Martedì sera, verso le 22:30, l’assessore leghista alla sicurezza di Voghera ha ucciso un uomo con un colpo di pistola a seguito di un diverbio scoppiato in un bar del centro cittadino molto frequentato.
L’assessore omicida è Massimo Adriatici, ex agente di polizia, ora avvocato e docente di diritto penale alla Scuola allievi di Polizia. Uno dei soliti assessori alla “sicurezza” della Lega, abituati a voler riempire le strade di telecamere, agenti di polizia, a firmare provvedimenti contro chi lotta o è semplicemente il più debole nella società.
Una “sicurezza” sempre volta alla repressione politica o della microcriminalità, mai contro i grandi affari mafiosi, l’evasione fiscale in cui sguazza la Lega e le prepotenze dei potenti e delle cosiddette forze dell’ordine.
Sulla vicenda è in corso un’inchiesta della Magistratura, che però ha già concesso ad Adriatici gli arresti domiciliari, e che dovrà chiarire come siano andate le cose.
Secondo le dichiarazioni rese ai magistrati da Adriatici, verso le 22:30, mentre egli si trovava nel “Bar Ligure”, dove controllava da buon celerino il rispetto di una sua ordinanza sulla vendita di alcoolici, avrebbe notato Younis El Bossetaoui, probabilmente ubriaco, che “infastidiva” alcuni ragazzi.
Tra Adriatici e la sua vittima sarebbe nato un diverbio, sviluppatosi nello spiazzo antistante il locale (sembra che l’assessore avesse invitato El Bossettaoui a uscire con lui).
Li è accaduto l’omicidio che, secondo la versione di Adriatici, sarebbe avvenuto perché, dopo avere minacciato il suo interlocutore con la pistola che portava con sé, quest’ultimo lo avrebbe spinto e fatto cadere. Cadendo, dalla pistola dell’assessore sarebbe partito accidentalmente un colpo, che anche se casuale, ha colpito in pieno petto, con grande precisione, il suo contendente, di cui evidentemente, non possiamo avere la versione dei fatti.
Come si vede, è la solita versione da poliziotto, sempre identica: una caduta e parte un colpo straordinariamente preciso. Roba che a farlo apposta non ci sarebbe riuscito...
Seguiremo le indagini, ma già da ora ci poniamo alcune domande inquietanti sulla ricostruzione di Adriatici.
Prima di tutto, ci chiediamo se sia “normale” che un assessore vada a bere il caffè serale portando con sé una pistola con il colpo in canna, con la sicura disattivata. Se sia “normale” che per allontanare una persona, apparentemente ubriaca, quindi in condizioni di scarso controllo fisico e mentale, la si minacci con la pistola.
Inoltre, è legittimo chiedersi se un ex poliziotto non abbia ricevuto un addestramento, per cui queste situazioni “da osteria” – le più frequenti in assoluto, tra le tante possibili – si affrontano e risolvono pacificamente, senza uso delle armi. Altrimenti ogni venerdì e sabato sera avremmo stragi in ogni movida...
Naturalmente, all’assessore pistolero è arrivata l’immediata solidarietà del suo capo, tal Matteo Salvini, che ha immediatamente farneticato di “legittima difesa”. Sappiamo che il noto ducetto fascioleghista ha una visione alquanto estensiva della legittima difesa, ma sembra davvero eccessivo invocarla nel caso di uno spintone, dato da un uomo disarmato e in condizioni d’inferiorità (l’ubriachezza può aumentare l’aggressività, ma riduce l’efficacia).
Osserviamo poi che l’intervento di Salvini contraddice persino la versione dell’assessore-assassino, perché la legittima difesa è un atto volontario (per quanto commesso in “stato di necessità”), mentre Adriatici insiste sulla tesi della “caduta accidentale”. Insomma: che si mettano almeno d’accordo su una versione sola, anche se implausibile, e la smettano con le panzane.
Come si vede, questo episodio conferma che la Lega e le destre – maggioritarie in molti comuni del Nord ma non solo – stanno militarizzando il territorio e i propri comportamenti verso l'”azione diretta”. E che, data l’idea di “legittima difesa” della Lega, la quale fece anche approvare al tempo del governo “Conte 1” una legge da Far West, per cui la difesa “è sempre legittima”, la sicurezza di tutti è ora a forte rischio.
Questo avviene per la l’aumento del possesso di armi, gli assurdi spionaggi di “controllo del vicinato” e infine per chiunque non sia incluso nella visione di società basata sulla produzione e l’esasperata protezione della proprietà privata, vero feticcio della borghesia leghista e sua unica, egoista, ragione di vita, per la quale si può anche uccidere.
E, purtroppo, se capita, anche essere condannati a morte da un assessore pistolero, con esecuzione immediata della sentenza e naturalmente senza processo.
Nella serata di mercoledì, una cittadina ha posto dei fiori sul luogo dell’omicidio, in memoria della vittima, dicendo si sentirsi “meno sicura” sapendo che l’assessore alla “sicurezza” gira con la pistola in tasca; e ha ricordato che il primo provvedimento di Adriatici fu un “Daspo” per due persone che chiedevano l’elemosina.
Riportiamo qui di seguito il comunicato delle assemblee lombarde di Potere al Popolo.
L’assessore omicida è Massimo Adriatici, ex agente di polizia, ora avvocato e docente di diritto penale alla Scuola allievi di Polizia. Uno dei soliti assessori alla “sicurezza” della Lega, abituati a voler riempire le strade di telecamere, agenti di polizia, a firmare provvedimenti contro chi lotta o è semplicemente il più debole nella società.
Una “sicurezza” sempre volta alla repressione politica o della microcriminalità, mai contro i grandi affari mafiosi, l’evasione fiscale in cui sguazza la Lega e le prepotenze dei potenti e delle cosiddette forze dell’ordine.
Sulla vicenda è in corso un’inchiesta della Magistratura, che però ha già concesso ad Adriatici gli arresti domiciliari, e che dovrà chiarire come siano andate le cose.
Secondo le dichiarazioni rese ai magistrati da Adriatici, verso le 22:30, mentre egli si trovava nel “Bar Ligure”, dove controllava da buon celerino il rispetto di una sua ordinanza sulla vendita di alcoolici, avrebbe notato Younis El Bossetaoui, probabilmente ubriaco, che “infastidiva” alcuni ragazzi.
Tra Adriatici e la sua vittima sarebbe nato un diverbio, sviluppatosi nello spiazzo antistante il locale (sembra che l’assessore avesse invitato El Bossettaoui a uscire con lui).
Li è accaduto l’omicidio che, secondo la versione di Adriatici, sarebbe avvenuto perché, dopo avere minacciato il suo interlocutore con la pistola che portava con sé, quest’ultimo lo avrebbe spinto e fatto cadere. Cadendo, dalla pistola dell’assessore sarebbe partito accidentalmente un colpo, che anche se casuale, ha colpito in pieno petto, con grande precisione, il suo contendente, di cui evidentemente, non possiamo avere la versione dei fatti.
Come si vede, è la solita versione da poliziotto, sempre identica: una caduta e parte un colpo straordinariamente preciso. Roba che a farlo apposta non ci sarebbe riuscito...
Seguiremo le indagini, ma già da ora ci poniamo alcune domande inquietanti sulla ricostruzione di Adriatici.
Prima di tutto, ci chiediamo se sia “normale” che un assessore vada a bere il caffè serale portando con sé una pistola con il colpo in canna, con la sicura disattivata. Se sia “normale” che per allontanare una persona, apparentemente ubriaca, quindi in condizioni di scarso controllo fisico e mentale, la si minacci con la pistola.
Inoltre, è legittimo chiedersi se un ex poliziotto non abbia ricevuto un addestramento, per cui queste situazioni “da osteria” – le più frequenti in assoluto, tra le tante possibili – si affrontano e risolvono pacificamente, senza uso delle armi. Altrimenti ogni venerdì e sabato sera avremmo stragi in ogni movida...
Naturalmente, all’assessore pistolero è arrivata l’immediata solidarietà del suo capo, tal Matteo Salvini, che ha immediatamente farneticato di “legittima difesa”. Sappiamo che il noto ducetto fascioleghista ha una visione alquanto estensiva della legittima difesa, ma sembra davvero eccessivo invocarla nel caso di uno spintone, dato da un uomo disarmato e in condizioni d’inferiorità (l’ubriachezza può aumentare l’aggressività, ma riduce l’efficacia).
Osserviamo poi che l’intervento di Salvini contraddice persino la versione dell’assessore-assassino, perché la legittima difesa è un atto volontario (per quanto commesso in “stato di necessità”), mentre Adriatici insiste sulla tesi della “caduta accidentale”. Insomma: che si mettano almeno d’accordo su una versione sola, anche se implausibile, e la smettano con le panzane.
Come si vede, questo episodio conferma che la Lega e le destre – maggioritarie in molti comuni del Nord ma non solo – stanno militarizzando il territorio e i propri comportamenti verso l'”azione diretta”. E che, data l’idea di “legittima difesa” della Lega, la quale fece anche approvare al tempo del governo “Conte 1” una legge da Far West, per cui la difesa “è sempre legittima”, la sicurezza di tutti è ora a forte rischio.
Questo avviene per la l’aumento del possesso di armi, gli assurdi spionaggi di “controllo del vicinato” e infine per chiunque non sia incluso nella visione di società basata sulla produzione e l’esasperata protezione della proprietà privata, vero feticcio della borghesia leghista e sua unica, egoista, ragione di vita, per la quale si può anche uccidere.
E, purtroppo, se capita, anche essere condannati a morte da un assessore pistolero, con esecuzione immediata della sentenza e naturalmente senza processo.
Nella serata di mercoledì, una cittadina ha posto dei fiori sul luogo dell’omicidio, in memoria della vittima, dicendo si sentirsi “meno sicura” sapendo che l’assessore alla “sicurezza” gira con la pistola in tasca; e ha ricordato che il primo provvedimento di Adriatici fu un “Daspo” per due persone che chiedevano l’elemosina.
Riportiamo qui di seguito il comunicato delle assemblee lombarde di Potere al Popolo.
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Voghera calibro 9: la politica indica, l’assessore spara
Voghera calibro 9: la politica indica, l’assessore spara
È di stamattina la notizia che Massimo Adriatici, assessore alla sicurezza di Voghera, ha sparato e ucciso, in una piazza vicino al centro della cittadina, una persona. I fatti sono all’analisi delle autorità, ma quel che già ci insegna questa triste vicenda esula dai fatti giuridici.
L’assessore si era già caratterizzato per la sua “radicalità” avendo “introdotto il Daspo urbano contro bivacchi e accattonaggio nel centro urbano” allontanando “due mendicanti che chiedevano l’elemosina in piazza Duomo”, ed evidentemente usava aggirarsi in città con una pistola, in stile USA.
La Lega ha da sempre avuto una violenta retorica volta ad indicare, certo sempre verso il basso, il colpevole delle difficoltà prima del Nord, poi degli “itagliani”. La continuità con una tradizionale retorica di estrema destra fascista è nota, e ha evidenza a più livelli: negli intrallazzi con il mondo degli affari, fino ai più beceri episodi di violenza “di strada”, alle provocazioni e alle sparate sui barconi, sugli immigrati e così via a cui abbiamo assistito negli anni. L’episodio di oggi è l’ennesima conferma e la materializzazione di una cultura reazionaria di cui la Lega si è fatta portatrice e che si è fatta strada nel paese e fin nelle istituzioni.
Tale deriva è alimentata dalla soppressione dei diritti sociali, dall’attacco ai salari e alle condizioni di vita, a causa dall’asservimento totale ai voleri della UE, degli industriali e della finanza.
Per distogliere l’attenzione da questa situazione si punta sulla repressione, sull’odio verso i migranti e gli emarginati. Allo stesso modo agisce il disprezzo verso i poveri, fomentato e propagandato dalla tecnocrazia europeista e dal centro-sinistra, in una narrazione devastante per cui se non ce la fai, è colpa tua, e il modello di emancipazione è rappresentato dai multimilionari, manager, influencer e via dicendo.
Non è un caso che la Lega e il PD siano oggi al governo con Draghi come collante e unificante: sono infatti accomunati da una stessa visione di società, seppur dai toni (o dai colori) diversi.
Potere al popolo! è impegnata e continuerà a battersi in ogni sua attività per smascherare l’ipocrisia di chi fomenta l’odio sociale e razziale. Nei quartieri, nelle case del popolo, nelle campagne politiche locali e nazionali siamo impegnati e fiduciosi di aver ragione di affermare che un’altra società è possibile rimettendo al centro i bisogni e le aspirazioni degli sfruttati, mettendo in campo strumenti di solidarietà, di lotta e di organizzazione contro il violento attacco che sta venendo portato avanti verso le classi popolari.
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