È stata una manifestazione essenzialmente composta da militanti ed attivisti quella che è sfilata per le strade di Napoli in occasione del summit G20 Ambiente. Non abbiamo incontrato quei numeri che molti attendevamo e che la piazza di Napoli non ha mai lesinato.
Qualche migliaia di persone si sono incamminate – in un pomeriggio di caldo torrido e in un perimetro del centro cittadino militarizzato all’inverosimile – per rappresentare il punto di vista e l’urlo di protesta di un territorio pesantemente manomesso da decenni di aggressione al ciclo delle acque, della terra e dell’aria che ha provocato danni sanitari e sociali inenarrabili.
Una condizione che lambisce – come certificato da studi seri e rigorosi spesso sottaciuti dalla comunicazione deviante – il concetto stesso di limite e di sostenibilità per l’umanità tutta e le sue forme di riproduzione ad ampio raggio. Una situazione che – come è ovvio – non cade dal cielo ma è il prodotto, maturo e strutturale, dei moderni dispositivi del modo di produzione capitalistico giunto, oramai, ad un tornate particolare del suo antisociale corso storico.
Un parossistico procedere – globale e locale – reso ancor più evidente dalla crisi pandemica e dall’insieme delle sue drammatiche manifestazioni a partire dal “cuore delle cittadelle imperialistiche”.
Bene, quindi, hanno fatto le reti di movimento che, in queste settimane, si sono mobilitate per accendere i riflettori su tale summit e sul complesso delle mistificanti politiche della cosiddetta transizione ecologica la quale sta diventando una foglia di fico dietro cui si addensano e si ridefiniscono le nuove e più avanzate soglie per far ripartire il ciclo generale dell’accumulazione e ridisegnare le gerarchie nel mercato della competizione internazionale.
Certo – e i numeri oggettivi della manifestazione di Napoli stanno a dimostrarlo – nelle mobilitazioni di questi giorni non si sono riversate le diverse ed articolate esperienze di dissenso civile e sociale che, specie negli ultimi anni, si sono palesate nell’area metropolitana napoletana e in tanti territori del Sud configurando, frequentemente, un autentico movimento di lotta diffuso e di massa.
Su tale complicazione occorrerà riflettere ed approfondire adeguatamente per ritrovare quella necessaria connessione politica adatta a valorizzare ed esaltare la ricchezza di lotte e di contenuti sociali che abbiamo conosciuto, attraversato e – non poche volte – contribuito a determinare.
Nel contempo, però, possiamo rivendicare serenamente che è stato giusto ed utile mantenere viva la vigilanza e l’attenzione su temi e questioni che sono diventati centrali e decisivi non solo per le modalità della governance politica ma per gli indirizzi di medio e lungo periodo del capitale, delle sue filiere produttive e degli inediti assetti del complesso rapporto con la natura e l’insieme delle forme di vita.
Sono, dunque, ancora di più interessanti ed utili a scandagliare collettivamente tale contraddizione gli appuntamenti in programma a Napoli nelle giornate di venerdì 23 luglio e di sabato 24 luglio.
Venerdì all’Ex Opg, alle ore 18:30, il Tavolo Ambiente di Potere al Popolo ha organizzato un pomeriggio di discussione su “Capitalismo e Crisi Ambientale” anche attraverso la testimonianza di compagni dei nodi territoriali di Potere al Popolo attivi in vertenze e comitati di scopo locali.
Sabato presso lo Zero81, in Largo Banchi Nuovi, alle ore 9:30, organizzato da Cambiare Rotta, si svolgerà il Convegno “Crisi Ambientale: serve una exit strategy” con relazioni di Francesco Piccioni, Luciano Vasapollo, Andrea Genovese e Angelo Baracca a cui seguirà, dopo la pausa pranzo, una Tavola Rotonda con delegati dell’Unione Sindacale di Base.
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