In preda alla foia da licenziamento, Confindustria si appropria anche dell’idea del greeen pass per gli immunizzati rispetto al Covid-19.
Con una mail – ormai si licenzia così, “all’americana”, quindi vale lo stesso anche per le “proposte” da sottoporre al governo – la direttrice generale del “sindacato” degli industriali, Francesca Mariotti, ha annunciato ai direttori del sistema industriale come si intende rivedere il regolamento interno.
Confindustria sta infatti “lavorando” con governo e istituzioni per rivedere il protocollo di sicurezza sui luoghi di lavoro. E l’ideona partorita dai seguaci di Carlo Bonomi è semplice: green pass obbligatorio successivo al vaccino somministrato in azienda per poter continuare a lavorare
I lavoratori che non si vaccinano potrebbero perdere lo stipendio e il posto di lavoro.
La prima reazione – nostra, lo ammettiamo – è altrettanto semplice: ma, scusate, Confindustria non è quell’organizzazione criminale che, a marzo 2020, rifiutò di accettare l’istituzione di una “zona rossa” in Val Seriana imponendo di mantenere aperte le fabbriche, il trasporto pubblico e la relativa logistica?
Non è proprio Confindustria a scendere continuamente in campo – insieme alle consorelle Confcommercio, Confesercenti, ecc. – contro ogni ipotesi di lockdown anche minimo per gli esercizi commerciali e le discoteche?
Non era un presidente locale di Confindustria quello che, in un discorso ufficiale, è arrivato a dire non bisogna chiudere, bisogna far andare avanti gli affari “e pazienza se qualcuno morirà”?
Com’è possibile, insomma, che ora siano così preoccupati per la salute pubblica da chiedere il licenziamento per i non immunizzati?
Però la mail di Mariotti dice proprio che “l’esibizione di un certificato verde valido dovrebbe rientrare tra gli obblighi di diligenza, buona fede su cui poggia il rapporto di lavoro. In diretta conseguenza di ciò, il datore, ove possibile, potrebbe attribuire al lavoratore mansioni diverse da quelle normalmente esercitate, erogando la relativa retribuzione; qualora ciò non fosse possibile, il datore dovrebbe poter non ammettere il soggetto al lavoro, con sospensione della retribuzione in caso di allontanamento dell’azienda.”
Le due Confindustrie – quella del “tutto aperto, non fermiamo niente, è solo un’influenza” e quella del “senza green pass ti licenzio” – sono però proprio la stessa organizzazione. Criminale.
È evidente a chilometri di distanza che della salute della popolazione non gliene può fregare di meno, mentre è altrettanto chiaro che sono presi dalla foia di licenziare i dipendenti che guadagnano “troppo” (ovvero un salario contrattualizzato, “normale”) per sostituirli con schiavi pagati un tozzo di pane.
Non è una sorpresa. I padroni fanno questo di mestiere: annusano l’aria, cercano di cogliere l’occasione, cercano di trasformare le crisi in “opportunità”, si calpestano volentieri l’uno con l’altro e tutti insieme – aiutati dallo Stato, nelle “democrazie liberali” e nelle dittature fasciste – calpestano chi deve lavorare per sopravvivere.
La sorpresa – assolutamente negativa – è invece per le reazioni “a sinistra”, anche in quella parte che si dice “antagonista”. Se “la rete” è specchio fedele di un orientamento generale, qualche preoccupazione diventa lecita.
C’è chi coglie nella “mossa” di Confindustria la prova di un “complotto vaccinista”. C’è chi rivendica solo e soltanto la “libertà individuale”, senza alcuna considerazione del benessere collettivo, come farebbe un salumiere qualsiasi davanti all’esattore del fisco.
C’è chi riconosce l’evidente uso strumentale delle “certificazioni” come metodo di controllo sociale, da parte del potere, per sostenere non si sa bene cosa. C’è chi si dice contrario alla vaccinazione obbligatoria perché preferisce “il metodo della persuasione”, come se la totalità della popolazione fosse fatta di persone pienamente informate e abituate alle sole scelte razionali (questo è il presupposto del “libero mercato”, ricordiamo).
La domanda che noi, da comunisti semplici, ci e vi poniamo è: come si combatte una pandemia? Come si orienta una popolazione altamente differenziata per collocazione lavorativa, di classe, culturale, consapevolezza, quantità e qualità delle informazioni?
Perché una sola cosa è scientificamente certa: una pandemia non guarda in faccia nessuno e non cambia a seconda delle opinioni individuali.
Più precisamente la domanda è: come si combatte una pandemia ora? Ora che il disastro è stato fatto, che il virus circola per tutto il mondo, e anche qui da noi, in varianti continuamente mutevoli (sembra un secolo fa che ci si preoccupava per la “variante inglese”, ora sostituita dalla “delta”; sono solo 4 o 5 mesi...).
Siamo concreti. All’inizio noi, come altri sostenevamo che si doveva applicare il “modello cinese” (lockdown durissimo ma circoscritto alle aree focolaio, tamponi per tutta la popolazione, isolamento in quarantena dei contagiati, ecc.). Era quella la fase in cui il virus poteva e doveva essere “contenuto”.
Ma ci è chiaro che oggi in Italia – a disastro avvenuto – è troppo tardi per applicare quel metodo (che comunque Confindustria e governo Draghi non adotterebbero mai, perché comunque qualche zona industriale andrebbe fermata). Dunque bisogna ragionare su misure adatte a questa nuova condizione, senza farsi abbindolare dalle solite “invenzioni” di politici alla frutta.
Anche il green pass, secondo scienziati come Crisanti, “è uno strumento che facilita la vita delle persone e le attività ricreative, ma dire che è uno strumento che blocca il virus direi di no: ci vogliono ben altre cose per bloccare la trasmissione, un sistema di tracciamento degno di questo nome, bisogna potenziare la capacità di fare tamponi e inserirla in una politica di tracciamento nazionale”.
E dunque la discussione deve vertere – ascoltando anche gli scienziati che non fanno le banderuole al primo stormir di pressioni politiche, come nel Cts e non solo – su quello che bisognerebbe fare per combattere la pandemia, non prendere posizione a seconda di chi dice cosa. Un’alternativa politica seria non spara la prima idea che passa, ma punta a quella efficace, oltre che “socialmente equa”.
Facciamo un esempio. Se dovessimo credere – facciamo finta, è ovvio – a quel che dicono Confindustria e Salvini, dovremmo anche concludere che sono su posizioni opposte. La prima infatti chiede l’obbligo di green pass altrimenti ti licenzia, Salvini pretende che “i ragazzi non siano inseguiti da una siringa” e – anche lui! – preferisce “il metodo della persuasione”.
Siccome vanno d’accordissimo su tutto, ci sembra chiaro che si tratta di mentitori seriali, per abitudine, calcolo e tornaconto.
E noi che facciamo? Prendiamo posizione a favore dell’uno o dell’altro? Ragioniamo da schizofrenici a seconda di chi apre bocca?
Senza capacità autonoma di elaborare soluzioni efficaci, oltre che “eque”, non si va al di là del proprio sterile orto.
Fonte
Nessun commento:
Posta un commento