Nel dicembre del 1991, i capi delle principali famiglie mafiose siciliane si incontrarono in una località della provincia di Enna. Erano preoccupati. A gennaio era prevista la sentenza della Corte di Cassazione sul maxi processo che aveva visto, per la prima volta, pesanti condanne contro decine di esponenti mafiosi siciliani. Quella che si incontra nelle campagne di Enna, non è solo il gotha della mafia, ma è gente abituata a fiutare l’aria, a capire quando c’è qualcosa che non quadra. I contatti nella politica e nella magistratura questa volta non danno le garanzie del passato sull’aggiustamento del processo. Il rischio è che decine di mafiosi stavolta in carcere debbano rimanerci per molti anni.
La sentenza della Corte di Cassazione arriva il 31 gennaio 1992 e conferma le condanne contro gli imputati mafiosi del maxiprocesso. Il procedimento questa volta non è finito tra le mani del dott. Corrado Carnevale, conosciuto come “l’amazzasentenze”. Il quale, solo per parlare del 1991, a marzo, alla Corte di Cassazione aveva annullato il provvedimento di custodia cautelare relativamente all’ accusa di associazione camorristica, a carico di Francesco Schiavone, il boss della camorra conosciuto come Sandokan e il 29 ottobre aveva annullato la custodia cautelare ordinata dalla corte d’ assise per alcuni capi dei clan Moccia e Magliulo, della camorra di Afragola.
In compenso, subito dopo la sentenza del 31 gennaio, ovvero il 17 febbraio 1992 la prima sezione penale della Cassazione, presieduta da Corrado Carnevale, annulla la custodia cautelare per Bruno e Claudio Carbonaro, pluripregiudicati, accusati di essere stati tra i killer della strage di Gela che provocò otto morti: non valgono le dichiarazioni di un pentito che li accusava di aver fatto parte del commando assassino. Il 27 febbraio 1992 la prima sezione penale della Cassazione, presieduta dal giudice Corrado Carnevale, annullò la sentenza con cui la Corte d’assise d’appello di Torino aveva inflitto tredici ergastoli e ottanta altre condanne agli uomini di alcuni clan della mafia catanese trapiantata nel torinese. Niente associazione di stampo mafioso. Il 19 marzo 1992, la Cassazione annulla quattro ergastoli nel grande processo contro le cosche mafiose di Reggio Calabria. Il 24 giugno 1992 nel maxiprocesso-ter la Cassazione annulla quattro ergastoli confermando l’assoluzione per i mafiosi Michele Greco, Paolo Alfano, Salvatore Montalto, Salvatore Rotolo e Vincenzo Sinagra, che dovranno essere riprocessati. Il 1 settembre 1992 la Cassazione annulla l’ordinanza di rinvio a giudizio del maxiprocesso, la sentenza di condanna a 18 anni di primo grado e la condanna d’appello ad otto anni a carico del boss Alfredo Bono.
Il dott. Carnevale nel 1998 venne rinviato a giudizio per “concorso esterno in associazione mafiosa”. Secondo alcuni pentiti di mafia Carnevale era il “referente” di Cosa nostra in Cassazione, dove molti processi a boss e gregari di Cosa nostra sarebbero stati “aggiustati”. In primo grado venne assolto. La successiva condanna in appello fu poi annullata in Cassazione senza rinvio. Assolto perché le deposizioni dei suoi colleghi che denunciavano le sue pressioni per aggiustare i processi riferivano fatti accaduti in Camera di Consiglio, quindi coperte da segreto, trascurando che alcuni fatti erano accaduti all’esterno del Tribunale. Grazie all’assoluzione il dott. Carnevale è rimasto in servizio fino al 2013.
Fra il 1991 e il 1992, il rapporto tra i vecchi garanti politici e i capi di Cosa Nostra era completamente saltato e doveva essere ricostituito sulla base dei nuovi equilibri – sia internazionali che interni – che si andavano ridefinendo dopo l’affondamento della precedente classe dirigente con Tangentopoli. Sono anni significativi. Cosa Nostra si contrappone frontalmente alla politica perché si ritiene “tradita” dalla conferma delle condanne al maxiprocesso nel gennaio del 1992. Ed è in questo contesto che vengono decise azioni come l’uccisione del dirigente siciliano della DC Salvo Lima, le stragi di Capaci (Falcone) e via D’Amelio (Borsellino).
La fine della DC come interlocutore e garante politico di Cosa Nostra, costringe i gruppi mafiosi a guardarsi intorno e, in qualche modo, a orientarsi nel crearsi la propria rappresentanza politica, a questo punto anche autonomamente dai vecchi partner politici. Il 4 dicembre 1992, dopo le uccisioni di Falcone e Borsellino, il pentito Leonardo Messina, interrogato dalla commissione Antimafia, ebbe a dire: “Cosa Nostra sta rinnovando il sogno di diventare indipendente, di diventare padrona di un’ala dell’Italia, uno Stato loro, nostro... In tutto questo Cosa Nostra non è sola è aiutata dalla massoneria... Ci sono forze alle quali si stanno rivolgendo”. “Quali?”, chiese il presidente della commissione Violante? La risposta di Messina fu la seguente: “Sono formazioni nuove... e non vengono dalla Sicilia”.
In quel periodo, in tutto il Meridione, fra il 1991 e il 1993, in Italia si comincia a parlare e respirare un clima secessionista. Se al Nord cresce la Lega, al Sud era stato tutto un fiorire di leghe regionalistiche: la prima fu Sicilia Libera, poi ci furono Campania Libera, Lega Lucana, Calabria Libera, Abruzzo libero, eccetera. Il denominatore comune, scaturito dalle indagini, è l’alta concentrazione in questi movimenti di esponenti mafiosi e della criminalità organizzata del Sud, di massoni e di esponenti neofascisti. Ma verso la metà del 1993, in tutto il Sud non se ne fece più niente, l’opzione secessionista si spegne. Si opta per guardare – politicamente – a “formazioni nuove e che non vengono dalla Sicilia”. Se la vecchia struttura politica, economica e istituzionale si è indebolita, qualcuno offre la possibilità di inserirvisi direttamente, di “fare sistema”.
Il 29 giugno 1993 viene costituita “Forza Italia! Associazione per il buon governo” presso lo studio del notaio Roveda a Milano. Il 10 novembre 1993 nascerà l’Associazione nazionale dei club di Forza Italia. Il 15 dicembre 1993 viene inaugurata la sede centrale di Forza Italia a Roma, in via dell’Umiltà. Il 18 gennaio 1994 nasce il movimento politico Forza Italia e a marzo – in alleanza con i leghisti al nord e con i fascisti al centro-sud – stravincerà le prime elezioni a cui si presenta. In Sicilia e nel sud poi sarà un plebiscito.
In Sicilia sono singolari le coincidenze della data con cui nasce il partito di Forza Italia e la data in cui si organizzano i primi club a Palermo e dove si tengono le prime riunioni del nascente partito. Una di queste viene tenuta, non a caso, all’Hotel San Paolo di Palermo. L’Hotel San Paolo, è stato edificato dai costruttori Ienna per conto della famiglia mafiosa dei Graviano, una di quelle che al vertice nelle campagne di Enna di fine 1991 c’era.
Il progetto di Forza Italia, infatti, è precedente alla data ufficiale di fondazione (1993). Un ex alto dirigente di Publitalia, Ezio Carlo Cartotto così racconta ai magistrati: “Nel maggio-giugno 1992 sono stato contattato da Marcello Dell’Utri perché lo stesso voleva coinvolgermi in un progetto da lui caldeggiato. In particolare Dell’Utri sosteneva la necessità che, di fronte al crollo degli ordinari referenti politici del gruppo Fininvest, il gruppo stesso “entrasse in politica” per evitare che una affermazione delle sinistre potesse portare prima ad un ostracismo e poi a gravi difficoltà per il gruppo Berlusconi”. Siamo dunque nella primavera del 1992. Pochi mesi dopo la sentenza tombale della Corte di Cassazione contro i mafiosi, è il periodo dell’attentato mortale a Falcone, siamo in piena Tangentopoli, siamo a poche settimane dall’esplosione della prima crisi del debito pubblico italiano e degli attacchi speculativi alla Lira.
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