, di annullare i voti del professor Castillo, con cui ha cercato di strappare la vittoria al candidato della sinistra.
In questo modo, dopo una attesa di oltre un mese, è stato confermato che l’insegnante rurale e sindacalista che proviene da una delle zone andine più povere del Paese sarà proclamato presidente eletto. Entrerà in carica il 28 luglio.
La destra ha risposto con la violenza nelle strade e con un’ultima manovra per ritardare la proclamazione di Castillo, ma non potrà impedirla.
Con tutte le loro richieste respinte, venerdì gli avvocati di Fujimori hanno presentato nuovi ricorsi, questa volta per presunti errori di conteggio.
Il numero totale di voti impugnati da questi atti è significativamente inferiore al vantaggio di oltre 44mila voti che Castillo ha conseguito su Fujimori, per cui, qualunque sia il destino di questi ricorsi, che gli esperti stimano molto probabilmente come respinti, l’esito delle elezioni non cambierà.
A causa delle sue false accuse di brogli elettorali che cercano di annullare i voti dei seggi elettorali nelle aree rurali dove Castillo ha vinto ampiamente, l’accusa ha avviato un’indagine su Fujimori per presunti crimini contro il diritto di voto e false dichiarazioni.
L’ala destra raggruppata attorno all’attuale capo del clan Fujimori sta ora giocando la carta della delegittimazione del prossimo governo e del boicottaggio della sua gestione. Se non possono impedirgli di assumere l’incarico, cercheranno di rimuoverlo dal potere.
Dopo la vittoria di Castillo, la destra ha praticamente tentato un colpo di stato per annullare le elezioni. Confermata, in ultima istanza, la vittoria della sinistra, Fujimori e i suoi alleati sono passati dalla violenza verbale alla violenza di piazza.
Questa settimana, fujimoristi infuriati, armati di bastoni, hanno cercato di raggiungere il palazzo del governo, nel centro di Lima, urlando insulti contro il presidente Francisco Sagasti, ripetendo le accuse lanciate da Keiko contro il capo dello Stato, accusandolo di essersi schierato con Castillo.
Le prove, tuttavia, dimostrano la neutralità del governo. La folla di Fujimori ha scatenato la sua furia contro gli abitanti nelle strade vicine. Un fotografo del quotidiano La República, uno dei pochi media che non ha sostenuto le rivendicazioni del diritto di ignorare il trionfo di Castillo, è stato gettato a terra e picchiato da diversi individui.
La loro frustrazione e rabbia sfrenata, i fujimoristi l’hanno scagliata contro tutti, compresi i giornalisti dei media che hanno sostenuto il falso discorso della frode. Una giornalista televisiva e il suo cameraman sono stati circondati, insultati e minacciati. Un altro giornalista è stato aggredito alle spalle da una donna, che si è coperta la testa con una bandiera e ha cominciato a picchiarlo.
La folla ha circondato l’auto del ministro della Salute, Oscar Ugarte, che si stava recando a una riunione del Consiglio dei ministri, ed ha iniziato a scuoterla ed a percuoterla con dei bastoni. Lo stesso è successo al ministro dell’Edilizia, Solange Fernández. Sono passati circa quindici minuti prima che la polizia sciogliesse gli aggressori dei ministri e questi ultimi potessero riprendere la loro marcia per raggiungere il Palazzo del Governo.
Il gruppo che ha scatenato la violenza si fa chiamare “The Resistance” e da anni agisce come una forza d’urto in favore di Fujimori. Ora sono stati ribattezzati “The Insurgency”. In passato hanno attaccato il pubblico ministero che ha indagato su Keiko e che l’aveva accusata di riciclaggio di denaro sporco e organizzazione criminale.
Anche i giornalisti critici nei confronti di Fujimori hanno subito aggressioni da parte di queste squadracce. A quelli di “The Resistance” piace fotografarsi facendo il saluto nazista. Negli atti di violenza di questa settimana, alcuni indossavano giubbotti con lo slogan fascista “Dio, Patria, Famiglia” scritto sulla schiena.
Keiko Fujimori ha cercato di prendere le distanze dalle violenze scatenate dai suoi follower con un tweet in cui respingeva quelle azioni, ma non si può nascondere la sua lunga relazione con quel gruppo estremista. I suoi discorsi che invitano i suoi seguaci a mobilitarsi contro una presunta frode elettorale inesistente e ad “affrontare il comunismo”, hanno creato le condizioni per lo scoppio di queste violenze.
Un’altra persona vicina ai capi di questo gruppo violento, l’ex candidato presidenziale di estrema destra Rafael López Aliaga, noto come “Porky”, ora alleato di Keiko, incoraggia permanentemente la violenza.
“Morte a Castillo!”, “Morte al comunismo!”, “maledetti comunisti uscite di qui!” sono alcune delle minacce che il fascista López Aliaga solleva in ogni manifestazione pubblica a sostegno di Keiko.
Quella che si è verificata questa settimana è stata la più grande esplosione di violenza dalle elezioni, in seguito al rifiuto della Fujimori di accettare la sua sconfitta mentre lanciava appelli contro la legalità democratica.
Ma non è stata l’unica. In precedenza, gli estremisti de “La Resistencia” hanno attaccato con i bastoni un gruppo di sostenitori di Castillo che stavano facendo un pacifico presidio davanti ai locali della Giuria delle Elezioni Nazionali (JNE), in attesa della proclamazione del presidente eletto.
I sostenitori di Fujimori hanno ripetutamente manifestato davanti alle case dei magistrati JNE e del capo dell’Ufficio nazionale dei processi elettorali (ONPE), quello incaricato di contare i voti, urlando minacce se non avessero favorito gli interessi della Fujimori.
Per le strade, si sono visti cortei con simboli fascisti che gridavano morte contro tutti coloro che non erano allineati con loro. Sono piccoli gruppi ma molto aggressivi.
Nei social network ci sono molti messaggi razzisti contro Castillo e i suoi elettori che sono, in maggioranza, abitanti delle zone rurali e dei settori popolari. “Quello che è successo segna una rottura. Rispettiamo le manifestazioni pacifiche, ma quello che è successo è fuori luogo. Non lo permetteremo più”, ha detto il presidente Sagasti, riferendosi agli ultimi atti di violenza.
D’altra parte, questo sabato migliaia di persone sono tornate a mobilitarsi pacificamente per le strade di Lima e in altre città a sostegno di Castillo. Chiedono la sua proclamazione anticipata a presidente eletto, che era stata annunciata per questa settimana, ma che è stata ritardata di qualche giorno dalle ultime manovre dilazionanti.
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